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Repubblica-Questa riforma dell'università renderà legge il malcostume

L'INTERVENTO Questa riforma dell'università renderà legge il malcostume Giusto denunciare gli scandali senza però diventare benevoli verso interventi diretti a colpire la ...

01/07/2005
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la Repubblica

L'INTERVENTO
Questa riforma dell'università renderà legge il malcostume
Giusto denunciare gli scandali senza però diventare benevoli verso interventi diretti a colpire la "classe arrogante" dei docenti
MICHELE CAMPITI


Negli ultimi mesi Repubblica Bari ha rivendicato direi con orgoglio l'analisi di alcune irregolarità ritenute endemiche al mondo universitario, articolando una serie di interventi quasi quotidiani su compravendita degli esami e concorsi truccati. Preciso subito di non ritenere strumentale l'insistenza su tali temi e di credere che una costante pressione induca comunque maggiore sorveglianza e minori tentazioni. Tuttavia il malcontento è talmente diffuso da legittimare la speranza che questo sistema venga al più presto smantellato e la benevola predisposizione verso qualsiasi riforma che tolga alla classe arrogante dei docenti la possibilità di commettere ulteriori soprusi. Ebbene, se si chiede oggi a un universitario quale sia il malessere più avvertito, sono sicuro che la risposta non possa essere il malcostume, ma derivi invece dallo stato ormai perenne di agitazione dei docenti e dei ricercatori universitari sul proprio ordinamento giuridico e per il quale proprio in questi giorni in alcune sedi si è arrivati allo sciopero della fame. Le recenti disposizioni legislative approvate alla Camera il 16 giugno cancellano il ruolo dei ricercatori e vanno nella direzione di cancellare anche quello dei professori. Il testo approvato alla Camera è molto più pericoloso di tutti gli esami venduti e tutti i concorsi truccati: accontenta solo alcune lobbies mentre tutte le organizzazioni, comprese la Conferenza dei rettori, il Consiglio universitario nazionale, le associazioni sindacali, quelle dei docenti, del personale tecnico-amministrativo e praticamente tutte le strutture universitarie compresa l'Accademia dei Lincei, tradizionalmente impenetrabile, hanno dichiarato la propria contrarietà. Nonostante questo, l'iter legislativo va avanti e, tra l'indifferenza generale, il testo della riforma è approdato al Senato. Si sta cercando, nello stile ormai tipico del nostro governo, di approvare il tutto in fretta e furia, per evitare che le prevedibili proteste ed i conseguenti disagi non possano essere più sottaciuti dopo l'estate all'inizio dei nuovi corsi. Così, mentre il ministro Moratti annuncia con conduttori compiacenti falsi dati sui finanziamenti all'Università, smentiti dall'analisi dettagliata diffusa dal senatore Ds Luciano Modica, il Senato si accinge a discutere una legge che promuove a professore aggregato oltre 40mila persone senza alcun concorso e che prevede una quota di posti finanziabili dalle aziende e quindi da esse gestibili; la previsione è di assistere alla promozione diretta di tutti i tecnici laureati, gli assistenti, gli stabilizzati ed anche di dirigenti aziendali esterni a professore universitario aggregato, senza alcun rischio di incappare nelle indagini su concorsi truccati e senza alcun onere per la finanza pubblica, con conseguente collasso delle possibilità finanziarie dei singoli atenei. Le porte dell'Università si chiuderebbero invece definitivamente ai giovani migliori ai quali viene richiesto, per accedere ai concorsi, un precariato di sei anni dopo altri quattro di dottorato di ricerca. Il sistema universitario verrà minato alle sue basi; in compenso non sentiremo più parlare di malcostume in quanto non vi sarà la necessità di truccare le carte.
professore ordinario dell'Università di Lecce


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