FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3796865
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Riformista: Ricerca, guardiamo un po' di più all'Europa

Riformista: Ricerca, guardiamo un po' di più all'Europa

RICERCA 1. GUARDIAMO UN PO' DI PIÙ ALL'EUROPA DI GIOVANNI BACHELET Le "sliding chairs" non sono il precariato modesta proposta per salvare i nostri atenei Una seria riflessione sulla ri...

23/06/2005
Decrease text size Increase text size
Il Riformista

RICERCA 1. GUARDIAMO UN PO' DI PIÙ ALL'EUROPA DI GIOVANNI BACHELET
Le "sliding chairs" non sono il precariato modesta proposta per salvare i nostri atenei

Una seria riflessione sulla riforma della ricerca in Italia impone la radicale messa in discussione di alcuni luoghi comuni. Troppo spesso, infatti, lo scivolamento della politica nella retorica ha prodotto argomentazioni dotate di poco senso, che nulla hanno a che vedere con l'individuazione di soluzioni di governo finalizzate a garantire che il nostro paese abbia un ruolo nella comunità scientifica internazionale.
No allo stupidario anti precariato. La logica delle sliding chairs, che impone a chiunque aspiri a fare il ricercatore di professione qualche anno di attività in ruoli non permanenti, è accettata in tutto il mondo avanzato. Nella maggioranza dei casi corrisponde non casualmente alla fase più produttiva e creativa. Identificarla con il "precariato", dando per sottinteso un sopruso antisindacale, è del tutto privo di senso. In realtà, è possibile difendere in maniera intelligente e non corporativa gli interessi dei ricercatori non permanenti, insieme e non contro gli interessi complessivi del sistema di ricerca nazionale. Ciò che importa è fornire eguali opportunità di accesso ai meritevoli e capaci, prevedere ingressi periodici e frequenti nei ruoli permanenti attraverso concorsi aperti e meritocratici, compensare i ricercatori non permanenti con livelli remunerativi adeguati all'incertezza del posto di lavoro che ne contraddistingue l'avvio della carriera professionale.
No allo stupidario della fuga dei cervelli. I miei migliori studenti hanno conquistato un posto di ricerca in Olanda o in Francia. Io stesso, dopo la laurea in Italia, ho lavorato negli Usa e in Germania, facendo onore al mio paese e acquisendo un bagaglio di esperienze di tutto rispetto. Che i nostri laureati più bravi siano richiesti all'estero non è un problema, ma un successo della nostra formazione universitaria specialistica. Il problema è semmai la totale mancanza di reciprocità: i laureati più bravi degli altri paesi occidentali non vengono in Italia. Anche i laureati migliori di paesi emergenti quali India e Cina, o in grave crisi come la Russia, preferiscono comunque Francia, Germania e Olanda. Il motivo è che in Italia il livello medio di remunerazione di un ricercatore non è affatto competitivo con quello degli altri paesi europei. Inoltre, i tempi di reclutamento sono imprevedibili e la sistemazione logistica nel paese di destinazione è lasciata interamente a carico della persona che si trasferisce. È su queste condizioni che occorrerà intervenire, affinché la mobilità internazionale dei giovani ricercatori non sia più a senso unico.
Sì a nuovi meccanismi di finanziamento dei progetti di ricerca. Il governo Prodi fece registrare al suo attivo un'esperienza di successo, che può fornire utili indicazioni per le future politiche. Si tratta del sistema dei Cofin, fondati sulla possibilità di cofinanziamento di progetti tra atenei e ministero, attraverso il ricorso a referee anonimi di livello internazionale. Da più parti, oggi, si parla della possibilità di proporre un modello nella sostanza simile a quello, ma su scala ben più ampia. Una sorta di sistema a doppio binario, nel quale i nuovi fondi siano assegnati sulla base di una valutazione rigorosa, da parte di un'apposita Agenzia della ricerca, indipendente a un tempo dal governo e dal mondo accademico. Un'agenzia i cui funzionari, prescelti fra le figure professionalmente e accademicamente più riconosciute dalla comunità scientifica, rivestano per un numero limitato di anni un ruolo esclusivo di valutazione e assegnazione di fondi. Una simile agenzia, a cavallo fra scienza e burocrazia, potrebbe godere dei necessari requisiti di indipendenza, una volta che i suoi componenti fossero vincolati a non godere dei fondi distribuiti per il periodo di tempo di loro permanenza in servizio. L'esperienza di altri paesi suggerisce che un simile vincolo, a prima vista velleitario, può essere imposto e rispettato. Se ne ricaverebbe un processo di selezione e razionalizzazione del sistema universitario e della ricerca scientifico-tecnologica basato su un meccanismo di valutazione realmente indipendente.
Torniamo alla separazione delle competenze di università e pubblica istruzione. La maggior parte degli operatori del mondo dell'università e della ricerca scientifica considera l'accorpamento una scelta profondamente sbagliata e infelice. La proposta di costituire un'Agenzia nazionale della Ricerca è sicuramente da accogliere con favore. Tuttavia il ritorno alla separazione fra i dicasteri dell'Università e della Ricerca e quello della pubblica istruzione potrebbe già rappresentare un primo importante passo avanti sul fronte di un impegno di governo più sensibile ai temi strategici della ricerca, dell'innovazione e dello sviluppo.

Università La Sapienza, Roma


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33

I più letti

Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL