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Repubblica-Il cinese leader, il segretario santo

EUGENIO SCALFARI "IO E Sergio - mi dice D'Alema due ore prima che il Forum dei movimenti abbia inizio al Palasport di Firenze - siamo stati buoni amici per molti anni. Io tifavo per lui quando si ...

12/01/2003
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la Repubblica

EUGENIO SCALFARI
"IO E Sergio - mi dice D'Alema due ore prima che il Forum dei movimenti abbia inizio al Palasport di Firenze - siamo stati buoni amici per molti anni. Io tifavo per lui quando si aprì la successione a Bruno Trentin per la guida della Cgil e lui appoggiò me nella competizione con Veltroni per la segreteria del partito. Era un vero riformista come tutti i sindacalisti seri che hanno a cuore la sorte dei lavoratori, da Di Vittorio in poi. È anche un uomo molto simpatico con una faccia simpatica. Gli piace la buona cucina oltre che la buona musica, è un vero cuoco, più bravo di me. Ed è una grande risorsa per la sinistra".
"Piero Fassino è una persona di prim'ordine - mi dice Cofferati - . Ha fatto un buon lavoro in tutte le posizioni che ha ricoperto, nel partito nel governo e ora alla guida dei Ds. Siamo grandi amici da sempre. D'Alema è politicamente il più intelligente di tutti. Purtroppo è un uomo che divide, suscita grandi amori e grandi odi, ma è una risorsa per un grande partito".
"A Sergio non possiamo rinunciare - mi dice Fassino - deve lavorare con noi. Scelga lui come; io sono pronto a qualunque sua richiesta".
Ma allora? Quando parlano così dicono la verità? Conoscendoli bene tutti e tre credo che dicano la verità: di uomini politici in quasi mezzo secolo ne ho conosciuti tanti e ormai ho imparato a distinguere il falso dal sincero.
Dicono la verità quando parlano l'uno dell'altro, però non tutta la verità.
Ciascuno di loro considera l'altro come una preziosa risorsa. Se gli domandi: risorsa per chi e per che cosa, ti rispondono: per il partito, per la sinistra, per la democrazia italiana. Se fossero sinceri fino in fondo aggiungerebbero: risorse per me quando avranno riconosciuto che il leader sono io.
Questo è oggi il male che consuma la sinistra italiana. In realtà lo è sempre stato: agli albori gli anarchici contro i socialisti, poi i massimalisti contro i riformisti, i comunisti contro il Psi, Turati e Serrati, Bordiga e Gramsci, Nenni e Morandi, Amendola e Ingrao, Basso e De Martino, Craxi e Berlinguer, Occhetto e Bertinotti e giù giù fino ai giorni nostri.
Una sciagura? Una maledizione? Una malattia ereditaria dalla quale non si guarisce?
Non è soltanto un vizio della sinistra italiana; tutta la sinistra europea ne ha sofferto e ne soffre, in Francia in Spagna in Germania in Inghilterra.
L'Internazionale ne è stata divorata in tutte le sue diverse edizioni. I bolscevichi hanno massacrato fisicamente le altre sinistre del loro paese prima di massacrarsi tra loro, ma in quel caso era diverso, lì c'era di mezzo il potere.
Nel caso della sinistra democratica il potere c'entra poiché è in ogni caso l'obiettivo della politica, ma non è l'elemento determinante di quella lotta e di quei fratricidi. La destra riesce più facilmente a comporre i contrasti perché il suo vero collante sono gli interessi. La sinistra è sempre stata intrisa di ideologia, è sempre stata moralistica, ha sempre avuto lo sguardo rivolto all'obiettivo finale, all'uomo nuovo, alla società del futuro. Su queste visioni ha raccolto le masse, ha suscitato gli entusiasmi, ha mobilitato le piazze, ha conquistato nuovi diritti e nuove dignità. Ma su queste visioni si è anche dilaniata. I fratelli hanno ucciso i fratelli.
Sarà così anche oggi?
* * *
I Ds hanno fatto di tutto per inserire Cofferati nel loro gruppo dirigente.
Gli hanno offerto candidature in Parlamento, l'ingresso nella segreteria, la presidenza del partito che D'Alema era pronto a cedergli. Rutelli ha fatto offerte analoghe per portarlo nel gruppo dirigente dell'Ulivo, ma Sergio ha risposto a tutti "grazie no". Perché?, gli hanno domandato. Ha risposto: "Non voglio essere cooptato" e il discorso tutte le volte è rimasto lì. Ormai sembra essersi chiuso.
Ma insomma che cosa vuole, si chiedono sempre più allarmati i dirigenti ds, i quadri locali del partito che assistono ogni giorno alle sue sortite in tutte le città e i paesi della Padania che l'ex segretario della Cgil considera terra di missione. Vuole spaccare i Democratici di sinistra. È la scissione che vuole?
"Il giorno che vedessi profilarsi il rischio di una scissione del mio partito - dice Cofferati - come conseguenza del mio sforzo di federare le varie anime della sinistra, mi ritirerei immediatamente, smetterei di parlare e di intervenire". Un silenzio tombale? "Esattamente, un silenzio tombale. Il mio scopo è quello di unificare non di dividere" . Mi sono scritto questa risposta nel momento in cui me l'ha data ma del resto l'ha ripetuta un'infinità di volte: "La scissione è un'ipotesi che non fa parte del mio orizzonte mentale".
D'Alema: "Forse costruirà un partito nuovo. Con la riunione di Firenze questa ipotesi è già diventata una mezza realtà".
Cofferati: "L'orizzonte dentro il quale mi muovo è l'Ulivo; al di fuori di esso non vedo altri sbocchi per la sinistra italiana. Tutto il mio lavoro mira a portare i movimenti dalla testimonianza alla partecipazione attiva nell'Ulivo".
