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Scuole, l’appello dei genitori lombardi al governo: «Riaprite almeno le medie»

Non vanno a scuola con i mezzi pubblici e non rischiano assembramenti: questi i principali motivi alla base della richiesta dei genitori di diversi istituti dell’hinterland milanese. «La scuola rappresenta un luogo sicuro»

21/01/2021
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

«Grave pericolo di lesione dei diritti fondamentali dei ragazzi»: ecco cosa si rischia tenendo le scuole chiuse, secondo un nutrito gruppo di Consigli di istituto e comitati genitori di scuole medie e superiori dell’hinterland milanese, che hanno rivolto un appello al presidente del Consiglio, alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e al presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, per chiedere la ripresa della didattica in presenza. La premessa è che già il Tar della Lombardia e quello dell’Emilia-Romagna hanno affermato il principio generale di illegittimità della sospensione della didattica in presenza sostenendo che comprime in «maniera eccessiva», «immotivatamente» e «ingiustificatamente», il diritto dei ragazzi «a frequentare di persona la scuola quale luogo di istruzione e apprendimento culturale nonché di socializzazione, formazione e sviluppo della personalità». E che anche il Cts ha sostenuto che le scuole vanno tenute aperte, a dispetto di molte Regioni che hanno deciso di tenerle chiuse. Persino molti Tribunali amministrativi si sono espressi in questa direzione, anche se alcuni governatori hanno deciso di continuare con la propria idea di non riaprire.

Quando i mezzi pubblici non si usano

Questa sospensione in particolare non appare motivata per i ragazzi di seconda e terza media, che non prendono i mezzi pubblici, considerati la causa principale dei contagi tra gli studenti, sostengono i genitori. E soprattutto non sembra opportuna per quelli dell’hinterland milanese, dove ci sono «scuole di quartiere situate in piccoli Comuni, che la quasi totalità dei ragazzi raggiungono a piedi o in bicicletta oppure in auto (nel caso dei pochi che si trovino più lontani o nei giorni di condizioni meteo avverse)». Ai ragazzi è stato chiesto «un enorme sacrificio dal punto di vista relazionale e di crescita- scrivono - essendo stato loro imposto un isolamento totale con il taglio di tutti i contatti personali con amici e parenti (al di fuori del nucleo familiare dei conviventi), nonché con la sospensione sine die di qualsiasi attività extrascolastica. L’eliminazione della scuola in presenza costituisce un’ulteriore, ingiusta, immotivata e grave sofferenza per ragazzi in giovanissima età, con aggravio dei già procurati danni di sviluppo e psicologici con cui tali ragazzi e la società stessa dovranno fare i conti». Tesi sostenuta anche da diversi pedagogisti e dagli studenti che protestano in questi giorni.

«Scuola luogo sicuro»

Dall’altro lato, «la scuola rappresenta oggi un luogo sicuro per i ragazzi e per il loro futuro, sia sotto il profilo dell’emergenza, essendo le aule scolastiche i luoghi dove sono meglio garantite le misure di prevenzione, il distanziamento ed il tracciamento dei casi; sia sotto il profilo della loro educazione» perché rappresenta «il luogo dove i ragazzi possono trovare quel minimo interscambio personale necessario perché essi possano sentirsi sostenuti e confortati nell’attuale difficile momento e perché possa in loro essere mantenuta viva la fiamma dell’interesse ad una vera e completa istruzione, capace un domani di tenerli lontani dallo spettro della dispersione scolastica arrivata oggi ai massimi storici». Di qui la richiesta: aprite almeno le scuole medie, e in subordine le superiori, almeno nelle aree dove è possibile senza rischiare l’impennata dei contagi.


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