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Repubblica-Le spallate del cavaliere-di Giorgio Bocca

DICONO che sono un dittatorello, ma io vado avanti per la mia strada", dichiara Silvio Berlusconi. È quanto si era previsto mesi fa quando per la prima volta si parlò di dittatura morbida, di regime...

05/02/2003
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la Repubblica

DICONO che sono un dittatorello, ma io vado avanti per la mia strada", dichiara Silvio Berlusconi. È quanto si era previsto mesi fa quando per la prima volta si parlò di dittatura morbida, di regime cesarista e da più parti, anche della sinistra, ci si lamentò delle esagerazioni massimaliste, delle esagerazioni che puntualmente si stanno avverando e, a volte, vengono addirittura superate.
Rifacendosi a storie recenti si disse che l'offensiva antidemocratica avrebbe mirato, come anni fa, come sempre a tre obiettivi principali: il Parlamento, l'informazione, la magistratura: la conquista elettorale, legale e numerica del Parlamento si è trasformata in un attacco alla Costituzione, le riforme in controriforme. Il tutto secondo il metodo adottato da tutti i "cesarismi in fieri" di non dar tregua agli avversari, di "lavorarli al corpo" come si dice in gergo pugilistico per fare capire a loro e al Paese che ogni resistenza è inutile, che il margine di potere acquistato con le libere elezioni giustifica ogni sopruso, ogni violazione della legge fondativa della Repubblica.
Si era facili profeti quando chi conosceva il signor B, e il suo Dna cesarista, prevedeva la sua inarrestabile corsa al potere, la sua congenita predisposizione al regime. E nuovamente si disse che trattavasi di esagerazioni, di massimalismi suicidi. Ora sembra difficile per non dire impossibile negare che il controllo numerico del Parlamento è stato usato per ogni controriforma e che l'attacco alla magistratura è arrivato, picconata dopo picconata, diffamazione dopo diffamazione al punto di non ritorno, all'affermazione che la magistratura, in essa compreso anche il suo più alto grado, è un partito politico che complotta ai danni del nuovo padrone. Si sapeva dalla storia recente delle dittature nere o rosse che i regimi forti non nascono da un giorno all'altro ma a spallate successive, a provocazioni continue fino a quando un avversario "lavorato al corpo", svuotato di energie e di speranze, abbandonato dagli intimoriti e dagli opportunisti, non porge la testa per essere decapitato o incappucciato.
Non è accaduto esattamente questo con la giustizia? Prima c'è stato l'attacco all'avanguardia di Mani pulite, il tentativo di dividerla con la corruzione, con l'offerta di ministeri a Di Pietro e a Davigo, poi la lunga metodica offensiva degli ottanta principi del foro che, per ammissione del signor B, gli sono costati molti miliardi e adesso l'offensiva finale contro la sua autonomia, la richiesta ultimativa della divisione delle carriere, la minaccia aperta di processare i magistrati non grati, e per finire la proposta dell'avvocato Pecorella della nomina governativa dei procuratori. Il metodo della conquista autoritaria contempla anche la impudenza, la strafottenza, bisogna dimostrare alla pubblica opinione e agli avversari che il nuovo potere non ha paura né del ridicolo né dell'arrogante.
Il capo del governo "che va avanti per la sua strada" dichiara senza un minimo rossore che la Rai appena incorporata nel regime gli è ostile "sempre nelle mani dei comunisti". Lo dice mentre da Arcore le fa pervenire una cassetta dove ha registrato un suo proclama da trasmettere a reti riunite, il proclama sovversivo in cui si accusa la Cassazione di faziosità e si annuncia la nuova costituzione autoritaria. Si lamenta di un ente pubblico a cui ha imposto di licenziare i giornalisti poco graditi, di rifiutare ogni loro recupero professionale, di screditarli con proposte umilianti, che ha ridotto all'obbedienza umiliante di sponsorizzare cortigiani e adulatori e di seppellire sotto un assoluto silenzio i critici.
Ma il potere sull'informazione non si limita a queste violenze caporalesche, il dominio nel duopolio Mediaset-Rai si riflette nei contenuti, nella riduzione ad unum dei programmi tutti involgariti e spoliticizzati nei modi sperimentati dal Ministero della Cultura popolare del ventennio, gli appalti e i contratti ai servi o agli innocui.
In questa desolazione, in questa generale calata di brache ci conforta il fatto che uno dei leader del riformismo responsabile e prudente come l'on. Fassino sia stato costretto a dichiarare pubblicamente che il "lavoro al corpo" compiuto dal signor B e dalla sua maggioranza equivale a una "guerra civile strisciante che ferisce il paese ogni volta che si toccano temi delicati e nervi scoperti". Il metodo della conquista autoritaria del potere è sempre lo stesso: prima l'anarchia violenta e poi il ristabilimento dell'ordine, prima gli squadrismi, le notti dei lunghi coltelli e poi l'ordine sovrano delle magistrature e delle polizie agli ordini del padrone. Un metodo infallibile che mette d'accordo gli interessi autoritari personali e di gruppo a rendere legale la illegalità, che assolda ottanta avvocati esperti in leggi per annullare le leggi e rendere legale il delitto come è accaduto per il falso in bilancio, per le frodi fiscali, per le rogatorie internazionali, per i condoni degli abusi edilizi.
Anche questa parte del metodo funziona: convince i cittadini a star dalla parte dei ladri, dei furbi, dei voltagabbana, gli spiega che la vera libertà è quella di mentire, di diffamare, di dire e disdire, di obbedire ai potenti.


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