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Repubblica-La logica dello spoils system e il giuramento dei professori

La logica dello spoils system e il giuramento dei professori È in gestazione un disegno di legge dove si intacca il principio dell'inamovibilità del posto ottenuto per concorso Fatto questo è a...

17/10/2002
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la Repubblica

La logica dello spoils system e il giuramento dei professori

È in gestazione un disegno di legge dove si intacca il principio dell'inamovibilità del posto ottenuto per concorso Fatto questo è aperta la strada dell'epurazione
Imporre oggi una dichiarazione di fedeltà come fece Mussolini sarebbe assai imbarazzante Ma un'alternativa per controllare meglio i docenti è già indicata
LUCIANO GALLINO

L'epurazione in corso dei dirigenti pubblici, intrapresa dal governo per ragioni dichiaratamente politiche, induce a porsi una semplice domanda: dopo i dirigenti, a chi potrebbe toccare? Azzardo una risposta: ai docenti universitari. Dal punto di vista d'un governo che tutto sopporta fuorché il dissenso, i motivi per cercare di mettere a tacere i professori non mancano. Vi sono docenti che criticano pubblicamente il suo operato scrivendo sui pochi giornali non ancora allineati con il regime. Altri pubblicano libri di storia in cui osano affermare che la Repubblica italiana è nata dalla Resistenza, e che questa non fu una parte qualsiasi dell'Italia alla quale occasionali vicende del tempo assegnarono il ruolo di vincitrice, bensì la parte che meritava di avere la meglio per solide basi etiche e politiche. Alcuni, nientemeno, occupano il tempo libero per animare i movimenti che dall'inizio dell'anno hanno espresso la loro indignazione dinanzi alla deriva costituzionale in cui la destra sta trascinando il paese. Non si può nemmeno escludere che ve ne sian perfino di quelli che mentre fan lezione esprimono giudizi negativi su atti del governo.
Non pare quindi fuori luogo temere che qualcuno nella maggioranza stia pensando al modo di indurre i prof ad evitare di esprimere ogni forma di dissenso. Imporre loro un giuramento di fedeltà, come fece Mussolini nel 1931, suggerirebbe paragoni imbarazzanti. Un succedaneo efficace potrebbe consistere nel toccare il fondamento stesso della loro posizione istituzionale, ossia la inamovibilità dal posto - salvo gravi reati di diritto comune - una volta che esso sia stato ottenuto mediante concorso. La inamovibilità (la tenure degli anglosassoni) tanto per gli insegnanti quanto per i docenti universitari, nel sistema di istruzione pubblico, è stata in molti paesi una faticosa conquista durata gran parte dell'Ottocento e del primo Novecento. Principio ispiratore ne è stato l'intento di sottrarre l'insegnamento e la ricerca al volere sia del principe che dei politici, sia delle autorità religiose che del locale padrone delle ferriere. Sulla inamovibilità si fonda, per i professori, la possibilità di praticare giorno per giorno il primo comma dell'art. 33 della Costituzione: "L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento", in connessione inscindibile con il primo comma dell'art. 21, "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".
La possibilità che il principio della inamovibilità sia intaccato dall'attuale governo non è poi tanto remota. Risulta infatti che nel disegno di legge ora in gestazione sullo stato giuridico dei docenti universitari sia previsto che i futuri vincitori di concorso delle tre fasce non saranno assunti subito in ruolo in via definitiva, ferma la verifica dopo tre anni della loro operosità scientifica e didattica, com'è avvenuto finora. Ai nuovi vincitori verrebbe invece offerto un contratto con l'università della durata di pochi anni, eventualmente rinnovabile. Ciò non toccherebbe gli attuali professori ordinari, ma tutti coloro che faranno un concorso per passare da una fascia a quella superiore, o entrare per la prima volta nell'università. Sarebbe in tal modo avviata la precarizzazione della docenza universitaria, strumento d'elezione di controllo ideologico. Chi mai vorrebbe presentarsi con qualche peccato d'opinione dinanzi ad una commissione di nomina governativa, quando dal giudizio di questa dipende la carriera?
