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Repubblica-TORNA L'AVVIAMENTO SIMBOLO DELL'ITALIETTA

TORNA L'"AVVIAMENTO" SIMBOLO DELL'ITALIETTA Fino al '62 era la scuola costruita su misura per i figli dei poveri NELLO AJELLO Rieccolo, l'"avviamento al lavoro", modesto avanzo di un'It...

14/03/2003
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la Repubblica

TORNA L'"AVVIAMENTO" SIMBOLO DELL'ITALIETTA

Fino al '62 era la scuola costruita su misura per i figli dei poveri
NELLO AJELLO

Rieccolo, l'"avviamento al lavoro", modesto avanzo di un'Italietta che pareva imbalsamata. Esso si affaccia nei progetti del ministro Letizia Moratti. Anche se ora si chiama "formazione professionale", saltano agli occhi le sue somiglianze con ciò che le generazioni meno giovani conservano - senza troppo inorgoglirsene - nella memoria. E ne percepiscono il profumo stantio.
Abolito una prima volta dal ministro Bottai nel 1939-40, l'avviamento al lavoro fu di nuovo cancellato nel 1962 con l'istituzione, come la si chiamò allora, della "scuola media unificata". Era stato sempre considerato il parente povero dell'istruzione. Portava il segno di un'inferiorità sociale. I ragazzini-bene, figli di professionisti e in attesa di diventarlo a loro volta, frequentavano un corso di studi nel quale le discipline classiche, italiano, latino, storia, filosofia, la facevano da padrone. L'avviamento al lavoro era costruito su misura per "gli altri", per coloro che un lavoro dovevano trovarselo nella giungla della vita, e in vista di ciò provavano ad esercitarsi con torni e frese. Già lo stesso evocare il lavoro in un luogo di studio sembrava un titolo di distinzione alla rovescia. Tra i ragazzi che frequentavano le medie e quelli destinati fin dalla scuola ad avviarsi al lavoro c'era un po' la differenza esistente fra gli allievi di Eton (sia pure in un'ottica nostrana) e i piccoli eroi del "Cuore" di De Amicis.
Adesso la notizia è la seguente: niente paura, la scuola di domani potrà ancora contare su un canale a bassa qualificazione riservato ai poveracci. Eccola emergere da quel "pacchetto Moratti", che si ama celebrare come la prima riforma organica della scuola dopo quella firmata ottant'anni fa da Giovanni Gentile. Nei fatti, rispetto allo slogan che decanta le avveniristiche tre "i" berlusconiane - Inglese, Internet, Impresa - questa scuola morattiana segna, figuriamoci!, il precipitare dalle alture della poesia nelle valli della prosa. Se c'è infatti qualcosa che distingue gli orientamenti dell'attuale ministro dalla mai attuata riforma Berlinguer, è l'abolizione di alcuni tratti positivi di quest'ultima. Essa contemplava ad esempio per gli studenti che avessero concluso la scuola primaria - la quale, in quel progetto, durava sette anni - un ulteriore biennio unico: sia per chi avrebbe poi scelto la formazione professionale, sia per chi avrebbe frequentato il liceo. Di fronte a questo bivio, i ragazzi si sarebbero trovati a un'età sia pur lievemente più matura e con una base meno aleatoria di cultura generale.
Si torna dunque all'antico. Non a caso, durante la campagna elettorale del 2001, il presidente di An Gianfranco Fini promise, fra la costernazione dei tecnici della scuola, che in caso di vittoria il centro-destra avrebbe ripristinato l'avviamento al lavoro. Una speranza parrebbe lecita: che il ripiegare su vecchie usanze garantisca per lo meno l'efficienza connessa a un precedente rodaggio, e non risulti troppo dispendioso. Non sembra il caso delle riforma Moratti. La formazione professionale di cui parliamo passa attraverso il trasferimento alle Regioni dei tradizionali Istituti Professionali di Stato, i quali nel vecchio assetto funzionavano molto bene - domani, chissà? - ed erano frequentati dal 30 per cento di tutti gli allievi delle scuole superiori.
Non basta: le idee ventilate da Letizia Moratti - soltanto abbozzate in una legge quadro appena approvata dal Parlamento - costeranno caro. Si sa che anche segnare il passo da fermi può implicare uno strapazzo. Basti solo pensare allo sforzo per rifare i programmi e all'immancabile spinta a creare nuovi laboratori per gli "avviandi al lavoro" del Terzo Millennio. C'è quasi da augurarsi che alla fine Tremonti - come già ha minacciato - dica no.


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