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Strappo al Concordato

Strappo al Concordato di Osvaldo Roman - 11-06-2003 Il Senato, dopo il Lodo Schifani ha approvato oggi il disegno di legge che regola lo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolic...

11/06/2003
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Strappo al Concordato
di Osvaldo Roman - 11-06-2003

Il Senato, dopo il Lodo Schifani ha approvato oggi il disegno di legge che regola lo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica. Il testo ritorna ora alla Camera per il voto finale.
In estrema sintesi il provvedimento istituisce due ruoli di IRC, vi immette circa 15.000 docenti e consente il loro passaggio nelle altre materie di insegnamento con il sistema dei passaggi di cattedra.
Strumentalizzando alcune giuste esigenze dei docenti di IRC il provvedimento realizza una operazione di potere clericale sulla scuola pubblica e di stravolgimento del Concordato.
Si tratta di un'altra autentica e clamorosa 'schifezza' come potranno agevolmente rendersi conto quanti vorranno esaminare il testo dell'articolato e le relazioni che lo hanno a suo tempo presentato alla Camera.
Come è noto, l'insegnamento della religione cattolica è presente nella scuola pubblica sulla base di accordi intercorsi fra lo Stato italiano e la Santa Sede e fra il Ministero della pubblica istruzione e la Conferenza episcopale italiana (rispettivamente Accordo di revisione del Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, reso esecutivo ai sensi della legge 25 marzo 1985, n. 121, e relativo Protocollo addizionale, e Intesa tra il Ministro della pubblica istruzione e il Presidente della Conferenza episcopale italiana resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751).
Tali accordi determinano una situazione del tutto particolare per la disciplina e per gli insegnanti. La disciplina, infatti, è facoltativa (e tale facoltatività è condizione necessaria perché la sua presenza nella scuola pubblica non configuri elementi di incostituzionalità, come si evince dalle sentenze della Corte costituzionale n. 203 dell'11-12 aprile 1989 e n. 13 dell'11-14 gennaio 1991); gli insegnanti sono nominati a seguito di una designazione dell'autorità diocesana, sulla base di titoli, competenze e requisiti culturali insindacabilmente forniti e accertati dall'autorità ecclesiastica e di una "idoneità", che costituisce una condicio sine qua non per l'insegnamento, altrettanto insindacabilmente concessa e revocabile dalla stessa autorità.
E' del tutto evidente come tali caratteristiche non siano compatibili con l'assunzione degli insegnanti di religione cattolica nei ruoli dello Stato e soprattutto non consentano la definizione di un organico stabile e di un ruolo, peraltro oggi non più esistente giuridicamente.
Non è compatibile con la lettera e con lo spirito del nuovo Concordato determinare un organico, che è un dato permanente a carico dello Stato, sulla base di una scelta non ancora compiuta, scelta che è facoltativa e tale deve restare perché non si configurino elementi di incostituzionalità. Tale libera scelta potrebbe, inoltre, essere in qualche modo condizionata dalla preesistenza di un organico di insegnanti di religione cattolica.
Del resto, per quanto riguarda il problema del ruolo dei docenti di religione cattolica, è sufficiente un sommario esame della documentazione esistente al riguardo per affermare che nel 1984, al tempo della revisione del Concordato, non era presente, nel dibattito pattizio, la rivendicazione del ruolo e del conseguente organico per gli insegnanti di religione cattolica. Di fronte alle ripetute stesure del testo concordatario '#8211; ruotanti, appunto, intorno alla formula "dell'avvalersi o non avvalersi", considerata fortemente innovativa rispetto al vecchio esonero dalla regione cattolica '#8211; non aveva alcuna possibilità di manifestarsi la richiesta di un ruolo organico per i docenti di religione cattolica che, peraltro, non esisteva neanche nel vecchio regime concordatario, cioè quando l'insegnamento della religione cattolica era obbligatorio. Le questioni di stato giuridico da risolvere, di cui parlava l'Intesa del 1985, erano di altra natura e, in gran parte, sono state già affrontate e risolte dalla contrattazione collettiva degli ultimi anni.
I docenti di religione cattolica non sono sicuramente dei precari oggi!
Questi, già prima della revisione del Concordato, avevano un incarico a tempo indeterminato con retribuzione pari a quella iniziale del docente laureato di ruolo A. Nell'ultimo decennio, in sede di contrattazione collettiva, la condizione di questi docenti ha subìto notevoli miglioramenti sia sul piano giuridico sia sul piano economico. La contrattazione collettiva non ha potuto risolvere questioni come quella del ruolo, che oggi si configura come contratto a tempo indeterminato, perché esse derivano, per questi insegnanti, da una fonte e da una scelta legislativa concordataria. Infatti, la contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico, prevista dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, affronta '#8211; per questi come per gli altri lavoratori della scuola '#8211; questioni relative alle condizioni di lavoro, mentre rimangono regolate per via legislativa, perché espressamente previsto dalla Costituzione, le materie relative al reclutamento ed alla libertà di insegnamento.
Pertanto, se il Governo avesse voluto perseguire tale innovazione, avrebbe potuto legittimamente farlo solo aprendo con la Santa Sede una trattativa bilaterale sul Concordato. Non sarebbe stata possibile neppure una semplice revisione dell'Intesa, perché si tratta, di innovazioni che incidono sul principio concordatario b>"dell'avvalersi o non avvalersi" senza discriminazioni. Inoltre il potere di intervento che le leggi e gli accordi sopracitati attribuiscono all'autorità ecclesiastica per quel che concerne l'assunzione, l'eventuale mobilità e la cessazione del rapporto di lavoro per revoca dell'"idoneità" appare del tutto incompatibile con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato che non risulti caratterizzato da precise quanto limitate distinzioni dalla generale normativa dei pubblici dipendenti.
Se ciò non fosse si finirebbe col creare una limitazione permanente della sovranità dello Stato che, in caso di revoca dell'idoneità, dovrebbe licenziare un proprio dipendente sulla base di una motivazione culturale o ideologica che gli deve rimanere totalmente estranea. Per tale motivo la revoca dell'idoneità non può che comportare la soluzione di un nuovo e diverso incarico proposto dalle competenti autorità ecclesiastiche in occasione dell'inizio del nuovo anno scolastico.
Nel corso dell'iter alla Camera e al Senato la maggioranza governativa ha dimostrato, respingendo le proposte dell'opposizione ( si veda A.S 1909 ), che il vero obiettivo del provvedimento non era la stabilità e la regolamentazione giuridica del suddetto personale ma l'apertura di un canale di reclutamento nella scuola pubblica controllato dalle Curie, unitamente al consolidamento del carattere di fatto obbligatorio dell'insegnamento confessionale della religione cattolica
Infatti non si può in alcun modo pretendere di collocare, quei docenti di IRC risultati inidonei o finiti in soprannumero, in un altro ruolo di insegnamento venendo, così, a configurare una sorta di canale di reclutamento alternativo nella scuola dello Stato.

