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1. Devolution/1: verso un nuovo equilibrio Stato-Regioni 2. Devolution/2: quali conseguenze per la scuola 3. Anticipi/1: perché la scuola dell'infanzia no (per ora) 4. Anticipi/2: per le element...

14/04/2003
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1. Devolution/1: verso un nuovo equilibrio Stato-Regioni
2. Devolution/2: quali conseguenze per la scuola
3. Anticipi/1: perché la scuola dell'infanzia no (per ora)
4. Anticipi/2: per le elementari il MIUR spera siano tanti ma non troppi
5. Anticipi/3: si parte con 1472 nuovi posti
6. Dentro la riforma: le figure professionali per gli anticipi nell'infanzia
7. Precari/1: sono sempre di più, altri 153 mila in un anno
8. Precari/2: solo il 10% in ruolo nel prossimo quinquennio
9. Precari/3: in aumento soprattutto al sud
10. Un futuro in rosa nella scuola italiana
11. Diplomi falsi, diplomi facili

1. Devolution/1: verso un nuovo equilibrio Stato-Regioni

Le norme generali saranno stabilite a livello nazionale non solo per il sistema dell'istruzione ma anche per quello dell'istruzione e formazione professionale. In compenso, le Regioni eserciteranno le loro competenze esclusive, in materia di organizzazione del servizio, su tutto il sistema educativo, e non solo sul cosiddetto "secondo canale", quello professionale.

Lo schema di riforma federalista approvato venerdì scorso dal Governo in prima lettura contiene questa rilevante novità, con la quale la maggioranza intende modificare la riforma del titolo V della Costituzione approvata alla fine della precedente legislatura.

La competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni in materia di istruzione, e quella esclusiva delle Regioni sul sistema di istruzione e formazione (ma nel rispetto dei "livelli essenziali di prestazione", definiti a livello nazionale), previste dall'attuale ordinamento, avevano suscitato diffuse preoccupazioni sul rischio di un gigantesco contenzioso politico, istituzionale e costituzionale tra i diversi livelli istituzionali interessati.

Forse con la nuova ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni si eviterebbe quel diverso incardinamento istituzionale dei licei, rispetto ai percorsi di istruzione e formazione professionale, che poteva mettere a rischio la dichiarata "pari dignità" dei due canali. Ma vediamo di capirne di più.

2. Devolution/2: quali conseguenze per la scuola

E ora che succede? Ci saranno impatti sull'attuazione della riforma Moratti? Niente di tutto questo, per il momento. Vediamo allora quali saranno i prossimi passaggi e come potrebbe mutare lo scenario all'interno del quale opera la scuola.

Sullo schema di disegno di legge sulla devolution si aprirà ora un confronto politico con gli altri soggetti istituzionali. Ci sarà subito un passaggio formale alla conferenza unificata Stato-Regioni e autonomie locali. Successivamente il provvedimento, ritornato in Consiglio dei ministri per il varo definitivo, sarà presentato in Parlamento per i prescritti quattro passaggi necessari per l'approvazione definitiva delle leggi di modifica della Costituzione.

Il nuovo quadro costituzionale, qualora dovesse essere approvato dal Parlamento, è certamente destinato a incidere sulla configurazione e sull'assetto attuale del sistema d'istruzione. Si tratta di un processo lungo che per il momento non avrà però influenza sulle scelte fatte con la riforma Moratti. E ciò anche se si è ormai consolidato l'orientamento - che non si può condividere - che sia sufficiente l'avvio di una iniziativa legislativa per "bloccare" i processi di attuazione delle leggi in vigore.

Il possibile scenario futuro contiene inoltre un elemento che può concorrere a sciogliere una ambiguità: mentre nella legge di riforma Moratti sembra bandito il riferimento ai programmi scolastici, in quanto si parla di piani di studio personalizzati (una parte dei quali sono riservati alle regioni), lo schema di riforma costituzionale parla invece di "definizione della parte dei programmi scolastici e formativi" da parte delle regioni. Siamo di fronte a un mancato coordinamento o a un tentativo di ripescaggio dei programmi? Su questo appare opportuno fare chiarezza.

