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Repubblica-Luniversità è in pericolo la nostra protesta sarà dura

'INTERVISTA Piero Tosi, presidente della Conferenza dei rettori: "Fronte compatto, auspico il dialogo" "'Luniversità è in pericolo la nostra protesta sarà dura" Errori ...

18/09/2003
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la Repubblica

'INTERVISTA
Piero Tosi, presidente della Conferenza dei rettori: "Fronte compatto, auspico il dialogo"
"'Luniversità è in pericolo la nostra protesta sarà dura"
Errori sì ma anche risultati molto positivi
MARIO REGGIO


ROMA - "Questa è una fase delicata per le università. È in ballo la loro storia secolare, l'autonomia conquistata negli scorsi anni, è in gioco la possibilità concreta di sopravvivere. Non c'è distinzione tra la caparbia volontà di trovare soluzioni per evitare che il sistema universitario si sfasci e la ferma e dura protesta che nasce quando la snervante mediazione non ha effetti. In sostanza se la risposta è dura è perché vogliamo risolvere i problemi che affliggono l'università".
Piero Tosi, presidente della Conferenza dei Rettori, non nasconde la sua amarezza, dopo l'annuncio del ministro Moratti di aver preparato un decreto che metterebbe la parola fine all'autonomia degli atenei.
È stato lei a creare la commissione dei sette intellettuali?
"Certo. Ho chiesto a questo gruppo di docenti universitari e intellettuali di ragionare sull'università del futuro. Poi loro hanno deciso di rendere pubbliche le loro riflessioni. Un passo di grande importanza in un momento cruciale per il sistema universitario".
Condivide le loro conclusioni?
"Faccio mia la loro lettera al ministro. I firmatari sono intellettuali con culture e percorsi diversi, ma sono giunti alle medesime conclusioni. La faccio mia perché non è una difesa pedissequa di interessi corporativi. La lettera infatti contiene elementi di critica nei confronti di alcuni risultati dell'autonomia. Ma una cosa è correggere i difetti, altra cosa è credere di poter toccare il cuore dell'università. A questo tentativo tutti insieme ci ribelliamo".
I rettori sono d'accordo?
"Siamo compatti. Sul da farsi deciderà l'assemblea generale".
È a rischio l'autonomia degli atenei?
"Non è un problema formale, ma di sostanza. Una questione di principio. L'autonomia è stata conquistata dieci anni fa, il suo cammino è stato faticoso, e il suo percorso è stato caratterizzato da luci ed ombre. Il bilancio parla di risultati molto positivi ma anche di errori nella gestione degli atenei".
Quelli positivi?
"Il primo è che il sistema universitario è riuscito a mantenersi nei limiti delle norme sul fabbisogno finanziario. Con l'autonomia è cresciuto il numero dei giovani laureati. È calata notevolmente la percentuale degli studenti che abbandonano i corsi: siamo passati in pochi anni dal 70 per cento al 47. Abbiamo intrapreso un cammino difficile ma positivo, un percorso che non può essere interrotto per correggere alcuni errori annullando l'autonomia delle università. Nessun ateneo è disponibile a rinunciare all'autonomia di gestione, ai progetti didattici".
C'è un tentativo di centralizzare il sistema?
"Centralizzare l'università è andare contro la storia. Abbiamo chiesto da tempo che si crei un sistema di valutazione che sulla base dei risultati elabori interventi di riequilibrio, programmatori, incentivanti o punitivi. Ma lo Stato deve decidere se l'università è un bene pubblico da salvaguardare oppure no. Spero di poter riprendere un dialogo costruttivo con il governo, il bene del Paese lo richiede".


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