Come si può sostenere tale pretesa proprio nel momento in cui il Governo si rifiuta di applicare la legge 3 maggio 1999, n. 124, per la sistemazione dei docenti precari?
Come si può sostenerla nel momento in cui la legge finanziaria falcidia gli organici del personale docente e nell'anno in cui, per la prima volta nella storia del nostro paese, non è stata effettuata neppure una nomina a tempo indeterminato?

Si tratta con ogni evidenza di un ennesimo provvedimento incostituzionale ( in sermo familiaris 'schifezza' ). Il motivo di tale incostituzionalità ci sembra evidente: già l' iniziale ingresso di questi docenti nel ruolo iniziale sarebbe condizionato da una idoneità confessionale che, per definizione, non è disponibile o esigibile da una parte di altri aspiranti. Inoltre il passaggio ad altri ruoli produrrebbe la formazione di un secondo canale di reclutamento accanto a quello ordinario che discriminerebbe molti di coloro che ambiscono ad un posto nella scuola pubblica attraverso le ordinarie procedure di assunzione. Inoltre il concorso previsto non è un reale concorso ma una nuova forma di chiamata diretta.

Infatti esso si conclude con un elenco che non essendo una graduatoria non obbliga le autorità, preposte alla nomina, a rispettare l'ordine di collocazione nell' elenco medesimo. In sostanza tutto l'inutile ragionamento del ddl sul concorso ci riporta allo stato iniziale oggi esistente della nomina degli idonei da parte delle autorità diocesane. L'aggravante consiste nel fatto che in base alla mobilità di cui all'articolo 4 tali docenti, se sono in possesso dei titoli di studio e di abilitazione, senza altro concorso (in realtà senza alcun vero concorso ) potranno transitare, con i passaggi di ruolo, ad insegnare un'altra materia.

Si può immaginare una cosa più incredibilmente illegittima e arrogante di questa!

Nell'Italia di Berlusconi e della Moratti capita anche questo. Aumenta la montagna di rifiuti da rimuovere nella prossima legislatura.

Sono convinto che intanto, per la coscienza democratica di moltissimi italiani, lorsignori hanno strappato e gettato nel cestino dei rifiuti il Concordato.


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