Un'altra conferma dell'esistente il disegno di legge costituzionale sembra darla in tema di autonomia delle istituzioni scolastiche, che viene garantita nei confronti di tutti i livelli di governo, statale e regionale.

3. Anticipi/1: perché la scuola dell'infanzia no (per ora)

Era nell'aria da qualche giorno, ma, dopo l'incontro con l'ANCI dei giorni scorsi, il ministero ha ritenuto opportuno procedere con cautela nella riapertura delle iscrizioni per la scuola dell'infanzia, e rinviare il termine a data da determinare, dopo aver effettuato opportuni accertamenti sulle effettive condizioni di praticabilità delle ammissioni anticipate.

L'ANCI, in un suo comunicato (www.anci.it), ha espresso apprezzamento al ministro Moratti per la "responsabilità della scelta" che ha tenuto conto della posizione dell'Associazione.

I genitori dei piccoli che compiono tre anni entro il 28 febbraio 2004 dovranno perciò attendere che sia accertato, scuola per scuola, non solo se vi sono posti liberi (una verifica veloce e immediata), ma se vi sono le condizioni idonee per questa accoglienza (spazi, servizi mensa, trasporti).

Poiché la legge prevede che gli anticipi nella scuola dell'infanzia si possono fare, rispettando per i Comuni il patto di stabilità finanziaria (cioè senza nuove spese di grande rilevanza), la parola finale spetta proprio ai Comuni che debbono valutare se quei bimbetti in più che entrano nella scuola statale possono creare spese aggiuntive per trasporti, mense, nuovi arredi (banchi, tavolini, ecc.).

Se le verifiche si faranno seriamente, potrebbero essere necessarie diverse settimane e, visto che il ministero non ha fissato una data perentoria per concluderle, potrebbero consentire di conoscere le situazioni complessive di tutta Italia solo tra un mese o due.

Saremo allora alla vigilia dell'estate e a quella data la probabilità di riapertura delle iscrizioni potrebbe ridursi di molto. Amministrazione scolastica e Amministrazioni comunali avrebbero qualche problema di spesa in meno, e i genitori che contavano di mettere i figli piccoli a balia nelle scuole materne avrebbero qualche problema in più.

4. Anticipi/2: per le elementari il MIUR spera siano tanti ma non troppi

L'aspettavano ai primi di aprile, ma c'è voluto un altro po' di attesa prima che l'annunciata circolare sulla riapertura delle iscrizioni (la n. 37 del 14 aprile https://www.tuttoscuola.com/ts_news_99-5.doc

) venisse emanata dal Miur. E le vacanze pasquali, in compagnia di qualche ponte, potrebbero rendere più difficoltose le iscrizioni, visto che il termine di scadenza è stato fissato al 30 aprile.

Ma quanti saranno i bambini che si iscriveranno all'elementare in anticipo? Potenzialmente sono poco più di 80 mila, che potrebbero aumentare se molti bambini che normalmente si iscrivono alle paritarie, optassero per le statali.

Al ministero sperano che siano abbastanza per dimostrare che la scelta del ministro Moratti è stata premiata, ma non troppi per non mandare in tilt capienza e ricettività delle scuole.

La legge ha stanziato fondi appositi per questi primi anni di anticipi (12,7 milioni di euro per il 2003), ma, considerato un errore di computo fatto in partenza e mai corretto, per il prossimo anno vi potranno essere al massimo - come è documentato in allegato alla circolare - 1472 nuove assunzioni, pari all'equivalente di circa 900 nuove classi da istituire.

5. Anticipi/3: si parte con 1472 nuovi posti

A viale Trastevere hanno dunque il timore che quella quota di nuove classi non basti, anche se una quantità di bambini sarà distribuita nelle classi già previste.

In effetti, prima dell'emanazione della circolare sulla riapertura delle iscrizioni, si pensava che quei posti sarebbero stati assegnati in base ai risultati delle iscrizioni. Nell'ipotesi che gli anticipi fossero risultati molto contenuti, vi sarebbe stato un non totale utilizzo delle risorse assegnate. La conseguenza sarebbe stata che le eventuali economie se le sarebbe riprese il ministero dell'Economia.

