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Repubblica-Nubi in vista sulla formazione degli insegnanti

la nuova riforma Nubi in vista sulla formazione degli insegnanti E' sicuramente uno dei mestieri più difficili e delicati se non altro perché contribuisce, insieme alla famiglia, ad educare ...

09/09/2003
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la Repubblica

la nuova riforma

Nubi in vista sulla formazione degli insegnanti

E' sicuramente uno dei mestieri più difficili e delicati se non altro perché contribuisce, insieme alla famiglia, ad educare e formare il futuro cittadino. Eppure il ruolo degli insegnanti, oltre ad essere sottovalutato, fino a qualche tempo fa è stato lasciato alla mercé dell'iniziativa personale. "Quale insegnante delle materne, elementari o superiori non ha vissuto il panico del primo giorno di scuola? '#8212; si chiede Enrico Panini, segretario generale della Cgil Scuola '#8212; Il 99 per cento dei professori ha varcato la soglia di una classe senza avere alle spalle alcun corso di formazione che gli permettesse di avere gli strumenti adeguati per insegnare. In passato, infatti, bastava il diploma rilasciato dall'Istituto magistrale per insegnare nelle scuole materne eelementari mentre occorreva la laurea per la cattedra nelle medie e superiori. Soprattutto in quest'ultimo caso spettava al diretto interessato gestire in piena autonomia gli aspetti didattici, psicologici e pedagogici dell'insegnamento".
La svolta, almeno sulla carta, si consuma nel 1990, quando una nuova legge sancisce l'obbligo per gli insegnanti delle materne ed elementari di conseguire una laurea e l'obbligo per i docenti delle superiori di frequentare una scuola biennale di specializzazione. In verità, per concretizzare i buoni propositi bisognerà aspettare il 1998 '#8212; nasce il Corso di laurea per la Formazione Iniziale '#8212; e il 1999 '#8212; con l'istituzione delle Scuole di specializzazione. Da pochi anni, dunque, è stato affidato all'università il compito di preparare gli insegnanti anche se ambedue i piani formativi implicano uno stretto rapporto con il sistema scolastico. Nello staff universitario sono infatti presenti gli insegnanti in servizio, detti anche supervisori. Una collaborazione scuola e università che, almeno fin qui, sembra aver funzionato. Il ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Letizia Moratti, intende rivoluzionare lo stato delle cose. "Modifiche a tale sistema sono imminenti ma non ancora operanti '#8212; spiega Giunio Luzzatto, presidente della Conferenza nazionale dei centri universitari di ricerca didattica (Concured) '#8212; La legge delega 53 proposta dal ministro e approvata all'inizio del 2003 dispone la sostituzione di entrambe le strutture didattiche con Lauree specialistiche biennali da conseguire dopo la laurea. Trattandosi di una leggedelega le indicazioni sui corsi da attivare, l'effettiva operatività ma anche le caratteristiche essenziali, sono del tutto generiche. I decreti delegati non sono stati neppure ancora formulati".
Il timore è che con la nuova riforma, scuola e università, tornino a seguire strade separate. Non è un mistero che parte del mondo accademico ha finora mal tollerato o emarginato la figura degli insegnanti negli atenei. "Tutta la riflessione pedagogicodidattica ha dimostrato che la politica dei due tempi, prima mi formo e poi agisco, non funziona. Ci deve essere contemporaneità tra formazione teorica e azione sul campo '#8212; sostiene Elsa Del Col, supervisore di tirocinio alla Statale di Milano e docente all'ITC SchiaparelliGramsci '#8212; Rompere questo legame è tornare a credere che solo studiando si diventi un buon insegnante. A me pare ci sia un diffuso scetticismo e spregio per gli aspetti didattici e pedagogici, negli universitari ma anche nella società in genere. La convinzione generale è che chi sa è anche capace di insegnare. Una formula sbagliatissima che, in definitiva, inquadra la didattica come una perdita di tempo". Un rischio condiviso dal presidente del Concured, Giunio Luzzatto: "Temo che il nuovo decreto, oltre a ricreare il vecchio squilibrio a favore dei soli contenuti a spese della didattica, determini la fine del rapporto di collaborazione con la scuola, elemento essenziale delle strutture formative di questi anni. L'università non può fare questo tipo di formazione da sola ma con gli insegnanti che hanno esperienza sul campo".
(el.mir.)


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