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Scuola, porte aperte ai prof italiani abilitati in Romania. La sentenza del Consiglio di Stato

I giudici di Palazzo Spada hanno accolto il ricorso di un docente contro il Miur che non voleva riconoscere l’abilitazione conseguita a pagamento in Romania. La motivazione: la legislazione europea impone il riconoscimento automatico dei titoli

22/04/2020
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Corriere della sera

Orsola Riva

L’abilitazione all’insegnamento presa in Romania vale quanto quella italiana. Così ha stabilito la sesta sezione del Consiglio di Stato nel ricorso di un docente italiano abilitato in Romania contro un precedente verdetto del Tar a lui sfavorevole. Come spiegato nelle motivazioni della sentenza depositata lunedì 20 aprile, la legislazione europea impone il riconoscimento automatico dei titoli di studio fra i Paesi membri. E dunque il titolo denominato «Programului de studii psihopedagogice , Nivelul 1 e Nivelul2» è condizione sufficiente per fare il salto di classe e passare dal girone infernale della terza fascia (i supplenti che vengono chiamati dalle scuole per ultimi) alla seconda: quella appunto dei precari con l’abilitazione che hanno diritto di precedenza sulle supplenze lunghe.

Legge italiana e legislazione europea

E pazienza se per abilitarsi in Romania bastano poche settimane di corso e per il resto ci si prepara studiando comodamente da casa su dispense acquistate al prezzo (non proprio da saldo) di 1o mila euro. E se nemmeno la Romania riconosce ai docenti italiani che abilita il diritto a insegnare entro i propri confini. La sentenza di Palazzo Spada è chiara: negare il valore legale del titolo di studio conseguito all’estero «viola principi e norme di carattere sovranazionale che impongono il riconoscimento automatico dei titoli di formazione rilasciati in un altro Stato. L’eventuale errore delle autorità rumene sul punto non può costituire ragione e vincolo per la decisione amministrativa italiana». Detto altrimenti: il fatto che la Romania non riconosca la laurea italiana e quindi abiliti, a pagamento, i docenti italiani purché poi non pretendano di restare a insegnare nelle scuole romene, non è un argomento sufficiente perché essi non possano insegnare in Italia. Perciò «una volta acquisita la documentazione che attesta il possesso del certificato conseguito in Romania, non può negarsi il riconoscimento dell’operatività in Italia, altro paese Ue, per il mancato riconoscimento del titolo di studio – laurea – conseguito in Italia». Conclusione: «il Consiglio di Stato accoglie il ricorso del docente abilitato in Romania contro il Miur e ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa».

Tutti abilitati con il test a crocette

Il professore in questione non è stato né il primo né l’ultimo a scegliere la via breve (per quanto non proprio economica) della Romania per abilitarsi. Negli ultimi anni diverse decine di supplenti hanno imboccato questa scorciatoia per aggirare il blocco delle abilitazioni sospese ormai dal 2015 (con l’unica eccezione dei percorsi per l’abilitazione al sostegno). Ma la situazione nel frattempo è cambiata. Ormai è questione di pochi giorni per la pubblicazione del bando dei prossimi concorsi per la scuola, fra i quali ce n’è anche uno che prevede la promozione in blocco dei supplenti di terza fascia (circa 60 mila persone) grazie a una semplice prova scritta a crocette. In base al decreto scuola approvato dal Parlamento a dicembre,il concorso avrà valore abilitante per tutti, purché si superi un punteggio minimo. Dopo tante scappatoie, si apre ora un’autostrada per entrare in seconda fascia. Aperta a tutti e a costo (quasi) zero.


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