Il ministero dell'Istruzione ha però giocato d'anticipo, provvedendo già a distribuire tutti i 1472 posti ( https://www.tuttoscuola.com/ts_news_99-2.doc ) agli Uffici scolastici regionali per la ripartizione alle province, senza attendere gli esiti delle iscrizioni e dandone contemporaneamente informazione tramite la stessa circolare sulla riapertura delle iscrizioni alla prima elementare.

In questo modo ha messo al sicuro la "dote di organico" finanziata dalla legge, contro qualche sorpresa che potrebbe venire dai risultati delle nuove iscrizioni. Se la dote non basterà, in organico di fatto forse si potrà eventualmente integrare. L'avere messo "il fieno in cascina" non può che far piacere ai sindacati e ai docenti precari, oltre che alle scuole.

6. Dentro la riforma: le figure professionali per gli anticipi nell'infanzia

Per gli anticipi di iscrizione di bambini alla scuola dell'infanzia, la legge n. 53/2003 di delega al Governo per la riforma del sistema di istruzione prevede l'introduzione di nuove figure per sostenere bimbi di due anni e mezzo: "alla scuola dell'infanzia possono essere iscritti ...le bambine e i bambini che compiono i 3 anni di età entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento, anche in rapporto all'introduzione di nuove professionalità e modalità organizzative" (art. 2 c.1 punto e).

Le nuove forme di organizzazione sono state provate (con scarso successo) nella sperimentazione, dove il decreto ministeriale di attuazione prevedeva un numero più ridotto di bambini per sezione in presenza di bambini anticipatari (ma le scuole hanno preferito riempire le sezioni).

Le "indicazioni" per la scuola dell'infanzia prevedono che le sezioni con bambini sotto i tre anni abbiano un rapporto di 8-10 bambini per insegnante, che equivale ad un massimo di 18 bambini per sezione con due insegnanti (oggi il rapporto medio di bambini per sezione è di 23,2).

La previsione di legge di nuove figure professionali di accoglienza o di assistenza per questi minori rappresenta una novità, su cui il Miur sembra stia cercando soluzioni adeguate, sollecitato in particolare dai sindacati di categoria che intravedono prospettive occupazionali interessanti.

Queste nuove figure di educatrici, simili a quelle degli asili-nido e da assegnare almeno una per ogni scuola, comporterebbero oltre 13.550 assunzioni, cioè tante quante sono le scuole statali dell'infanzia in cui attualmente il servizio viene erogato. Sarebbero necessari 350 milioni di euro per assumerle (circa 700 miliardi delle vecchie lire).

Il piano finanziario per la riforma dovrebbe dunque mettere in conto anche questo costo, a meno di non pensare ad un utilizzo temporaneo di figure di educatrici (tre o quattro mesi), assunte in convenzione o con contratto d'opera. Ma il sindacato sarebbe d'accordo?

7. Precari/1: sono sempre di più, altri 153 mila in un anno

L'ultima puntata dell'annosa vicenda dei punteggi per i precari e per i precari-sissini con la nuova pronuncia del CNPI, ha richiamato ancora una volta l'attenzione sul mondo del precariato scolastico.

Un mondo, come dice il MIUR nell'ultima pubblicazione "Lavorare nella scuola", popolato da ben 422.145 persone che risultano iscritte nelle graduatorie permanenti per l'anno scolastico in corso.

L'anno scorso erano circa 270 mila, in lista di attesa per un posto fisso che, a causa del congelamento delle immissioni in ruolo, non arriva; quest'anno, a seguito dei concorsi espletati, delle sessioni riservate e degli immessi dalle Ssis i precari sono aumentati di quasi 153 mila unità (+57%).

Quali prospettive hanno queste 422 mila persone, quasi tutti con anni di gavetta già alle spalle, con la passione per l'insegnamento (a chi è rimasta)? Quanto potrà durare la loro "anticamera"?

Un anno fa si stimava che, per esaurire tutte le graduatorie permanenti che comprendevano quei 270 mila ci sarebbero voluti otto-dieci anni. Con l'incremento registrato per quest'anno, l'esaurimento di graduatorie potrebbe durare di più, molto di più.

