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Repubblica-Il fattore B esiste davvero-di E.Scalfari

CARO PERA IL FATTORE B ESISTE SUL SERIO EUGENIO SCALFARI DOMANDA di chi, avendo sguazzato per tutto il giorno nel mare schiumoso per difendersi dal solleone, è rimasto a digiuno di notizie: "Che ...

03/08/2003
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la Repubblica

CARO PERA IL FATTORE B ESISTE SUL SERIO
EUGENIO SCALFARI
DOMANDA di chi, avendo sguazzato per tutto il giorno nel mare schiumoso per difendersi dal solleone, è rimasto a digiuno di notizie: "Che cosa ha detto oggi Berlusconi?". Risposta (annoiata) di chi deve seguire le cronache politiche per dovere professionale: "Le solite cose. Ha detto che i suoi ragazzi litigano ma per fortuna c'è chi lavora anche per loro e per gli italiani".
"E poi?". "Ha detto che la legge Gasparri sul riassetto televisivo è quanto di più equilibrato e democratico ci sia nella legislazione europea (all'estero ce la invidiano, ha detto). Perciò di quella legge non sarà cambiata nemmeno una virgola. Ha detto anche che Ciampi non ha obiezioni in proposito".
"Ha detto proprio così?". "Esattamente così. Ha anche spiegato che tutto il sistema televisivo, pubblico e privato, non tralascia occasione per criticarlo. Il solo a difenderlo lealmente e pateticamente è Emilio Fede e proprio per questo i suoi nemici vogliono chiudere Rete4. Se questo avverrà, lui resterà nudo sotto il fuoco di tutti i media italiani e stranieri. Ma - ha aggiunto - non se ne rammarica, si difenderà da solo come ha sempre fatto, tanto, al di là delle chiacchiere, ci sono i risultati del suo governo a parlare: fatti contro parole, verità contro menzogne".
"E Ciampi? È rimasto zitto o ha replicato?". "Ciampi ha ribattuto che non ha mai toccato l'argomento della legge Gasparri con Berlusconi. Botta e risposta, cui è seguita la rettifica di Berlusconi: è vero, con Ciampi non si è parlato di questa legge (sottinteso: quindi non ha obiezioni)".
Le solite cose? Non direi proprio. Una novità c'è stata e non è affatto una bazzecola: il presidente della Repubblica ha deciso che non farà più il moderatore del governo, non fornirà più i suoi saggi consigli per frenarne o almeno per contenerne le irruenze legislative destinate a rafforzare l'impunità del "premier" e la monocultura del sistema televisivo che a lui fa capo. Si limiterà a studiare i testi legislativi approvati dal Parlamento; se saranno conformi a Costituzione li promulgherà con la propria firma; in caso contrario li rinvierà alle Camere motivando il suo dissenso come la Costituzione prevede.
Solite cose? Non direi proprio
L'opinione pubblica europea non ama il berlusconismo: i governi europei neppure, nonostante le pacche sulle spalle e le foto-ricordo (con o senza corna). Finora Ciampi aveva interposto tra il governo italiano e la maldisposta Europa il suo scudo di grande italiano e di grande europeo; riteneva un dovere farlo poiché con tutti i suoi errori, le sue furbizie, le sue bugie, quel governo democraticamente eletto rappresenta la nazione.
Non credo che Ciampi cesserà di svolgere questo suo alto dovere, solo che cambieranno le modalità. Non più consigli preventivi ma giudizi conclusivi. La sbarra da saltare sale di qualche centimetro e chi cade può farsi molto male anche perché nella tribuna degli spettatori partecipi e non soltanto passivi non c'è solo il pubblico italiano ma l'intero establishment europeo.
No, non erano le solite cose quelle accadute venerdì scorso.
* * *
A proposito di spettatori europei partecipi, una alta autorità istituzionale, il presidente del Senato, Pera, si è doluto per le aspre critiche al nostro "premier" da parte della stampa straniera in genere e dell'Economist in particolare. Esiste dunque un fattore B? si è domandato sconcertato il presidente del Senato con l'aria di formulare una domanda retorica cui tutti dovremmo rispondere: ma no, non esiste, chi oserebbe, e frasi consimili.
Purtroppo, onorevole presidente del Senato, esiste un fattore B non solo per una larga parte di cittadini italiani ma anche per una parte cospicua di cittadini europei.
