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Repubblica-Il signor maestro in fuga dalla scuola

Il signor maestro in fuga dalla scuola MARCO LODOLI GLI aggiornatissimi dati della rivista Tuttoscuola ci dicono che nelle materne ci sono cinque maschi ogni mille insegnanti; nelle element...

18/02/2003
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la Repubblica

Il signor maestro in fuga dalla scuola

MARCO LODOLI

GLI aggiornatissimi dati della rivista Tuttoscuola ci dicono che nelle materne ci sono cinque maschi ogni mille insegnanti; nelle elementari la percentuale sale un po': i maestri sono il 4,8 per cento, mentre nelle medie arrivano ad essere il 25 per cento e nelle superiori il 41 per cento. Cosa significa tutto ciò? Tante cose.

ma innanzitutto ci dice che gli uomini sono in fuga dalla professione dell'insegnante, preferiscono altri mestieri, più remunerativi e prestigiosi. Così, la figura del maestro è pressoché scomparsa, pochissimi hanno la voglia e il piacere di trascorrere la loro vita correggendo dettati, insegnando le tabelline e i capoluoghi di provincia.
Quasi tutti credono che passare infinite mattinate spiegando come si scrive e come si fa di conto a bambini piagnucolosi o impacciati non sia una bella scelta. Ebbene, io invito tutti i lettori di Repubblica ad andare a vedere Essere e avere, prezioso documentario francese, forse non il capolavoro che certi critici hanno osannato, ma di sicuro una pellicola che parla al cuore e fa riflettere. In Francia ha avuto due milioni di spettatori, e anche in Italia, sebbene il film sia relegato nel circuito dei cinema d'essai, sta ottenendo ottimi risultati. Essere e avere è il resoconto di un anno di scuola in una piccola elementare di un paesetto di campagna, una classe che comprende bambini piccolissimi ed altri più grandi. Il protagonista assoluto del film è il maestro, un uomo buono e responsabile, ormai prossimo alla pensione dopo tanti anni di insegnamento.
Lui ama il suo lavoro e si vede. Ama i suoi allievi e sa come parlare con loro, con affetto ma anche, quando serve, con severità. Pretende che i bambini lo chiamino monsieur, cioè signor maestro, pretende che facciano i loro compiti fino in fondo e che siano leali. Poi li porta a giocare nella neve, d'inverno, e tra i prati fioriti a primavera, ride con loro, è complice e amico. Credo che tanti spettatori, guardando il film, avranno pensato: ma perché dieci o vent'anni fa non ho presentato la domanda per insegnare a scuola, perché mi sono fatto vincere dal sospetto che fosse un mestiere troppo modesto, ripetitivo, senza prospettive né soddisfazioni? I dati parlano chiaro: i maschi italiani sono fuggiti a gambe levate di fronte all'idea di trascorrere i loro giorni in un'aula. Li ha spaventati lo stipendio micragnoso, forse, oppure la mancanza di riconoscimento sociale che oggi ha la professione del maestro. Una volta, così ci raccontano, la gente nei paesi si toglieva il cappello quando incontrava per la strada il signor maestro. Era un uomo amato e rispettato, perché aveva forgiato le coscienze di tanti suoi compaesani: quand'erano piccoli li aveva tutti aiutati ad allacciarsi per bene le scarpe e a capire le prime cose della vita, li aveva sgridati e incoraggiati. Oggi i bambini hanno davanti a loro quasi solo insegnanti donne, che naturalmente saranno brave o meno brave come i loro rari colleghi maschi, ma che non possono ricoprire anche il ruolo che aveva il vecchio maestro.
Forse anche per questo i nostri bambini italiani appaiono spesso viziati, senza alcun senso del limite, a volte addirittura maleducati. Vogliono vogliono vogliono, e nessuno spiega loro con voce calma e ferma, con l'autorevolezza amorosa del maestro francese, che non è il caso di passare il tempo facendo capricci, gridando e pretendendo, che anche se si è piccoli bisogna fare il proprio dovere, per migliorare e crescere. Insomma, spero che presto ci sia un'inversione di tendenza, che qualche maschio italiano comprenda che non c'è posto più bello ed emozionante della scuola, e che certo sarebbe meglio guadagnare qualche euro in più, per non essere derisi da alunni sfacciati che vestono abitucci firmati e già sono abituati a pesare le persone sulla bilancia imbrogliona del successo, ma che comunque la scuola non è il rifugio dei perdenti, dei falliti, degli uomini senza ambizioni: la scuola è il luogo dove meglio si conosce e si apprezza la vita. Venite, non ve ne pentirete.


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