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Repubblica-LA SINISTRA DIVISA E LA CONTRORIFORMA

La sinistra divisa e la controriforma GIORGIO BOCCA Il riformista è buono, il massimalista è cattivo! Questo è l'anno delle riforme! Il contrario di riformista è conservatore! Sembra di ...

17/01/2003
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la Repubblica

La sinistra divisa e la controriforma

GIORGIO BOCCA

Il riformista è buono, il massimalista è cattivo! Questo è l'anno delle riforme! Il contrario di riformista è conservatore! Sembra di essere tornati ai tempi del "terzino" Serrati e del socialdemocratico Prampolini, del comunismo rivoluzionario cattivo e del socialismo democratico buono. Ma siamo nell'era Berlusconi di una democrazia autoritaria in cui quando si parla di riformismo non sarebbe male distinguere che una cosa è riformare e l'altra controriformare. Se non andiamo errati ciò che si è compiuta in questo ultimo anno non è stata una riforma ma una generale controriforma a vantaggio di chi il potere ce lo ha: legge Cirami, legge sulle rogatorie, assenza di una legge sul conflitto di interessi, condoni fiscali, rientro dei capitali dall'estero, riordino della scuola, della sanità, della televisione, con pratica integrazione fra la pubblica e la privata. Una sequenza di controriforme volte a favorire il capo del governo e le sue clientele. E sarà vero come dicono i riformatori diessini che la sinistra non ha bisogno di un Gengis Khan ma certamente ha bisogno di qualcuno che ci difenda da questa controriforma.
C'è un'altra distinzione che va fatta: non basta chiamarsi riformista per esserlo. Quando ci fu nel primo dopoguerra la scissione socialista e i governi dell'arco costituzionale passarono la mano alla lunga serie di quelli di centro i partitini che fecero da puntello della Democrazia cristiana il liberale, il repubblicano, il socialdemocratico si autodefinirono riformisti ma erano perfettamente allineati al moderatismo di De Gasperi e non era facile nella politica sociale distinguere il socialdemocratico Saragat dal reazionario Scelba. Così oggi il riformismo tipo "bicamerale" non ha fermato di un dito la deriva "cesarista di Berlusconi". E il movimentismo di Cofferati che tanto preoccupa i dirigenti Ds e dell'Ulivo non convincerà i ceti medi che sono l'ago della bilancia elettorale, ma ha risvegliato una opposizione dormiente.
Il problema della sinistra in Italia non è, come si dice, la divisione fra una sinistra movimentista e una riformista, ma che una sinistra ci sia e che faccia fronte alla minaccia attuale e reale, cioè all'attacco alla repubblica laica da parte di un cesarismo montante. Ora, a leggere i vari fogli e foglietti del riformismo, e a consultare i resoconti delle associazioni riformiste, si ritrova ben poco in concreto di ciò che si può e si deve fare per frenare una deriva autoritaria che non si arresta. Su questo non dovrebbe esserci dubbio alcuno. Da quando è tornato al potere, il blocco moderato non ha fatto altro che imporre al paese le sue controriforme: tutte regolarmente mirate agli interessi personali del presidente del governo e dei suoi clienti, nessuna al bene comune. Appaiono perciò particolarmente temibili gli inviti al dialogo, alla concordia: sono i momenti in cui parte un altro tassello controriformista, sia un trucco fiscale, sia la inchiesta parlamentare su Mani pulite.
Parlare del riformismo come di un toccasana è la peggiore delle demagogie.
La crisi della democrazia esiste in tutto il mondo avanzato e il compito dei democratici è difenderla dalle aggressioni continue del mercato e delle sue corruzioni. E par logico che la si difenda contro i suoi nemici o per lo meno con grande prudenza verso i nemici. Come si fa a fidarsi del riformismo di un governo che in un anno di potere ha messo la pubblica finanza al servizio di interessi personali o di gruppo e ha riformato la giustizia rendendola diseguale per tutti come testimonia l'intera magistratura? Come si fa a collaborare con un ministro come Castelli che pubblicamente si vanta di aver fatto una epurazione politica negli uffici giudiziari?
Questo è il tempo di una politica che resista all'economia, non il tempo di fantasticare su nuove architetture sociali e amministrative, ma di consolidare quelle esistenti. Questo è un tempo di grande prudenza nell'inserire novità affrettate in uno stato fragile, ci sono per dire molte e fondate ragioni per pensare che la varie devoluzioni più o meno secessioniste si tradurranno in guai e in sprechi. La vera riforma di questo tempo calamitoso è la difesa di quella riforma delle riforme che è la Costituzione. Non a caso, aprendosi l'anno giudiziario, il ricorso alla Costituzione dei magistrati è stato considerato dalla destra al governo come un atto sovversivo.


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