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Republica-Ecco il vero programma del cavaliere

di C.Maltese CON l'ultimo colpo di mano di una lunga serie, accantonando con cinismo l'emergenza in Molise, la maggioranza ha approvato la legge Cirami giusto in tempo per scongiurare il verdetto d...

06/11/2002
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la Repubblica

di C.Maltese

CON l'ultimo colpo di mano di una lunga serie, accantonando con cinismo l'emergenza in Molise, la maggioranza ha approvato la legge Cirami giusto in tempo per scongiurare il verdetto di Milano e salvare così l'imputato Cesare Previti dalla gravissima accusa di corruzione di magistrati, per la quale erano stati chiesti tredici anni di galera. Previti e la sua banda, come la chiama l'esperto Filippo Mancuso, festeggiano. Nello stesso giorno arriva la notizia che il presidente del Consiglio e i collaboratori Galliani e Berruti hanno ottenuto il proscioglimento nel processo Lentini. Non perché innocenti, come imporrebbe la trasparenza dell'alto ruolo ricoperto da Berlusconi, ma perché nel frattempo si è provveduto in Parlamento a cancellare di fatto il reato di falso in bilancio. Un reato per il quale l'America di Bush, supposto modello del nostro premier, ha appena elevato la pena fino a venticinque anni di carcere.
È o sarebbe il quadro di un definitivo squallore, di una vergognosa demolizione dello stato di diritto. Ma tocca usare il condizionale. Perché quando s'è trattato di tutelare gli affari del presidente questa maggioranza, ogni volta che sembrava aver toccato il fondo, ha ripreso a scavare.
L'approvazione della Cirami infatti serve a rinviare di alcuni mesi i processi del capo (e a gettare nel caos i tribunali italiani), eppure non basta a garantire l'impunità a Berlusconi e ai suoi collaboratori. Negli studi legali del Cavaliere, ormai trasferiti in blocco nelle aule parlamentari, già s'ipotizza di rilanciare fra breve quella legge sull'immunità totale che qualche mese fa non è passata per i dubbi di An e della Lega, tanto era sfacciatamente incostituzionale.Una legge d'impunità che rappresenta una regressione dallo stato di diritto all'assolutismo o verso le repubbliche bananiere specializzate nelle leggi ad personam.
La cultura della maggioranza reagisce davanti agli scrupoli morali e costituzionali di tanti italiani, non solo i girotondini, con una teppistica fierezza che rimanda al ventennale "me ne frego". Così come vengono dileggiati i fessi che si sono indignati per l'indecente spettacolo offerto dai "pianisti" della maggioranza in Senato, durante l'approvazione della Cirami.
Con un'arroganza eversiva che ha costretto uno come Giulio Andreotti, forse non accusabile d'estremismo, a ricordare che "gli operai che timbrano il cartellino per i colleghi vengono licenziati". Ma appunto, la legge non è uguale per tutti.
Che cosa accadrà ora? Approvata la Cirami, l'avventura del governo Berlusconi è giunta a una svolta. Con il salvacondotto per i processi di Milano, il governo Berlusconi ha portato a termine il suo programma reale, che naturalmente non aveva nulla in comune con le panzane elettorali. Gli affari del presidente sono salvi e garantiti per il futuro. Rogatorie, falso in bilancio e Cirami rendono impossibile o improbabile la fine dei processi al gruppo Berlusconi, cominciati dieci anni fa, dunque ben prima della "discesa in campo". La riforma televisiva del fido Gasparri e la rottamazione in corso della Rai, ad opera dei vertici nominati ad Arcore, santificano il conflitto d'interessi e il dominio sulla comunicazione.
La questione della maggioranza è ora che fare rispetto ai problemi concreti del Paese, finora esclusi dall'orizzonte governativo. Efficiente e compatta nell'approvare leggi a uso del presidente e del suo clan, la maggioranza si è rivelata debole e divisa nell'elaborare risposte alla crisi economica. Il quadro è nero ovunque ci si volti a guardare: la produzione industriale cala, l'export tracolla, la ripresa si allontana. Le soluzioni giuste o sbagliate che il governo ha strombazzato per mesi, non si sono tradotte in nulla di serio. I lavori pubblici sono al palo, le riforme in alto mare, gli sgravi fiscali rimangono una favola. La finanziaria pare sin d'ora insufficiente, tanto che dalla maggioranza si sono levate molte critiche e si dà per scontata la necessità di una manovra aggiuntiva. Berlusconi, in questo caso, sta adottando con l'opinione pubblica la stessa tattica usata per il condono. Prima negare con forza e sdegno ("giammai!"), poi ammettere con riserva ("Speriamo di no"), infine presentare il fatto compiuto perché "non si poteva fare altrimenti". Tanto gli alibi si trovano sempre, con tutti quegli avvocati in Parlamento.
Nella difficoltà estrema del passaggio, Berlusconi può tuttavia contare come sempre sull'aiuto dell'opposizione che naturalmente si è divisa anche ieri. La Margherita di Rutelli sembra aver elaborato una strategia che coniuga il massimo di antiberlusconismo politico (legge Cirami, conflitto d'interessi) con il massimo di moderazione sociale (articolo 18, riforma pensionistica). Una strategia che crea gravi difficoltà e imbarazzi alla dirigenza "riformista" dei Ds, incapace di comunicare una linea altrettanto chiara e per giunta ossessionata dall'ombra di Sergio Cofferati.


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