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Repubblica-Ingrao: "Se l'Italia va in guerra la Costituzione è carta straccia"

INTERVISTA "Il capo dello Stato e i presidenti delle Camere ci devono dire se l'articolo 11 sta ancora in piedi" Ingrao: "Se l'Italia va in guerra la Costituzione è carta straccia" l'appello ...

24/10/2002
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la Repubblica

INTERVISTA
"Il capo dello Stato e i presidenti delle Camere ci devono dire se l'articolo 11 sta ancora in piedi"
Ingrao: "Se l'Italia va in guerra la Costituzione è carta straccia"

l'appello L'appello di 131 parlamentari contro il conflitto in Iraq merita una risposta
ALESSANDRA LONGO

ROMA - "Che cos'è la politica se non si definisce in rapporto ai grandi temi? La guerra è uno di questi, una questione costitutiva, dirimente". Pietro Ingrao, storico leader della sinistra, già presidente della Camera, segue con inquietudine gli sviluppi internazionali. Ci sarà un attacco all'Iraq? E l'Italia del 2000, così distante dal Paese uscito a pezzi dalla seconda guerra mondiale, appoggerà la nuova filosofia americana dell'intervento militare "preventivo"? Ingrao non propone una riflessione astratta. Come Oscar Luigi Scalfaro, come altri 131 parlamentari che hanno firmato un appello contro la guerra, l'ex presidente della Camera si richiama all'articolo 11 della Costituzione. "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli...". Questo dice la nostra Carta. Si può ignorarlo? Secondo Ingrao no: "Mi rammarica il silenzio dei custodi della Costituzione, del presidente della Repubblica, dei due presidenti delle Camere. Di fronte alla linea assunta dal governo italiano, sorge una domanda aspra: l'articolo 11 sta ancora in piedi o è stato cassato, e come, e da chi?".
Presidente, così come si sono messe le cose tra l'Iraq e l'America, lei ritiene che ci troveremo presto di fronte ad una scelta interventista?
"Io ritengo che non possiamo fare quella scelta, a meno che non si sia deciso di ignorare la nostra Costituzione, di violarla. L'articolo 11 non è un dettaglio, è alle fondamenta del nostro pensiero giuridico, è stato concepito da un'Italia uscita dalle tenebre del conflitto mondiale. Dice in maniera netta, drastica, chiarissima, che il nostro Paese rifiuta il concetto di guerra offensiva e acconsente solo, con molta prudenza, ad interventi difensivi. Tutto ciò stride clamorosamente con il tipo di attacco cosiddetto preventivo proposto da Bush. Il presidente americano introduce nuove regole: io ti sospetto, dunque ti dichiaro guerra. Questo è esattamente il contrario di un atteggiamento difensivo. Come si fa allora a non parlare del contenuto dell'articolo 11?"
Però finora è andata così. Il tema dell'incompatibilità tra ciò che dice la nostra Costituzione e l'eventuale scelta italiana di schierarsi con gli Usa contro il terrorismo internazionale è rimasto parecchio in sottofondo...
"Appunto, trovo sorprendente questo silenzio. Non voglio essere irriverente, ma mi sembra persino un atteggiamento ingenuo, rispetto all'evidente necessità di discutere. Come si può pensare che un tema così dirimente possa essere ignorato, quando siamo addirittura di fronte alla teorizzazione della guerra preventiva? Credo che i cittadini vogliano sapere, capire. L'articolo 11 è carta straccia - e dunque la Costituzione va cassata - o l'articolo 11 vale ancora e, a dover essere corretta, è la posizione del governo sulla guerra? I garanti non possono sottrarsi al loro compito cruciale".
Anche i partiti, presidente, potevano prendere l'iniziativa, non le pare?
"Non c'è dubbio. Va detto che Massimo D'Alema, in un'intervista, ha riconosciuto apertamente che, con l'articolo 11, "c'è un problema". Mi aspettavo che un'affermazione del genere, fatta dal leader dell'opposizione, e non da un vecchietto fanatico come me, producesse delle conseguenze, delle reazioni. E invece nulla da luoghi di altissima responsabilità. Un nulla che mi sorprende , tanto più ora che ben 131 parlamentari hanno sottoscritto un documento contro la guerra all'Iraq. E un'iniziativa politica che dice la gravità e l'urgenza".
Da presidente della Camera, lei che cosa avrebbe fatto?
"Non si tratta di me. E' il Paese che ha diritto ad una risposta".
I tempi sono stretti, presidente Ingrao. Potrebbe anche succedere che si decida un intervento militare senza nemmeno considerare che cosa dice la nostra Costituzione.
"E' già avvenuto con le guerre balcaniche. Ma questa volta il fatto è più nuovo e clamoroso. L'America propone una guerra preventiva e la politica del nostro governo sembra in totale allineamento con questa posizione, a differenza di Francia e Russia. All'epoca della prima guerra all'Iraq, io già richiamai l'attenzione sull'articolo 11 e il suo contenuto. Ricordo ancora con piacere che ebbi il consenso di un uomo autorevole e integro come Giuseppe Dossetti. Vede, non penso che la discussione su questi temi debba avvenire solo nelle sedi istituzionali. Il dibattito deve anche allargarsi nel Paese".
Pensa che ora sarà recepito il suo appello?
"Penso che siamo sull'orlo di un conflitto. Questo è il grande tema che domina in questo momento il mondo. Affrontiamolo nelle sedi opportune e riflettiamo su quella frase: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa... Ci crediamo ancora o no?".


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