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Repubblica-INTERVISTA A BERTAGNA

L'INTERVISTA Giuseppe Bertagna, ispiratore dei nuovi cicli scolastici "Ma questa impasse è un danno per tutti" "Per superare i ritardi bisogna uscire dalla logica degli schieramenti, quell...

02/09/2003
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la Repubblica

L'INTERVISTA
Giuseppe Bertagna, ispiratore dei nuovi cicli scolastici
"Ma questa impasse è un danno per tutti"

"Per superare i ritardi bisogna uscire dalla logica degli schieramenti, quella che si sta giocando è una partita che interessa tutto il Paese"
"Nel bene e nel male, questa è la prima legge dell'Italia repubblicana che modifica il sistema dell'istruzione dai tempi di Gentile"
MARIO REGGIO

ROMA - Giuseppe Bertagna è direttore del Dipartimento di Scienze della formazione e della comunicazione dell'Università di Bergamo. È anche la "mente" della riforma Moratti.
Una riforma che per ora non parte.
"L'impasse non giova a nessuno. Per superare i ritardi bisogna uscire dalla logica degli schieramenti perché si gioca una partita che interessa tutto il Paese. Spero che si inauguri un modo diverso di affrontare il grande problema dell'istruzione".
Qual è la filosofia della riforma?
"La scuola italiana è sempre stata caratterizzata da un'organizzazione rigida, gerarchico-centralista, dove l'unico guidatore dell'autoveicolo era sostanzialmente lo Stato e la sua amministrazione. Con la riforma diverrà flessibile, l'autoveicolo dovrà viaggiare coordinando e armonizzando il contributo di ben quattro soggetti autonomi: lo Stato, gli enti territoriali, le istituzioni scolastiche e le famiglie".
Lei parla di quattro pilastri.
"Il primo è la consapevolezza che non esiste sviluppo economico se non c'è sviluppo sociale articolato e diffuso, solidarietà, equità, appartenenza. Ma non c'è sviluppo sociale senza un forte investimento nell'istruzione e nella formazione. Secondo pilastro: il cuore del sistema deve essere la persona. La riforma garantisce pari dignità tra la formazione professionale e l'istruzione. Fino ad oggi la formazione è stata subordinata alle esigenze del mercato del lavoro, e non alla crescita della persona. Il terzo: non esiste conoscenza che non sia etica. Quindi la riforma coniuga la teoria alla pratica, dice no al cognitivismo astratto".
E il quarto?
"È la sussidiarietà. Fino ad ora è esistita quella verticale: Comune, Provincia, Regione e Stato. La riforma aggiunge quella orizzontale che coinvolge famiglia, impresa, sindacato e associazioni di liberi cittadini".
Cosa succederà nei prossimi giorni alle elementari?
"Per il momento le scuole elementari faranno il possibile per introdurre l'inglese e l'informatica nelle prime due classi. Non due materie aggiuntive, le scuole devono fare di tutto per creare un ambiente di apprendimento, una dimensione organica".
Lei parla della prima riforma organica dopo quella Gentile.
"Nel bene e nel male, la riforma Moratti è la prima legge dell'Italia repubblicana chiamata a dettare le "norme generali" sull'intero sistema d'istruzione. Nonostante i significativi cambiamenti introdotti la politica scolastica post-fascista non ha modificato a fondo l'anatomia scritta da Giovanni Gentile e perfezionata da Giuseppe Bottai. La media unificata, l'obbligo scolastico sono state scelte importanti ma non hanno modificato l'impianto della vecchia scuola. Con la riforma Moratti salta la divisione tra "istruzione superiore", destinata alle élite, e la "formazione professionale", rivolta a chi doveva cercarsi subito lavoro. Nel futuro i due sistemi saranno interconnessi, nel senso di un'integrazione che non neghi le reciproche peculiarità, ma che partendo da pari dignità educativa e culturale riesca con i crediti formativi a rendere permeabili i due percorsi".


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