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ScuolaOggi-Per la qualità dell'integrazione dei "diversamente abili": e dove sono a Milano gli "accordi di programma"?

Per la qualità dell'integrazione dei "diversamente abili": e dove sono a Milano gli "accordi di programma"? Nonostante le ottimistiche dichiarazioni del Ministro Moratti e dei diretto...

19/09/2004
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ScuolaOggi

Per la qualità dell'integrazione dei "diversamente abili": e dove sono a Milano gli "accordi di programma"?
Nonostante le ottimistiche dichiarazioni del Ministro Moratti e dei direttori degli uffici scolastici regionali, anche nel corrente anno scolastico è proseguita la politica di inesorabile taglio delle risorse assegnate alle scuole per il sostegno pur in presenza di significativi aumenti della popolazione scolastica "diversamente abile".

La situazione è, pertanto, di per sé insostenibile. Ma - quel che è peggio pur in presenza di tagli, le risorse impiegate dagli Enti Locali e dal Miur, oltre che dalle ASL, sono comunque ingenti e purtroppo mal governate.

Ad oltre 12 anni dall'entrata in vigore della legge quadro per l'integrazione scolastica, sociale, lavorativa, nella formazione professionale dei soggetti in situazione di handicap (melius: diversamente abili), le cosiddette competenti Autorità non hanno sentito l'elementare dovere di stipulare, in una città dell'importanza di Milano, un accordo di programma, che è uno strumento fondamentale, previsto dall'art. 13 della legge-quadro e del successivo D.M. applicativo , per il coordinamento dei servizi scolastici con quelli territoriali ed extrascolastici "onde facilitare la tempestiva formulazione delle diagnosi funzionali, dei conseguenti profili dinamico funzionali e dei successivi piani educativi individualizzati,al fine di favorire, in concreto, l'effettiva realizzazione del progetto di integrazione scolastica ed extrascolastica dei singoli alunni in situazione di handicap".

Gli accordi di programma, a differenza delle vecchie "intese", avrebbero il pregio, se stipulati, di far compiere alla politica per l'handicap il passaggio decisivo dalle generiche dichiarazioni di intenti all'assunzione piena della corresponsabilità degli Enti pubblici nella formulazione ed attuazione di un progetto di vita a favore del singolo soggetto diversamente abile.

Risiede in questa scarsa volontà di assunzione di corresponsabilità progettuale ed operativa il motivo del difficile decollo degli "accordi di programma", in quanto, come si afferma in un "accordo"(?) di Brescia, al centro della attenzione e dell'intervento delle varie realtà istituzionali coinvolte nella integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap deve essere posta la "persona" nella globalità dei suoi bisogni, delle sue caratteristiche e delle sue potenzialità. Da ciò discende direttamente l'esigenza di "un cambiamento radicale rispetto a precedenti impostazioni che ponevano al centro i bisogni/necessità della Scuola o dei Servizi Sociali o dei Servizi Sanitari con il primato delle loro caratteristiche strutturali ed organizzative come fattori/vincoli condizionanti le possibilità e le modalità di attuazione dell'inserimento scolastico degli alunni in situazione di handicap".

Sarebbe necessario, pertanto, che CSA, ASL e Comune nominassero , per ogni soggetto diversamente abile, un referente del caso, responsabile del coordinamento degli interventi e della loro integrazione e che sia messo in grado di curare il raccordo con le diverse realtà operative che entrano in gioco ed in particolare costituisca un riferimento stabile ed autorevole per la famiglia dell'alunno.

Se Milano "piange", anche altre importanti realtà del nostro territorio, che spesso pretende di essere all'avanguardia nelle politiche per l'integrazione, "non ridono". Infatti, a Monza, a Brescia (ma anche a Bologna) sono stati stipulati dei documenti, intitolati "accordi di programma", ma che in realtà si limitano a spiegare meglio le leggi esistenti, ad affermare con maggiore enfasi l'esigenza dell'integrazione, a dichiarare solenni impegni comuni senza entrare mai nel merito e nel dettaglio degli interventi programmati/programmabili a favore di ciascun soggetto avente-diritto.