Facciamo due conti. Se si considera che le graduatorie possono coprire solamente il 50% dei posti che si rendono vacanti, per sistemare 422 mila e più insegnanti ci vorranno, più o meno, 844 mila posti liberi: grosso modo, il numero dei docenti di ruolo attualmente in servizio. Che è come dire che il grande popolo dei precari (se non aumenterà nel frattempo) potrà trovare sistemazione definitiva solamente quando tutti gli attuali docenti in servizio se ne saranno andati in pensione. Un dato impressionante, che non ha riscontri in altri settori occupazionali.

8. Precari/2: solo il 10% in ruolo nel prossimo quinquennio

Per trovare posto stabile agli insegnanti precari occorre quindi che nei prossimi anni si liberino posti, tanti posti. A cominciare da quelli lasciati dai pensionati, perché posti di nuova istituzione difficilmente ce ne saranno. Anzi, a cominciare dalle leggi finanziarie, diversi posti sono stati tagliati e altri se ne andranno. Proviamo quindi a fare un po' di calcoli per valutare le prospettive di sistemazione dei precari almeno per il prossimo quinquennio.

Cominciamo proprio dai pensionamenti, assumendo, come base di partenza, le previsioni di cessazione dal servizio elaborate dal Miur, che si sono dimostrate negli ultimi anni più che attendibili.

Nel prossimo quinquennio il ministero prevede che andranno in pensione per raggiunti limiti di età poco meno di 31 mila docenti. Considerato che questi rappresentano poco più di un terzo di tutti i pensionati, complessivamente dovrebbero cessare dal servizio per varie cause (dimissioni, decessi, passaggio ad altro impiego, etc.) circa 86 mila docenti.

Altri 29 mila circa se ne sono andati tra l'anno scorso e quest'anno. I posti vacanti per pensionamento, attuali e attesi per il prossimo quinquennio sono quindi in tutto 115 mila circa.

Ma le Finanziarie tagliano organici: 6 mila effettivi l'anno scorso, 8 mila previsti quest'anno e altri

19 mila nel prossimo biennio: 33 mila posti in meno, senza tener conto di quelli che le successive finanziarie potrebbero tagliere prima della fine del quinquennio e delle eventuali riduzioni di organico conseguenti all'attuazione della riforma.

Facendo un saldo tra i posti che si libereranno e quelli che verranno tagliati, i posti vacanti al termine del prossimo quinquennio non dovrebbero essere quindi complessivamente superiori a 82 mila. Solamente il 50% però verrà assegnato ai precari inclusi nella graduatoria permanente; il resto ai vincitori dei concorsi.

41 mila posti da qui al 2007: basteranno per sistemare solamente il 10% dei precari.

9. Precari/3: in aumento soprattutto al sud

La sacca del precariato nella scuola è sempre più concentrata al sud ( https://www.tuttoscuola.com/ts_news_99-1.doc ). Sono tanti i precari della scuola al sud, isole incluse (266 mila su 422 mila, pari al 63% del totale nazionale). E il loro peso percentuale è in aumento: dei 153 mila nuovi precari, ben 103 mila sono meridionali. I dati, insomma, del precariato scolastico al sud documentano un forte aumento più che altrove.

In Campania, dove l'anno scorso erano già 52 mila, se ne sono aggiunti altri 31 mila, portando a 83.343 il totale dei precari iscritti in permanente (quasi il 20% del totale nazionale).

In Sicilia, dove lo scorso anno erano 43 mila, se ne sono aggiunti altri 30 mila (totale attuale 73.601, cioè oltre il 17% del totale nazionale). Rispetto alla situazione del 2001-02, è stata proprio la Sicilia a far registrare il maggior incremento percentuale, che sta a significare che i giovani siciliani hanno visto la scuola, nell'ultimo anno, come sbocco occupazionale molto più di quanto abbiano fatto altri giovani in Italia. E, evidentemente, non hanno visto un gran bene.

Al nord il numero di precari è cresciuto a ritmo minore, pur avendone aggiunti altri 26 mila: è un nord, insomma, meno precario del sud, con i giovani che si rivolgono con meno interesse alla scuola, grazie, forse, a maggiori alternative occupazionali.

