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Repubblica-Il presepe e i simboli della discordia

Il presepe e i simboli della discordia CORRADO AUGIAS C aro Augias, torna la domanda: presepe sì o no nelle scuole? S. Francesco allestì il presepe per "rendere più vivo a...

24/12/2004
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la Repubblica

Il presepe e i simboli della discordia

CORRADO AUGIAS

C aro Augias, torna la domanda: presepe sì o no nelle scuole? S. Francesco allestì il presepe per "rendere più vivo anche agli analfabeti il verbum cristiano". Nell'attuale scenario esiste un "supplemento di segni" che toglierne qualcuno non creerebbe alcun problema. Se a scuola si vuol fare il presepe, si faccia se è per motivo didattico (per conoscerne la storia, i testi apocrifi che lo narrano, per esercizio di manualità). Se si vuol fare per motivo folcloristico, di colore, di abbellimento, si faccia. Se invece viene chiesto un atto di fede o di culto, o se si confonde rito religioso con tradizione, allora qualcuno può obiettare. La scuola statale è laica, quindi i cattolici devono presentare i simboli religiosi con discrezione, sapendo che sono carichi di significato, quindi suscettibili di reazioni.
Benetti Sergio, Dueville.
sergiobenny@virgilio. it
C aro Augias, il presepio è un simbolo nel quale possiamo mettere significati diversi. Il ministro suggerisce che simboleggi l'amore infinito di Gesù verso l'umanità. Osservo che il presepio è anche uno dei simboli della chiesa cattolica e porta in sé la storia, buona e cattiva, di questa istituzione. Simbolo ambiguo che forse, in un momento di forte dibattito per una maggiore laicità della scuola, non è il più indicato. Non sono cattolico e non vedo come potrei trasmettere con sincerità il significato che il ministro attribuisce al presepio visto che per me ne ha altri.
Prof. Andrea Marelli
Udine
I l presepe è un concentrato di simboli e di tradizioni, si può anche ridurlo al solo amore, come suggerisce il ministro per aggirare decisioni difficili, consapevoli però che questo significa depotenziarne la carica e impoverirne la valenza religiosa. Per secoli i cristiani hanno dibattuto in quale periodo dovesse cadere il Natale. Si scelse il 25 dicembre data già adottata in precedenza da varie religioni perché coincide con il solstizio d'inverno e la `rinascita' del sole concepito da una vergine astrale. Per secoli la rappresentazione delle figure divine è stata considerata con sospetto (lo è ancora nell'ebraismo ortodosso) perché nel venerare un feticcio c'è sempre il rischio dell'idolatria. Ma l'intera simbologia del presepe è intrisa di tragedia e di elementi eversivi. Come ha ricordato monsignor Ravasi la presenza dei pastori è di per sé rivoluzionaria. I pastori erano esclusi dal tempio a causa della loro convivenza con gli animali, invece essi accorrono, gli esclusi, a venerare il dio bambino che già da questo lascia prevedere il suo futuro messaggio come Cristo. C'è la strage degli innocenti che circonda la sua nascita di sangue, presagio di quella che sarà la sua morte atroce. C'è la miseria della grotta, e di nuovo la povera convivenza con gli animali da stalla, tutti elementi ripresi da quell'altro eversore che fu Francesco d'Assisi. Tutto ciò niente ha a che vedere con il fasto e la pompa della chiesa ufficiale, tanto meno con l'orgia consumistica nella quale il Natale è stato trasformato. Questo però non ci impedisce di continuare a sperare, ad augurarci che l'anno nuovo sia migliore di quello precedente, confidando che per una volta almeno l'augurio finalmente s'avveri.


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