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Tirreno-Salviamo la scuola pubblica la riforma la sta distruggendo

Salviamo la scuola pubblica la riforma la sta distruggendo Il 12 marzo di quest'anno, con 142 voti favorevoli, 101 contrari e 2 astenuti, la Camera ha approvato la riforma della scuola, l...

13/07/2003
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Il Tirreno

Salviamo la scuola pubblica la riforma la sta distruggendo

Il 12 marzo di quest'anno, con 142 voti favorevoli, 101 contrari e 2 astenuti, la Camera ha approvato la riforma della scuola, la legge Moratti. Di questa legge e dei suoi contenuti poco si è discusso, nel paese e nella società. È stata sopportata con realistico disincanto, come se fosse un fatto ineludibile.
Il governo l'ha imposta all'opinione pubblica presentandola come "modernizzazione". La riforma razionalizza la spesa scolastica perchè fa lavorare di più i docenti (in giro ci sono troppi professori, che ci stanno a fare?) e offre formazione o istruzione a seconda dei gusti e delle tasche di ognuno (mica tutti i ragazzi sono tagliati per andare a scuola!)
La realtà della legge Moratti i docenti la stanno scoprendo gradualmente nella sua attuazione pratica e ne vedono gli effetti già in questa fine di anno scolastico. Gli studenti e le famiglie impareranno più tardi a capire a cose fatte, quando sarà troppo tardi per reagire. Ci preme mettere in evidenza e sottoporre all'attenzione alcuni elementi qualificanti della legge. Secondo noi questa legge:
- altera la fisionomia educativa della scuola dell'infanzia con l'anticipo a due anni e mezzo;
- modifica in forma irreversibile l'identità del ciclo secondario superiore distinguendo l'indirizzo liceale da quello professionale;
- non chiarisce la collocazione degli istituti tecnici, sospesi in un universo indeciso che sta fra la cultura e il mondo del lavoro, fra ciò che compete allo Stato e ciò che è delegato alle Regioni;
- anticipa in modo vistoso il tempo della scelta dell'indirizzo di studio;
- sostituisce al concetto di obbligo d'istruzione un enigmatico "diritto dovere" all'istruzione e alla formazione;
- taglia risorse in modo esponenziale: 8.500 cattedre in meno nel 2002, 12.500 in meno nel 2003, altre 12.000 nel 2004;
- misconosce il senso dell'autonomia scolastica, che interpreta solamente come un modo attraverso cui legare la scuola alle esigenze delle imprese e alla cultura dominante del territorio d'appartenenza;
- attraverso il "decreto delle 18 ore" riorganizza le cattedre obbligando gli insegnanti a coprire i buchi lasciati scoperti dalla riduzione del personale, anche a costo di trasformare quelle ore in una sorta di slalom tra una classe e l'altra, per esempio con l'insegnamento di storia separato da italiano o filosofia, senza tener conto della continuità didattica.
La diminuzione delle risorse a disposizione dequalificherà di fatto la scuola pubblica a favore degli istituti privati, che potranno diventare in questo scenario i veri garanti di un'istruzione di livello.
La conoscenza, la formazione culturale sarà, nel futuro, avventura individuale, non tutelata dallo Stato e per questo non disponibile in egual misura per tutti. Di fronte ad uno scenario allarmante quale è quello impostoci dalla legge Moratti, emerge l'esigenza di capire meglio le regole entro cui dovremo e potremo agire, per comprendere se esiste la possibilità di salvare almeno in parte la qualità della didattica e della scuola. I docenti hanno bisogno del sostegno della società civile.
Il nostro appello lo rivolgiamo anche alle forze sindacali, alle organizzazioni del territorio, agli amministratori degli enti locali perchè attivino occasioni di riflessione e di confronto. La posta in gioco è altissima, l'attentato alla scuola pubblica, insieme a molti altri segnali inquietanti del momento, mette in discussione spazi fondamentali di democrazia. Bisogna ritrovare la capacità di indignarsi.
docenti dell'Iti Silvano Fedi, Pistoia


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