D'Alema: "Si può creare un nuovo partito dentro l'Ulivo. L'ha fatto perfino Prodi; forse oggi non lo rifarebbe, ma allora disse che bisognava contarsi per contare. Può darsi che Sergio pensi allo stesso modo oppure che venga portato, magari contro le sue intenzioni, su quella via".
Fassino: "Se per una qualsiasi ragione il nostro partito dovesse dividersi non sarebbe solo una sconfitta nostra ma di tutto l'Ulivo e della sinistra in Italia. Avremmo il berlusconismo a briglia sciolta per quindici anni. Questa è la realtà ed è con questa che tutti quelli che hanno a cuore le sorti del paese debbono misurarsi".
Cofferati: "Io lavoro per creare un raccordo tra i movimenti e tra i movimenti e l'Ulivo. Chi pensa che i movimenti siano soltanto portatori d'acqua e vivandieri e che le questioni di linea siano decise soltanto dalla nomenclatura dei partiti condanna la sinistra alla sconfitta. I movimenti hanno idee, mobilitano forze e speranze. I partiti sono indispensabili se accolgono e si aprono al contributo che gli viene offerto. Se lo ignorano rischiano di diventare rami secchi. In parte lo sono già".
Gli chiedo: è pensabile creare il partito dei movimenti? Risponde: "Sarebbe pura follia, non servirebbe a niente, se ne tornerebbero tutti a casa".
Ma allora?
* * *
Qui siamo al vero nodo del problema che viene al pettine nel momento stesso in cui il berlusconismo - a dispetto della sua straripante forza parlamentare - attraversa la fase più confusa della sua esperienza di governo.
C'è un leader del centrosinistra riconosciuto da tutti ed è Romano Prodi, ma sta a Bruxelles. Tornerà in tempo per le prossime elezioni politiche? Se, come sembra probabile, i governi dell'Unione europea lo inviteranno a restare per altri due anni dopo la scadenza del suo mandato accetterà o preferirà contendere la premiership contro Berlusconi? Questo è un primo punto di incertezza. Nel frattempo comunque ci saranno le elezioni amministrative di questa primavera (15 milioni di votanti) e le elezioni europee del 2004 (con sistema proporzionale). Dunque il tempo stringe.
Se Cofferati darà vita in quelle elezioni a una lista propria e movimentista, di fatto un nuovo partito sarà nato e un'altra stecca contenderà lo spazio sotto l'ombrello dell'Ulivo.
Ma su tutto sembra sovrastare il tema del programma e del linguaggio.
D'Alema vorrebbe che Cofferati parlasse come un riformista, Sergio vorrebbe che Massimo parlasse come lui. Tutti e due pensano che il proprio linguaggio sia il solo idoneo a riportare l'Ulivo alla vittoria. Le idee e i programmi camminano sulle gambe delle persone, non è vero? Un fatto è certo: dal 10 di gennaio Sergio Cofferati non è più l'impiegato della Pirelli che dice la sua soltanto dopo le 5 della sera quando timbra il cartellino d'uscita dal suo ufficio della Bicocca: ormai la scelta l'ha fatta, la sfida è stata lanciata.
"Per tre volte Bruto gli porse la corona dell'imperium e lui per tre volte la rifiutò". Ma Cofferati non è certo Cesare e Nanni Moretti non è Bruto.
Dal proprio punto di vista tutti i competitors di questa vicenda hanno ragione; dal punto di vista di far quadrare il problema della sorte del centrosinistra hanno tutti torto.
I movimenti non vogliono trasformarsi in partito ma vogliono poter contare nei partiti. I partiti tuttavia hanno le loro regole e guai se non le avessero. Cofferati non vuole essere cooptato, il suo ruolo non può essergli concesso, se lo vuole e se lo deve conquistare. Ma se scassa i Ds si scassa tutto. D'Alema vorrebbe convertire i movimenti al riformismo oppure farne a meno. Ma i movimenti ci sono e mobilitano milioni di persone.
Per battere il berlusconismo bisogna attirare i ceti moderati. Vero, ma se l'Ulivo si sposta troppo verso il centro le perdite a sinistra saranno probabilmente maggiori dei guadagni.
Nel Polo berlusconiano esiste però una quantità di voti provenienti da ceti popolari e popolarissimi, lavoratori, autonomi, disoccupati, pensionati, giovani. Questi voti in libera uscita, emigrati a destra, si recuperano con il linguaggio riformista moderato o con la lotta per i diritti cofferatiana? Siamo di fronte ad un'equazione con troppo incognite e quindi, almeno in apparenza, irrisolvibile. Le risorse e i talenti disponibili sono molti ma non suppliscono alla mancanza di un leader. Però la strada è segnata per tutti: se non ritrova l'unità la sinistra ha perduto, se la ritrova la vittoria è molto probabile. E il tempo a disposizione è poco.
Fassino: "Per prima cosa bisogna che partiti e movimenti riconoscano reciprocamente la loro pari dignità e non si delegittimino a vicenda. Per seconda cosa bisogna trovare il modo che i movimenti contino per quanto pesano senza bisogno di contarsi".
Ha ragione, il segretario dei Ds. Se riuscirà a fare questo miracolo meriterà di esser fatto laicamente santo o quanto meno beato.

Post Scriptum. Dopo il raduno di Firenze i più arrabbiati di tutti con Cofferati erano Bertinotti, Caruso e Casarini. Il metodo di Sergio non gli piace affatto, non fa per loro. Ecco una buona cartina di tornasole da tenere molto presente nelle case dell'Ulivo.


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