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Scuola via tra tagli e classi sovraffollate. E il preside dov'è?

In 13 regioni si torna sui banchi. Con 35 studenti per aula e senza personale

12/09/2011
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l'Unità

Luciana Cimino

Sono diverse le novità che a partire da domani riguarderanno i 7 milioni 830 mila alunni chiamati gradualmente a tornare sui banchi di scuola. In tanti, soprattutto chi frequenta le elementari al sud, troveranno il loro istituto accorpato.

Rientro in aula oggi per 4 milioni di studenti italiani. Si aprono i cancelli per 13 regioni (Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Umbria, Veneto, Valle d'Aosta e nelle province autonome di Trento e Bolzano) mentre domani sarà il turno dell'Abruzzo e a seguire del resto d'Italia. Ma bambini e ragazzi troveranno ad accoglierli una scuola all'altezza di un paese moderno e europeo? O dopo la cura Gelmini Tre-  monti hanno ragione quanti parlano di «disastro» dell'istruzione pubblica? Partendo dal punto di vista degli alunni ecco che avranno un balletto di professori per i primi mesi, causa strascichi del caos nomine che ha tenuto banco per tutta l'estate e che è nato (anche) dalla surreale faccenda della doppia graduatoria (quella di quest'anno e quella, bocciata dalla Corte Costituzionale del 2010) alle quale è seguita l'indolenza del Miur che ha evitato di disporre circolari esplicative per tentare di arginare le cause degli esclusi. Ma gli studenti troveranno anche molte scuole senza preside, questo a causa del provvedimento che ha dimezzato i dirigenti di fatto attribuendo a ognuno più plessi. Molte scuole poi saranno anche senza bidelli, con i laboratori chiusi perché non ci sono i tecnici per aprirli. E senza personale di segreteria. Questo perché all'appello manca, nonostante i proclami sull'immissione in ruolo della Gelmini, il personale Ata. Tra l'altro gli studenti si ritroveranno nelle cosiddette «classi pollaio» perché i presidi non avranno né insegnanti e né risorse per sdoppiare le classi quindi formeranno aule di 35 alunni. Questo equivale brutalmente a dire che ci rimetteranno i più deboli, che gli insegnanti riusciranno a portare avanti solo chi ce la fa e difficilmente avranno il tempo per recuperare chi è indietro. Il tutto in scuole fatiscenti, soprattutto al sud: è di alcuni giorni fa il grido di allarme di alcuni istituti siciliani e calabresi che non riescono neanche ad acquistare banchi e sedie sufficienti a far sedere tutti gli studenti. Si delinea una doppia Italia, e non solo per la qualità delle strutture. Anche per il tempo pieno. Il monte ore complessivo è diminuito, i presidi non sanno come far fronte alle richieste dei genitori, affibbiano così scampoli di ore a diversi insegnanti (con buona pace del tanto pubblicizzato "maestro unico"), tutto ciò nuoce alla coerenza formativa, certo, ma è anche una vana lotta contro i mulini a vento perché è stato calcolato che a fine ciclo delle elementari un bambino milanese avrà comunque 2145 ore di scuola in più di un coetaneo siciliano. Discorso delicato per gli studenti disabili. Sul taglio degli insegnanti di sostegno è dovuta intervenire una sentenza della Corte Costituzionale che nel 2010 ha dichiarato illegittime le norme della Gelmini che fissavano un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno, e che vietavano di assumerne in deroga, in presenza di studenti con disabilità. Nonostante questo gli insegnanti di sostegno risultano a tutt'oggi insufficienti. Non solo, si è anche scatenata una guerra tra precari, tra chi ha la specializzazione sul sostegno e chi no. E successo a Torino, così come in Veneto, e la situazione è altrettanto esplosiva a Genova. Da sottolineare come poi la scuola non sia più garantita a tutti secondo la Costituzione. Non lo è per i ragazzini che ora possono lavorare a soli 15 anni, visto che è stato tolto l'obbligo scolastico fissato a 16 anni dal Ministro Fioroni e che rappresentava una tutela di cittadinanza per le classi meno abbienti ed è stato sostituito con "l'apprendistato". E visto che lavoro non si trova sono semplicemente giovani "dismessi" dalla vita. Non lo è più per tutti quegli adulti che avevano avuto percorsi di vita o di lavoro tortuosi e avevano bisogno della scuola serale per riqualificarsi. Sono state soppresse da quest'anno per fare cassa. Ribaltando la questione dal punto di vista dei docenti si può sintetizzare dicendo che non è un Paese per insegnanti. I tagli di questi 3 anni hanno causato quello che i sindacati chiamano «il più grande licenziamento di massa della storia repubblicana» e le tanto strombazzatate immissione in ruolo dei precari si sono rilevate a conti fatti una burla: nei numeri, perché sono molto meno di quelle pubblicizzate dal ministro e perché sono sottoposte al volere del Tesoro, e nello stipendio. Per la prima volta chi è assunto adesso, dopo anni di precariato, guadagnerà di meno di un pari grado. Per i neo laureati poi non c'è speranza (alcuni calcolano per almeno altri 10 anni) di ambire a fare il lavoro nobilissimo dell'insegnante. Si prepara un avvio di anno scolastico caldissimo. Annunciate mobilitazioni degli studenti e della Flc Cgil in tutta Italia.


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