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Repubblica-Il virus dell'Ulivo

Il virus dell'Ulivo CURZIO MALTESE Gli undici segretari di base fiorentini che hanno scritto un'accorata lettera a Fassino, D'Alema, Cofferati per comunicare lo "smarrimento dei compagni ...

05/04/2003
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la Repubblica

Il virus dell'Ulivo

CURZIO MALTESE

Gli undici segretari di base fiorentini che hanno scritto un'accorata lettera a Fassino, D'Alema, Cofferati per comunicare lo "smarrimento dei compagni di fronte ai continui e sottili distinguo che si manifestano quotidianamente nei Ds, davanti a qualsiasi questione di politica interna o internazionale" sono oggi gli unici interpreti di uno stato d'animo diffuso fra milioni di elettori della sinistra. Un'infinita tristezza che non è provocata dal fatto che l'Ulivo sia diviso. A questo ormai molti sono abituati. Nemmeno deriva dalla constatazione amara che l'Ulivo è riuscito a dividersi nell'unica occasione in cui poteva contare sull'appoggio dell'ottanta per cento degli italiani, ostili all'intervento agloamericano in Iraq. La tristezza viene dal fatto che queste divisioni sono, per la stragrande maggioranza dei cittadini, incomprensibili e insensate. E quindi, se non c'è alcuna logica, allora significa che siamo di fronte a una malattia, un virus misterioso, una specie di polmonite atipica.
Non è possibile infatti che politici seri e intelligenti possano litigare su quale soluzione desiderare per la guerra in Iraq. Con tanto di feroce battaglia ideologica fra chi desidera una soluzione impossibile e chi si convince a desiderare la soluzione d'altri, che forse è anche peccato. Sarebbe allora meglio augurarsi un ictus a Saddam e l'immediato ritiro delle truppe angloamericane. Ma questa non è politica, è fiction. Come il Risiko serale di Vespa.
Una volta stabilito che la guerra dura quanto deve durare, fregandosene dei desideri di Fassino e del Correntone, si poteva almeno sperare che l'opposizione ritrovasse nel lavoro parlamentare la ragione perduta nelle chiacchiere ideologiche. Al contrario, l'Ulivo si è presentato al cruciale appuntamento con tre diversi modi di dire "no" alla guerra, tre mozioni che "desiderano" cose diverse, chi una tregua, chi il cessate il fuoco, chi l'invio di aiuti sotto i bombardamenti, e naturalmente impossibili. Nessuna che si ponga la questione centrale, il destino dell'Iraq alla fine della guerra, la scelta fra un governatorato americano o una gestione affidata all'Onu. Un punto che divide già Usa e Gran Bretagna e sul quale l'Ulivo avrebbe potuto mettere in crisi la maggioranza.
Ma soprattutto il tema più importante per l'Europa, che di questa guerra è una vittima e forse anche uno degli obiettivi principali. Era davvero meno urgente pensare al futuro europeo che regolare i conti di un misero passato prossimo? Senza contare il fastidio di assistere impotenti all'osceno festeggiamento in "morte dell'Ulivo" da parte di Bertinotti, ormai vera star delle reti Mediaset. È comprensibile allora che arrivi una lettera disperata dalla piccola provincia fiorentina, insieme a migliaia di messaggi da parte di cittadini comuni che non prendono parte perché non hanno neppure capito di che cosa si stia discutendo con tanto furore. C'è un governo che è il peggiore e illiberale della storia repubblicana, rovinoso in economia, ridicolo in politica estera, allarmante per la democrazia, la libertà d'informazione e i diritti dei lavoratori, in perenne guerra con la magistratura e per giunta ostaggio degli interessi privati del premier e dei deliri di un Bossi. Se i vari Fassino, D'Alema, Cofferati, Rutelli e Bertinotti provassero a desiderare tutti insieme di mandarlo a casa, scoprirebbero che non è così difficile. Anzi, se l'avessero desiderato prima, oggi Berlusconi non sarebbe lì.


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