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Repubblica-Se questo è un ministro-di Giorgio Bocca

IL MINISTRO della Giustizia Roberto Castelli conosce l'arte della provocazione: si presenta davanti ai microfoni con il suo faccino da "Monsu' Travet", umile e fedele servitore dello Stato, fa un sorr...

14/09/2002
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la Repubblica

IL MINISTRO della Giustizia Roberto Castelli conosce l'arte della provocazione: si presenta davanti ai microfoni con il suo faccino da "Monsu' Travet", umile e fedele servitore dello Stato, fa un sorrisetto impacciato e a voce bassa con l'aria di parlare delle previsioni del tempo o di qulche altro luogo comune dice cose che non stanno né in cielo né in terra, e intanto gli si accende negli occhi un sorrisetto compiaciuto: "Sentito? Io quel che ho da dire lo dico. Voi di sinistra, dopo aver scatenato la piazza a Genova, al Palavobis di Milano e con i girotondi, ora cercate di fomentare la rivolta nelle carceri perper creare delle difficoltà al governo. Io ingegnere Castelli da Lecco sono fatto così quel che devo dire lo dico: voi fomentate la rivolta nelle carceri".
Il capo del governo è a New York, impegnato nella grande politica internazionale e anche se fosse qui, secondo un suo metodo sperimentato, prenderebbe le distanze, lascerebbe a Castelli la responsabilità di simili dichiarazioni. Li ha scelti e addestrati per questo, tener viva nel paese una tensione da guerra fredda, convincere il moderatismo italico che il nemico comunista è sempre pronto a colpire.
Quando su un grande giornale un disegnatore satirico, come si autodefinisce, commemora la tragedia delle due Torri trasformandone una in un braccio che tende il pugno chiuso dei comunisti al cielo per far capire l'origine sempiterna del terrorismo, si ha una idea di quanto sia diffuso, voluto, apprezzato questo maccartismo delirante. I provocatori si alternano nel loro viscido mestiere, in gara fra di loro a chi è più pronto alla diffamazione degli avversari.
ppena nel Paese si ristabilisce un minimo di rapporto civile e ragionevole partono con i loro attacchi esagerati, assurdi, non sostenibili ma capaci di tener vive le paure e le rabbie su cui si regge questa loro destra composita e impari ai problemi reali del paese. Chi non sa che lo stato delle carceri è a un livello esplosivo, che le condizioni dei carcerati non sono da paese civile, che la vita negli istituti penitenziari superaffollati è un inferno? Ma il ministro della Giustizia finge di ignorarlo, non ha il coraggio di assumere le responsabilità sue e del governo, tira fuori dalla sua testolina di Monsù Travet la scusa ridicola della sinistra che fomenta la rivolta dei carcerati. Ignora che fu la sinistra negli anni di piombo a respingere il tentativo dei Nap di usare la rabbia carceraria per il terrorismo.
I provocatori alla Castelli servono a tenere viva la tensione e a far dimenticare l'incapacità di governo. In altri tempi l'attuale presidente del Consiglio definì Bossi uno sfasciacarrozze e affermò che con lui era impossibile ogni accordo governativo. Ma ora ne ha bisogno per tenere in piedi la coalizione e, usa i leghisti per i ministeri più esposti, gli fa persino qualche concessione balorda sull'immigrazione. Ma governare sul filo dei ricatti non è cosa semplice, l'acqua sporca trova sempre il modo di uscire, un Parlamento ormai abituato al peggio deve sentire un parlamentare come il magistrato Mancuso affermare che il nostro presidente del Consiglio non è un uomo libero ma - in sostanza - uno che viene ricattato dal suo avvocato di fiducia, l'onorevole Previti. La contraddizione insuperabile del berlusconismo è la sua pretesa di riformare lo Stato distruggendolo, di fare delle riforme vere e propire controriforme, di cooptare nell'amministrazione coloro che vogliono usarla ai loro fini personali.
Da quando questo Castelli sta in via Arenula, il mondo della giustizia è stato in perpetua fibrillazione. Un presidente del Consiglio minimamente attento al funzionamento dello Stato lo avrebbe già rimandato ai giochi celtici del lancio della pietra e alle "polente taragne".
La sinistra accusa Castelli di essere un estremista. Forse lo è nella involontaria comicità di quando dice che nelle carceri italiane "si vive come in un grand hotel" o di quando critica l'attenzione della sinistra al problema carcerario con delle minacce da tirannello: "Sto verificando che c'è una offensiva sulle carceri pesantissima tesa a creare malcontento nei penitenziari. Attenzione, stanno giocando con il fuoco. Richiamo tutti a un senso di responsabilità. Vorrei che la sinistra mi smentisse, che dopo i moti di piazza della Cgil non pensasse all'arma della rivolta nelle carceri". E queste dichiarazioni insensate le rilascia durante un consiglio europeo sulla giustizia a Copenaghen.
Un ministro che si è recato in devoto pellegrinaggio nell'isola di Cavallo a salutare i Savoia che nell'isola si esercitavano al tirassegno: ma dove li trova il Bossi arnesi di questa forza?
GIORGIO BOCCA


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