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ScuolaOggi: Merito e premialità dalla Gelmini a Brunetta

di Pippo Frisone

30/05/2008
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ScuolaOggi

Avevamo già scritto e previsto che il confronto con questo governo si sarebbe giocato nel settore pubblico su merito e valutazione dei dipendenti.

La proposta di legge dell’allora deputata di Forza Italia on.Gelmini , ora Ministra dell’istruzione,università e ricerca, per valorizzare il merito e la meritocrazia risale al mese di febbraio del 2008. Non ci risulta che quel testo sia stato fatto proprio dal governo Berlusconi e riproposto in questa legislatura.

Un motivo forse c’è. Buona parte di quelle idee per quanto riguarda il merito, le carriere e la valutazione le ritroviamo rielaborate in salsa liberista nella bozza di ddl delega del neo-ministro della Funzione Pubblica on.Renato Brunetta.

Sono sei articoli che definiscono principi e criteri direttivi della delega al Governo per “ottimizzare la produttività del lavoro pubblico”. Con una serie di decreti legislativi il Governo dovrà emanare disposizioni che riguarderanno il “merito e la premialità” (art.2), “la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche” ( art.3), “le sanzioni disciplinari e le responsabilità del dipendente pubblico” ( art.4 ), “ la dirigenza pubblica” (art.5), “la contrattazione collettiva e integrativa e la funzionalità delle amministrazioni” (art.6) .

Il bastone e la carota , tanto per sintetizzare il brunettiano pensiero .

C’è di tutto e di più sul pubblico impiego che al confronto il ddl dell’ex deputata Gelmini rischia addirittura d’impallidire. C’è nel ddl dell’on. Brunetta una buona dose di mercato, il tentativo di una privatizzazione che si sforza di razionalizzare e rendere più efficiente una pubblica amministrazione, definita dallo stesso ministro“ una palla al piede del sistema Paese”.

E come lui, aggiunge, la pensa il 95% del paese. Questo gli consente modi spicci e pugno di ferro, contro i fannulloni e contro quanti, a partire dagli stessi medici e dagli stessi dirigenti, si mostrano compiacenti e lassisti.

Se ragioniamo con la pancia rischiamo di condividere addirittura qualche passaggio “rigorista” del ddl ma poi razionalmente ci domandiamo. Era proprio necessario “un piano industriale” per la P.A .? Non bastava il riassetto del pubblico impiego, riordinato col Dlgs. n.165 del 2001 ? Perché buttare a mare l’Aran , quel modello contrattuale col rischio di tornare alle politiche clientelari coi singoli Ministeri? Ma le regole sull’autonomia della dirigenza pubblica, sulle responsabilità e sulle norme disciplinari per punire i pubblici dipendenti fannulloni ci sono sempre stati.

Quel che non c’è mai stato nel P.I. è un serio ed efficace sistema di controlli.

Una P.A. con la sua produttività, scarsa o buona che sia, che non rischia mai di finire fuori mercato come avviene invece nel settore privato, deve dotarsi di un sistema di controlli che garantiscano efficacia ed efficienza all’intero sistema. Standard qualitativi, indicatori di efficienza,coefficienti di valutazione, valutazione del merito e dei dipendenti sono tutte belle parole che rischiano di cadere ancora una volta nel vuoto. Occorre responsabilizzare i dirigenti nel raggiungimento degli obiettivi fissati , incentivando i capaci e penalizzando gli incapaci, all’interno di un sistema pubblico trasparente, in grado di mettere in atto tutti i controlli al proprio interno ma anche di essere controllato dall’esterno, in primis, dagli stessi fruitori dei servizi.

Non ci piacciono tanto le idee liberiste alla Gelmini o alla Brunetta, applicate al sistema dell’istruzione . Noi non vogliamo le scuole messe sul mercato, in concorrenza tra loro per accaparrarsi l’utenza. Non ci piace un sistema che metta “fuori mercato” le scuole, come non ci piace un sistema d’istruzione regionalizzato fai da te, con scuole ricche e sponsorizzate e con scuole povere che arrancano. Alle scuole autonome vanno garantite pari dignità ed erogazione di risorse omogenee su tutto il territorio nazionale, stesse opportunità di partenza.

Aiutando tutte le scuole a funzionare al meglio, anche con interventi nazionali e locali di perequazione, realizzando i dovuti controlli e magari cacciando una volta per tutti i fannulloni veri e gli incapaci, aiutiamo i nostri figli a formarsi e a crescere in una scuola che include e non esclude, in una scuola che l’art. 34 della Costituzione ha fortemente voluto nella sua essenzialità etico-sociale “aperta a tutti”.


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