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Rossi-Doria "Questo dramma cambierà il nostro modo d’insegnare"

Quello che è certo è che milioni di bambini e ragazzi sono entrati con noi in questo tunnel. Per loro sarà un passaggio specifico, indimenticabile: sia cognitivo, sia emotivo

20/03/2020
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la Repubblica

Conchita Sannino

Marco Rossi-Doria, lei è stato per oltre vent’anni maestro di strada, nei quartieri a rischio di Napoli. E sottosegretario all’Istruzione. E ora è in contatto con scuole di tutta Italia. Cosa accade ai nostri ragazzi?

«Accadono, in questi giorni, anche cose bellissime. Ci sono mamme, a Secondigliano, periferia nord di Napoli, che impastano la farina e fanno il pane con i figli e condividono questi processi con la maestra a distanza».

E magari sono gli stessi genitori che fino a qualche mese prima inveivano contro quelle insegnanti...

«È vero. È il cambiamento. A Milano, in una scuola media, hanno iniziato a gestire una radio a distanza per fare compagnia agli anziani. In una primaria, in Calabria, stanno facendo a gara per aiutare chi non poteva connettersi, facendogli arrivare in sicurezza un tablet, un cellulare.

Stessa attenzione a Torino. Succede che il bambino con disabilità viene chiamato al telefono anche quattro volte dalla sua insegnante di sostegno».

Il virus è diventato "la materia".

«È fatale. Meno male. Si parte dal virus per parlare della cosiddetta Spagnola che falcidiò la vecchia Europa, la storia del continente. C’è chi ne approfitta per spiegare i batteri, chi arriva a Manzoni o al Decamerone. Poi, certo, ci sono anche insegnanti, ma sono una minoranza, che si piazzano davanti al computer e assegnano compiti.

Come se questa fosse solo una parentesi ».

I vecchi compiti non possono riempire il vuoto, le domande?

«Sì, ma questo dramma non può essere solo dolore, deve diventare occasione. Quindi, la lezione frontale, l’assegno da eseguire, i compiti, la verifica e poi ti metto il voto: no, non possiamo fare come se nulla fosse.

Come dice Giulia Tosoni, una giovane preside in una scuoladi Milano, il problema non è cosa faremo quando riapriremo. Ma che tipo di scuola vorremo dopo. Io penso sommessamente che il metodo di studio trasmissivo e conservatore della scuola italiana debba cambiare».

Intanto ci sono i più piccoli, senza gioco e uscite. Cosa fare?

«Tante cose si possono e si devono fare. Sommario elenco. Pulire i pavimenti, saper pulire casa, perché.

Fare ordine in stanza con mamma e papà: cosa tenere, cosa no, perché.

Partecipare al rito della cucina, sparecchiare. Guardare il cielo ogni giorno, coi colori che mutano, disegnarli. O ancora: guardare dei bei programma Rai, discuterne .Tenere un diario, come una bambina eccezionale, Anna Frank».

E parlarne.

« Quello che è certo è che milioni di bambini e ragazzi sono entrati con noi in questo tunnel. Per loro sarà un passaggio specifico, indimenticabile: sia cognitivo, sia emotivo. Ma è come se proprio loro cominciassero a vedere, in mezzo a tante domande e paure, una nuova scuola, un’idea di comunità. Che certo, dopo, dovrà porsi in maniera ossessiva il tema delle diseguaglianze ».

Ecco. In molte case, i bambini non hanno un tablet. O i tre figli fanno a turno: in tante periferie disagiate, da Nord a Sud.

«Bisognerà investire tutto sulle diseguaglianze, Non possiamo più permetterci dispersione scolastica e fallimento formativo. Non potranno più esistere alunni di serie A e di serie B».


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