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Repubblica-Uno Stato, venti scuole diverse la devolution sale in cattedra

DOSSIER Uno Stato, venti scuole diverse la devolution sale in cattedra Bossi vuol dare alle Regioni il potere di integrare le materie Ai governatori anche l'organizzazione del personale docent...

26/11/2002
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la Repubblica

DOSSIER
Uno Stato, venti scuole diverse la devolution sale in cattedra

Bossi vuol dare alle Regioni il potere di integrare le materie
Ai governatori anche l'organizzazione del personale docente
L'Ulivo lancia l'allarme: "Salterà il diritto all'istruzione, pagheranno le famiglie". La Lega: "Vogliamo solo valorizzare la cultura locale"
MARIO REGGIO

ROMA - Che ne sarà della scuola italiana se dovesse passare la devolution? Il centro-sinistra prevede una catastrofe: "L'impianto statale dell'istruzione verrà smantellato. Si trasferiscono alle Regioni, in materia di legislazione esclusiva, l'organizzazione degli istituti scolastici e di formazione e la loro gestione, nonché i programmi di studio - afferma la senatrice della Margherita Albertina Soliani -. Salterà il diritto soggettivo all'istruzione, e ogni Regione investirà in base alla propria ricchezza. Quelle povere dovranno vedersela da sole e pagare lo sfascio saranno gli studenti e le famiglie".
Ma andrà veramente così? Guido Brignone, senatore, l'esperto di scuola della Lega, getta acqua sul fuoco e assicura: "Lo Stato deve avere competenza sulle finalità della funzione educativa, la valutazione dei docenti e degli studenti, rispettando la piena libertà d'insegnamento. C'è invece bisogno di valorizzare la cultura locale, un punto su cui era d'accordo anche il ministro dell'Ulivo Luigi Berlinguer. Gli insegnanti potrebbero passare sotto la gestione regionale. Come la ripartizione dei docenti e del personale non può essere più appannaggio dello Stato. Nella scuola occorre più flessibilità. Le proteste vengono da chi ha poltrito fino ad ora e non vuole lavorare di più".
Cosa cambia in realtà? La modifica del Titolo V della Costituzione approvata dal centrosinistra prevede la legislazione esclusiva dello Stato sulle norme generali. Le Regioni hanno competenza esclusiva sulla formazione professionale mentre contribuiscono, per alcuni aspetti, ad esempio l'obbligo scolastico, con la legislazione concorrente ai principi fondamentali stabiliti dallo Stato. Con il ddl Bossi, le Regioni avranno la competenza esclusiva su "organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione; definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione".
La contrapposizione frontale sugli effetti della devolution scolastica attraversa anche il mondo scientifico. Benedetto Vertecchi, ordinario di Pedagogia sperimentale a Roma III, stronca senza appello la riforma Bossi: "Forse hanno in mente il sistema tedesco, dove la scuola è competenza dei lander, ma la formazione professionale è unitaria. In Germania è il frutto di una stratificazione storica: lo stato federale è nato da un'aggregazione di regioni preesistenti che avevano già un sistema di istruzione. In Italia, al momento dell'unificazione, le scuole erano pochissime e l'analfabetismo dilagava. La devoluzione è comunque un siluro alla proposta di riforma del ministro Moratti".
Positivo il giudizio di Giuseppe Bertagna, pedagogista all'università di Bergamo, esperto di spicco nello staff del ministro dell'Istruzione: "Con l'assegnazione di competenze esclusive alle Regioni si esce finalmente dagli equivoci creati dalla legislazione concorrente con lo Stato. Anche sui programmi scolastici è necessario sgombrare il campo dalle inesattezze: nella sperimentazione in corso è già prevista, ad esempio, l'intensificazione territoriale. Vuol dire che, in Lombardia, quando si arriverà ad affrontare la Rivoluzione francese verranno approfondite le implicazioni che questa ha creato in quella regione". Non la pensa così Enrico Panini, segretario nazionale della Cgil scuola: "È una scelta grave e sbagliata. Il governo intende frantumare l'unità del Paese e ridurre la scuola al servizio degli interessi delle diverse maggioranze regionali".


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