D'altra parte, qualcuno nella maggioranza potrebbe sostenere che se si epurano i dirigenti, non v'è motivo per non epurare anche i docenti universitari, che nella gerarchia dei pubblici dipendenti occupano pur essi un posto elevato. È lo spoils system, la pratica per cui un governo avrebbe il diritto di circondarsi di collaboratori ad esso fedeli in tutti i settori della pubblica amministrazione. Secondo gli esponenti del governo esso farebbe parte delle democrazie mature; ergo era tempo che fosse applicato metodicamente anche da noi. La realtà è ben diversa. In Usa, dove tale pratica era in uso sin dai primi decenni dell'Ottocento (sarà per giustificarla che il senatore William Marcy pronuncerà nel 1832 la frase "Le spoglie del nemico appartengono al vincitore"), esso diede origine a una tal somma di abusi, da essere sottoposto a dure critiche sin dagli anni '80 di quel secolo.
Finché il partito che vincendo le elezioni andava al governo si limitava a nominare ambasciatori di suo gradimento, o direttori delle imposte, o giudici federali, il sistema appariva ragionevole. Ma se questo veniva esteso all'ingiù, come in Usa avvenne per circa mezzo secolo, sino a includere funzionari di livello medio e basso, chi ne soffriva - diretti interessati a parte - era in primo luogo la pubblica amministrazione, a causa delle troppe nomine fatte sulla base della lealtà al partito piuttosto che della competenza. Il colpo definitivo allo spoils system inteso come saccheggio di tutti i posti possibili da parte del partito vincitore lo diede Benjamin Harrison, 23° presidente degli Stati Uniti, in carica dal 1889 al 1893. In un solo anno sostituì 31.000 direttori di uffici postali che riteneva del colore politico sbagliato, gettando così le poste americane nella peggiore crisi della loro storia. Da allora in poi, con una serie di leggi ad hoc, le nomine nella pubblica amministrazione Usa, federale e non - tranne i massimi livelli di cui si diceva - furono sempre più rigorosamente assoggettate al principio della competenza accertata sulla base di titoli e prove. La stessa espressione spoils system assunse una connotazione negativa, che conserva tuttora, per designare traffici più o meno equivoci tra i partiti e i loro sostenitori. L'introduzione per legge dello spoils system in Italia non rappresenta dunque una modernizzazione del nostro sistema politico, bensì una sua regressione.
Nel 1931 i professori universitari di ruolo che rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo furono in tutto 12 su 1.200, ossia l'uno per cento. Al presente i docenti universitari di ruolo, delle tre fasce, sono circa 50.000. Quanti sarebbero oggi quelli che si opporrebbero, se non alla richiesta di un giuramento, all'intento governativo di far saltare il principale dispositivo giuridico - la inamovibilità dal posto per ragioni politiche - che assicura a tutti la libertà di insegnamento, di ricerca e di espressione? Togliamo dal conto quelli che fanno parte per libera scelta delle forze politiche di maggioranza. Togliamone altri che per ragioni tattiche - continuare ad operare dall'interno delle istituzioni - finirebbero col cedere, pur essendo ideologicamente agli antipodi della destra di governo. Avvenne nel 1931, destando la collera di Gaetano Salvemini; potrebbe avvenire domani. Sottraiamo ancora dal totale i liberal irrigiditi nella convinzione che viviamo in un sistema politico normale, e i docenti che non capirebbero ma si adeguerebbero. Considerata l'entità del numero iniziale, coloro decisi a opporsi al progetto di un'università assoggettata al potere politico potrebbero comunque risultare alla fine alcune migliaia. Un gruppo abbastanza grande per cominciare fin da oggi a farsi sentire. Chiedendo, ad esempio, che il disegno di legge sullo stato giuridico dei docenti sia reso pubblico al più presto. Prendendo pubblicamente posizione sui rischi per le sorti della natura stessa dell'università che esso potrebbe contenere in forme più o meno esplicite. A condizione di rendersi conto che la tromba che sta suonando per i pubblici dirigenti potrebbe presto suonare anche per i docenti universitari.


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