10. Un futuro in rosa nella scuola italiana

La Lega auspica che, pur nel rispetto dei diritti costituzionali, si incentivi la presenza del maschio italico in cattedra, ma, per il momento, è il "mercato" a guidare le scelte degli insegnanti e tutto fa pensare che, con dispiacere del ministro Bossi, il futuro della scuola italiana sarà sempre più al femminile.

Attualmente, soprattutto con grosso apporto della scuola elementare e della scuola dell'infanzia, il 79% dei docenti italiani di ruolo appartiene al gentil sesso.

I futuri insegnanti, che gradualmente subentreranno a questo esercito di docenti in gonnella, sono in buona parte quelli attualmente iscritti nelle graduatorie permanenti. Ebbene, come risulta dai dati pubblicati dal Miur, più dell'83% di loro sono donne e tra i 153 mila nuovi iscritti che si sono aggiunti quest'anno nelle graduatorie permanenti, le donne sono l'87%.

Sempre più in rosa, dunque, la scuola italiana, e non solo nelle scuole dell'infanzia e nella scuola elementare. Anche negli istituti superiori, dove resiste ancora la roccaforte maschilista dei docenti di ruolo, con più del 40% di prof uomini, si prospetta un futuro molto meno maschilizzato, a causa dell'alta percentuale di donne iscritte nelle graduatorie permanenti (76,6%): la "valanga rosa" è destinata a travolgere anche le superiori.

Se l'intensità del rosa per il futuro della scuola italiana dipende quindi dalle graduatorie permanenti, il rosa è più intenso in Campania dove l'85,5% degli iscritti in graduatoria è costituito da donne, e un po' attenuato in Sardegna (79,7%).

11. Diplomi falsi, diplomi facili

Cronaca nera sul mondo della scuola: dopo lo scandalo dei cibi avariati e scaduti delle mense in Puglia con denunce e arresti da parte dei NAS, è stata la volta dei falsi diplomi di specializzazione per insegnanti di sostegno in Campania che sono costati il licenziamento in tronco ad un centinaio di docenti.

L'immagine della scuola non ne esce intaccata, ma appare sempre più evidente come la scuola sia in taluni casi terra di conquista per tentare attività lucrose e illegittime, che producono non solo danni agli aventi diritto, ma, soprattutto, sottrazione di una prestazione qualificata a favore degli alunni.

La falsificazione dei titoli di studio non è, purtroppo, una novità. Quella dei diplomi di specializzazione è una patologia che si trascina da almeno vent'anni e che, complice involontaria la norma sulle semplificazioni amministrative che si accontenta di autocertificazioni rimettendo all'amministrazione il compito impossibile di controlli, ha trovato negli ultimi anni nuovo sviluppo.

Quando i corsi biennali di specializzazione per docenti di sostegno venivano gestiti direttamente da enti appositamente autorizzati dal ministero dell'Istruzione, quest'ultimo disponeva controlli e ispezioni che, in qualche caso, avevano potere di dissuasione contro gli abusi.

Trasferita dal 98-99 la competenza alle Università, la situazione non è certo migliorata, tanto da suscitare già nel 1999 la denuncia della Cgil-scuola ( https://www.tuttoscuola.com/ts_news_99-3.doc ) contro nuovi abusi, che portò il ministero a non riconoscere molti corsi ed ad avviare una puntuale analisi di molte situazioni che si collocavano probabilmente in una area di irregolarità. Sarebbe opportuna una maggiore trasparenza ed informazione sugli esiti degli accertamenti disposti.

In Campania vi fu successivamente una certa recrudescenza del "morbo", tanto da indurre lo stesso sindacato a nuove denunce nel 2001 ( https://www.tuttoscuola.com/ts_news_99-4.doc ).

Non mancano adesso "rumours" su un'indagine della magistratura per diplomi di maturità falsificati.

È giunto il momento di passare ad una organica opera di prevenzione che, ad esempio, attraverso la costituzione di una banca dati telematica, consenta l'effettivo controllo immediato degli abusi.


TuttoscuolaNEWS lunedì 14 aprile 2003


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