In particolare, tre sono i "punti dolenti" di questi presunti accordi (e, ovviamente, peggio per gli accordi inesistenti):

1. E' certamente importante dichiarare che occorre "passare da una risposta organizzativa di tipo "assistenziale" volta a "contenere/sedare" i problemi generati dalla presenza dell'alunno in situazione di handicap, ad una risposta organizzativa di tipo "educativo" volta a promuovere condizioni utili per "esprimere/soddisfare" i bisogni emotivo-relazionali connessi alla integrazione scolastica dell'alunno in situazione di handicap. Ma se, dopo questa dichiarazione di intenti, non si mettono i piedi per terra indicando i flussi finanziari erogabili, i servizi attivabili, i modi, i tempi e i luoghi per la fornitura coordinata dei diversi interventi restiamo nel campo delle pie intenzioni, di cui è lastricato l'inferno. Più esplicitamente: se gli accordi non indicano il come, il quando, il quanto dei vari interventi di competenza degli enti obbligati continueremo a navigare nel mare procelloso dei percorsi tortuosi, cui sono assoggettati gli handicappati e non nel mare sereno dei diritti soggettivi concretamente esigibili dai singoli interessati. I Comuni, le ASL ed anche gli stessi CSA sono sempre pronti a scrivere belle parole, ma stanno molto attenti a non dettagliare gli interventi, perché "potrebbero farsi male". Lo stesso CSA di Milano, in piena estate, ha emanato una bella circolare nella quale si sostiene che "é necessario costruire un ambiente "protesico" di tipo fisico, socio-organizzativo, interpersonale e professionale mediante una sinergica azione programmata e collegiale che coinvolge la Scuola, i Servizi sanitari, gli Enti Locali e la Famiglia. Le diverse interagenti competenze permettono di redigere un Profilo Dinamico Funzionale (PDF) dal quale discende il Piano Educativo Individualizzato (PEI) che definisce il percorso personalizzato dell'alunno con costante richiamo alle potenzialità e ai bisogni dello stesso, che dettano obiettivi e strategie nell'ottica della pedagogia del successo". Come potrà mai costruirsi il mitico ambiente protesico, se non si stipulano gli accordi di programma, che sono veri e propri contratti di diritto pubblico, cogenti per gli Enti sottoscrittori?

2. La legge-quadro aveva previsto, proprio allo scopo di dare forza alla stipula degli accordi, la costituzione di un collegio di vigilanza, che si sarebbe dovuto costituire sul modello delle varie autorità per la comunicazione, per la concorrenza, per la privacy,& con personalità indipendenti dagli Enti sottoscrittori e con poteri di surroga in caso di inadempienza. I decreti attuativi hanno in qualche modo depotenziato la portata di tale collegio, individuandone i componenti tra gli stessi sottoscrittori, sia pure ad alto livello (il Sindaco, il Dirigente della ASL, il dirigente del CSA, il Prefetto). Anche in questa edulcorata versione, il Collegio garantirebbe almeno la piena assunzione di responsabilità degli Enti obbligati in una politica attiva di integrazione e la possibilità di chiedere/applicare sanzioni a carico degli inadempienti. E' ovvio che se gli accordi neppure si stipulano, come avviene a Milano, anche il collegio di vigilanza resterà "in pectore"

3. L'art. 14 , comma 7, della legge-quadro prevede per la prima volta nella storia dell'aggiornamento e della formazione degli operatori- una rivoluzionaria formula di formazione attraverso lo "svolgimento di corsi di aggiornamento comuni per il personale delle scuole, delle unità sanitarie locali e degli enti locali, impegnati in piani educativi e di recupero individualizzati".

Detti corsi sono finalizzati prioritariamente all'integrazione delle rispettive esperienze e competenze in relazione alla programmazione, attuazione e verifica dei piani educativi e di recupero individualizzati, anche alla luce di quanto previsto dall'art. 12, commi 5 e 6, della legge quadro. Gli accordi dovranno anche prevedere le modalità di organizzazione, finanziamento e gestione e partecipazione del personale, con il possibile coinvolgimento degli istituti regionali per la ricerca, la sperimentazione e l'aggiornamento. Quante migliaia di corsi di aggiornamento (in qualche caso inutili e/o sovrabbondanti) si sono svolti in questi anni su tematiche varie ed anche sullo specifico dell'handicap! Per trovare traccia dei corsi di aggiornamento comuni degli operatori dei tre settori dovremo rivolgerci a "chi l'ha visto?"

Per concludere: in questo momento particolare stiamo per esaurire la sbornia delle magnifiche sorti e progressive della riforma Moratti. E' forse il momento di riappropriarci dei temi della qualità del tempo, della qualità dell'integrazione, della scuola di qualità.

Federico Niccoli


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