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Repubblica.it-Epifani:un grande successo-L'importante è che passino le nostre idee

bilancio del leader Cgil: "L'importante è che passino le nostre idee" ma rimane il problema dell'unità sindacale che è sempre più difficile Epifani promuove lo sciopero "E' stato un grande succe...

20/10/2002
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la Repubblica

bilancio del leader Cgil: "L'importante è che passino le nostre idee"
ma rimane il problema dell'unità sindacale che è sempre più difficile
Epifani promuove lo sciopero "E' stato un grande successo"

TORINO - "Un grande successo": Guglielmo Epifani, il segretario della Cgil, rivede lo sciopero generale indetto ieri dal suo sindacato e non ha dubbi: "Abbiamo vinto la nostra sfida". Il successore di Cofferati parla in un'intervista a Le Monde e a Torino, alla Camera del lavoro. Dice cose diverse, ma il filo comune che le tiene assieme è quello della soddisfazione per la riuscita della protesta e della decisione di non arretrare nella battaglia con il governo sui temi di politica economica e sociale.

Epifani spiega: "L'importante è che passino le idee attorno alle quali lo sciopero è stato proclamato. Ringrazio i milioni di lavoratori e lavoratrici che con la loro partecipazione hanno contribuito alla riuscita mobilitazione. Il risultato è stato molto importante, si vedrà in futuro quello che lo sciopero sarà riuscito a conseguire. I motivi che ci hanno portato in piazza sono la richiesta di una svolta nella politica economica, nella difesa dei diritti, nella cancellazione della proposta del governo sull'articolo 18 e in un intervento per il Mezzogiorno".

Nell'intervista a Le Monde il segretario sottolinea invece le tre rivendicazioni del sindacato: "Rifiuto dei licenziamenti, sviluppo del lavoro e del paese, diritto al lavoro". Poi aggiunge che la Cgil chiede "il rinvio sine die della riforma dell'articolo 18", precisando di aver già raccolto più di quattro milioni di firme in calce al eferendum contro questo progetto.

Per quanto riguarda la crisi della Fiat, Epifani sottolinea che la Cgil "aspetta un vero piano industriale. Quello che ci è stato presentato non è credibile per uscire da questa crisi di fiducia e di investimenti, si riduce a un piano di ridimensionamento che ci fa pensare che il gruppo non crede nemmeno al proprio avvenire"

Rimane l'ombra di un'unità sindacale tutta da ritrovare. Epifani lo sa, ma ripete: "Non ho niente da replicare, niente da dire sul tema dell'unità. Vedo che molti si esercitano su questo argomento, rispondo, con assoluta pacatezza, che la Cgil ha le idee chiare anche su questo tema del rapporto tra le scelte organizzative e l'unità sindacale. La Cgil ha una propria strada e andremo avanti con la nostra testa".

Chi si augurava che si voltasse pagina, viene smentito dalle dichiarazioni dei dirigenti delle tre sigle, che confermano le rispettive posizioni: fedeltà al Patto per l'Italia da parte di Uil e Cisl - che invitano anche il sindacato di Epifani a "smettere di essere abitato dalla politica", secondo l'espressione del segretario confederale Cisl Bonanni - nessuna intenzione di accodarsi da parte della Cgil che si dichiara disponibile al dialogo ma ripartendo dalla piattaforma del 16 aprile scorso, quando si svolse l'ultimo sciopero unitario per protestare contro la riforma dell'articolo 18.

La Cgil, tramite la segretaria confederale Cantone, osserva che ci sono delle questioni aperte, come il depotenziamento del settore industriale, a cominciare dal caso Fiat, il problema del Mezzogiorno e la riforma degli ammortizzatori sociali "che ci porteranno per forza a fare delle azioni comuni, ma questo non significa che si sono risolti i problemi tra noi".

Ma il segretario della Cisl Savino Pezzotta torna alle origini della divisione: "Se dicono che sono un Giuda Iscariota e lo si dice in piazza, come si fa a ripartire? Oppure se mi imbrattano la sede, mi chiudono la porta e scrivono Pezzotta sei...., si può ripartire?". "Io sono disposto - aggiunge Pezzotta - però bisogna che qualcuno ritorni indietro dall' intolleranza che ha generato in questi mesi".

Lo stesso invito è rivolto, attraverso il riferimento allo scenario europeo, dal leader della Uil Angeletti quando indica, per evitare fratture, il modello sindacale dei maggiori Paesi europei "dove le organizzazioni si muovono in modo riformista, non massimalista e autonomo dal potere politico".


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