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Risposta di Erico Panini a Diesse

Cari colleghi, innanzitutto vi ringrazio per l'attenzione della quale mi avete voluto onorare con la vostra lettera aperta alla quale rispondo molto volentieri. Tenterò di essere breve anche se le ...

10/10/2004
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Cari colleghi,
innanzitutto vi ringrazio per l'attenzione della quale mi avete voluto onorare con la vostra lettera aperta alla quale rispondo molto volentieri.
Tenterò di essere breve anche se le cinque domande che mi ponete sono particolarmente complesse.

I dati OCSE 2004, che segnalano un incremento della spesa per la scuola nel nostro Paese ed un avvicinamento ai livelli europei, come sapete si fermano al 2001, cioè si concludono nell'anno di passaggio fra il governo di centrosinistra e l'attuale compagine.
Sarà interessante capire, nei prossimi Rapporti, se questo andamento si confermerà anche negli anni successivi o se non dovremo registrare, invece, un'inversione di tendenza considerato che dalla Finanziaria per il 2002 ha preso l'avvio una fase contrassegnata da forti tagli.
Che il numero degli insegnanti nel nostro Paese sia maggiore di quello dei colleghi europei dipende da molti fattori che andrebbero indagati con spirito attento. Fra questi ricordo l'ampiezza dell'orario settimanale delle lezioni (in alcuni istituti professionali si arriva a 40 ore settimanali); fattori peculiari della nostra storia (dalla statalizzazione di tutto il personale alla grande conquista dell'integrazione dei soggetti disabili), alla conformazione del territorio. Affermo ciò perché non mi sono mai piaciuti i giudizi sommari così come non nego che per tutti gli anni '70 ed '80 la scuola ha fatto fronte alla crescente disoccupazione intellettuale in un Paese nel quale l'industria non investe in ricerca e sviluppo e trovare un lavoro dopo certi percorsi di studio era pressoché impossibile.
Infine, non registro un legame di causa/effetto fra numero degli insegnanti e loro retribuzione. Basti notare, fra l'altro, che tutte le riduzioni di spesa nel comparto istruzione sono state utilizzate nell'ultimo decennio per la stragrande parte per ben altre finalità ed in altri settori.
Ma vediamo i nodi.
Si può cambiare la scuola senza un coinvolgimento ampio della società, di chi lavora nella scuola, delle forze sociali? Io non credo. Vedo che in Italia il dibattito, al di la delle affermazioni propagandistiche del Ministro che tanto io come voi sappiamo essere prive di fondamento, è stato sequestrato, mentre in Francia si è fatta una scelta molto più coraggiosa che da frutti assolutamente diversi.
Il metodo può essere considerato una variabile secondaria o sostituibile con le esortazioni?.
Per usare una vostra espressione, a noi nessuno ha mai chiesto "di metterci d'accordo". Noi non abbiamo mai avuto atteggiamenti pregiudiziali, ci interessa il merito di ogni problema non la composizione del Governo che lo propone. In questi anni, invece, si è sempre preferito fare le cose in gran segreto e trasformare le rare occasioni di confronto in un soliloquio. Poi, come si fa a stupirsi se le persone si mobilitano e protestano?

Quello che accade nei Collegi è lo specchio di questa situazione.
I Collegi si muovono autonomamente e se arrivano a respingere anche le minacce di sanzioni disciplinari (e quante ne sono arrivate!) significa che il dissenso è davvero gigantesco.
Non c'è la Cgil, o un altro sindacato, dietro a quelle legittime delibere, ci sono insegnanti autonomi e responsabili.
Allora non converrebbe fermarsi, finalmente discutere e confrontarsi evitando che la maggioranza politica si autoproclami anche maggioranza sociale?
Io credo che sarebbe indispensabile aprire un confronto vero e dalle radici, la maggior parte degli insegnanti lo auspica e ne è convinta. Vedo un Ministro, invece, timoroso di "perdere la faccia" se facesse ciò. Altri prima di lei hanno avuto il coraggio di rivedere le proprie decisioni e di aprire una discussione. Non capisco la ragione di tanta ostinazione o di tanto timore personale e me ne dispiace, ma così si sceglie lo scontro.
Il progetto sull'istruzione dell'attuale Governo è in grado di metterci alla pari dei Paesi europei superando quei gap negativi che l'Ocse segnala impietosa per quanto riguarda il basso numero dei diplomati, dei laureati, degli adulti in formazione? Io non credo, anzi vedo in quel progetto la scelta di utilizzare la scuola per sancire le disuguaglianze sociali e scorgo l'emergere di una visione ingiusta della società divisa fra chi ha e chi non ha. Non mi muove un astratto egualitarismo, ma l' ansia per i rischi che vedo nel percorso di vita di migliaia di persone deboli.
Io, figlio di un muratore e di una lavoratrice a domicilio, che ho studiato all'università lavorando, io laico, molto interessato ai valori delle persone a ed alla dimensione etica del lavorare al servizio dei ragazzi, non posso non badare a ciò. Il percorso duale, la riduzione dell'obbligo scolastico, per fare alcuni esempi, negano diritti e progetti di vita ai più deboli. E ciò è inaccettabile.

Non so a chi vi rivolgiate quando usate certe espressioni, ma noi non abbiamo mai dichiarato "sempre guerra" ad ogni proposta di cambiamento. Noi contrastiamo legittimamente ciò che non ci pare un cambiamento ma una regressione. Siamo sempre stati un'organizzazione che ha fatto del cambiamento e della rivendicazione di processi riformatori la propria ragion d'essere, in questo sicuramente la meno "categoriale", per usare un termine un po' desueto, fra tutte le organizzazioni della scuola.

Così come per le politiche sugli insegnanti.
La Cgil è da sempre un sindacato interessato a discutere e a decidere sulla professionalità e ad uscire dalle secche di una situazione di basse retribuzioni, senza formazione iniziale, senza carriera professionale, senza prospettive nella ricerca.
Abbiamo ricercato, non da soli, soluzioni e percorsi possibili attirandoci spesso giudizi negativi e accuse di isolamento, contestazioni durissime.
Abbiamo anche sbagliato nel formulare ipotesi di lavoro ma non ci siamo mai sottratti al dovere di fare una proposta. Chi non è interessato ad affrontare il tema della professionalità dei docenti è l'attuale Governo: si riempie la bocca di investimenti e di professionalità ma riduce i primi a dimensioni miserrime e agita la seconda per giustificare il ricorso alla Legge per governare il rapporto di lavoro. Ad esempio, la proposta di stato giuridico ora in discussione è un modo per mettere sotto controllo gli insegnanti ed eliminare i sindacati, stravolge il ruolo e la funzione dell'associazionismo professionale trasformandolo in uno strumento di intermediazione. Ma è discutere di professionalità questo?

Vi saluto cordialmente.
Enrico Panini

Roma, 5 ottobre 2004


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