Non desidera anche Lei che l'Europa sia la nostra nuova patria accanto all'Italia e al Comune? Non abbiamo una carta di cittadinanza europea? Non esiste un'autorità europea che adotta risoluzioni valide in tutto il territorio dell'Unione? Non eleggiamo i nostri rappresentanti al Parlamento di Strasburgo? Non abbiamo rinunciato alle nostre monete nazionali in favore d'una moneta unica emessa e regolata da un'unica Banca centrale? Sui palazzi del potere non sventola, accanto alla bandiera nazionale, quella dell'Europa? Non ci accingiamo a varare una Costituzione europea? E Lei, onorevole presidente del Senato, considera scandaloso che vi siano giornali europei che criticano il "premier" italiano e non nascondono il loro allarme per l'immensa anomalia di cui egli è portatore? (Oggi tra l'altro il titolare dell'anomalia è anche il presidente di turno dell'Unione, quindi la questione B riguarda direttamente ciascuno dei 15 paesi dell'Unione e i 10 che ne faranno parte tra poco).
Se ne stupisce, signor presidente del Senato? E se, in queste condizioni così anomale si verificasse anche la denegata promulgazione d'una legge che reca benefici enormi al patrimonio privato del "premier", quale pensa che sarebbe la reazione dell'opinione pubblica europea e dei governi che la rappresentano? Ci pensi attentamente, presidente Pera, e cerchi di essere istituzionalmente neutrale come la sua carica le impone.
* * *
E la sinistra, nel frattempo? "Oh, la sinistra...!". Ti guardano scuotendo la testa sconsolati i campioni del colpo al cerchio e alla botte, i professionisti dell'equilibrismo mediatico. Qualcuno si spencola perfino a dire "Se ci fosse un Nenni...", qualcun altro mormora con voce fievole ma percepibile "Se ci fosse un Craxi...".
"La sinistra" scrivono a tutte lettere "non riesce neppure ad esprimere un leader che si contrapponga a Berlusconi, per tentar di vincere deve rifugiarsi dietro alla faccia rassicurante di Romano Prodi. Dunque che sinistra è?".
Ecco fatto, da una parte il fattore B, dall'altra il fattore S, e siamo serviti, guelfi e ghibellini, le solite cose ma non tanto solite perché qualche cosa si sta muovendo.
Prodi da Bruxelles ha lanciato una proposta o se volete un sasso nello stagno: una lista unica dell'Ulivo alle elezioni europee della prossima primavera. Il segretario dei Ds, Piero Fassino, ha risposto sì, il presidente della Margherita, Francesco Rutelli, ha anche lui risposto sì, il segretario dei socialisti idem. Ci sono resistenze all'interno dei due partiti maggiori dell'Ulivo e più ancora tra i Verdi, i Comunisti italiani, Mastella non è d'accordo, De Mita neppure. Bisogna discuterne, c'è un anno di tempo e non si può arrivare all'ultimo mese utile, occorre decidere prima.
Rutelli ha fretta e rilancia: "Chi ci sta ci sta". Capisco le buone intenzioni ma a volte la fretta è cattiva consigliera. L'operazione proposta da Prodi ha un senso se allarga l'Ulivo alla società civile oltre che ai partiti. Lo slogan frettoloso del "chi ci sta ci sta" rischia di restringere, non di allargare. Se l'operazione dovesse ridursi a un paio di mezze sigle risulterebbe in perdita secca. Ma la provocazione prodiana va portata avanti con tenacia, per includere non per escludere.
Un punto comunque è stato acquisito: tutto l'Ulivo vuole Prodi candidato allo scontro politico del 2006. Che si faccia o non si faccia la lista unica alle elezioni europee, il primo risultato è raggiunto: "Prodi for president".
Il fattore S impedisce alla sinistra di correre in proprio? Mettiamola in un modo più esatto: Prodi copre un ventaglio di consensi che va dai moderati scontenti dell'armata Brancaleone fino a Di Pietro, ai girotondisti, ai giovani del volontariato laico e cattolico, a Sergio Cofferati, passando ovviamente per i Ds e la Margherita.
Il programma è chiaro fin d'ora. Una visione dell'Europa soggetto politico forte, con istituzioni forti, con confini delimitati, alleata dell'America con pari dignità e non in condizioni di subalterno vassallaggio.
Un nuovo stato sociale consono alle nuove modalità del lavoro, che protegga meglio la flessibilità e impedisca che il precariato dilaghi in un mercato senza regole.
Un ordinamento giudiziario capace di soddisfare in tempi rapidi la domanda di giustizia, oggi scandalosamente impantanata.
Una scuola pubblica che sia luogo di formazione permanente sia per i discenti che per i docenti.
Un sistema sanitario pubblico con prestazioni standard e punte di eccellenza. Una politica economica di sviluppo, incentivata negli investimenti strategici e sgravata dai costi impropri dell'assistenza, da finanziare con la fiscalità generale. Il pluralismo vero delle fonti d'informazione e un servizio pubblico televisivo sotto l'egida d'un comitato di garanti scelto soltanto da istituzioni di garanzia. L'Ulivo e la sinistra ce la possono fare, le condizioni ci sono. Se non ce la faranno la colpa sarà soltanto loro e a quel punto ai suoi capi non resterà che ammainare le bandiere e tornarsene definitivamente a casa.


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