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Scuola, nel mirino la legge sui precari. la parola alla corte di Strasburgo

Un giudice italiano chiede alla Ue di decidere. In trentamila sperano

15/01/2013
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Il Messaggero

ROMA Uno su ventimila. È bastato che il ricorso di un singolo precario della scuola, per decisione di un giudice del lavoro di Napoli, fosse dirottato alla Corte di Giustizia dell’Unione europea a Strasburgo, che in ventimila possono sperare in una rivoluzione che si chiama posto fisso. Perché ventimila sono all’incirca i precari della scuola che hanno alle spalle trentasei mesi di supplenze, ovvero tre anni, quanto sarebbe bastato perché venisse riconosciuto il contratto a tempo indeterminato. Se non fosse per una legge, la 106 del 2011, che, con efficacia retroattiva, ha escluso i precari della scuola dalla procedura di stabilizzazione. Una legge che potrebbe essere giudicata incostituzionale (e infatti anche la Corte si dovrà pronunciare nei prossimi giorni), ma che al giudice di Napoli, il 2 gennaio scorso, è parsa intanto in contrasto con le norme comunitarie, e in particolare con una direttiva europea, la 70 del 1999, che due anni dopo è stata recepita anche dall’Italia. «Per questa ragione lo Stato deve assumere i precari della scuola. Altrimenti continuerà a discriminare i diritti fondamentali di questi lavoratori rispetto ai diritti inalienabili dei cittadini», dice Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, l’Associazione sindacale della scuola, che sta seguendo in prima persona la pioggia di ricorsi che ha sommerso i tribunali italiani. Fino ad ora, la giustizia italiana non ha confortato le attese. Se davanti al giudice del lavoro alcuni precari (anche se pochi rispetto al numero dei ricorrenti) avevano ottenuto soddisfazione con il riconoscimento della stabilizzazione o almeno un risarcimento, una sentenza della Corte di Cassazione di qualche mese fa (20 giugno del 2012) ha frenato sulle attese.
LE CAUSE IN CORSO
E ha elencato una serie di «no» alle aspettative dei precari docenti e personale Ata (i collaboratori scolastici). La Cassazione, infatti, non ha riconosciuto la stabilizzazione dei rapporti di lavoro anche se protratti per anni, e anche se con contratti che riguardavano la copertura di posti vacanti in organico. Non ha riconosciuto il risarcimento dei danni. E neanche gli scatti allo stipendio, quando gli altri contratti a tempo determinato maturano l’anzianità. Strasburgo, quindi, dovrà esprimersi sull’efficacia dell’intervento retroattivo e sulla deroga peggiorativa per i precari della scuola. Se Strasburgo censurerà la legge italiana, ogni giudice del lavoro dovrà adeguarsi ordinando la stabilizzazione del ricorrente. Per questo l’Anief ha intanto chiesto la sospensione delle cause in corso, perché Strasburgo potrebbe cambiare radicalmente lo scenario.
GLI SCENARI
Cosa succederà, se Strasburgo darà ragione ai precari? «I precari potrebbero chiedere alla Commissione Ue di aprire una procedura d’infrazione contro lo Stato italiano», spiega Pacifico. È probabile che il prossimo governo chiami al tavolo i sindacati e cerchi una soluzione concertata. Una «stabilizzazione di massa» spaventerebbe qualunque esecutivo. Anche se la Flc-Cgil sostiene che la stabilizzazione costituirebbe un risparmio e ha elaborato una tabella di calcolo secondo la quale il risparmio per l’amministrazione pubblica tra un precario e uno stabilizzato andrebbe quantificata attorno a un 2,5% su ogni singolo stipendio. Le stabilizzazioni al posto delle spese di chiamata dei supplenti - sostiene ancora il sindacato - comporterebbero un risparmio di un miliardo di euro. «I governi dovrebbero provvedere a regolarizzare i precari prima di fare nuovi concorsi - polemizza Domenico Pantaleo, segretario della Flc Cgil -. Ci sono tutti i margini economici per farlo».
La battaglia dei precari continua anche in piazza. Dopo le manifestazioni dello scorso autunno contro la politica dei tagli, i docenti si sono dati appuntamento il 2 febbraio, a Roma. L’iniziativa è del Coordinamento nazionale scuola che ha lanciato un appello per «la difesa e il rilancio della scuola pubblica statale come fulcro del diritto costituzionale all’istruzione per tutte e per tutti».
Alessia Camplone
 


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