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Repubblica-I compiti? Stress inutile

Docenti e psicologi si interrogano anche a Bari Spesso sono troppi e pericolosi: "Rischiano di discriminare i ragazzi più disagiati" I compiti? Stress inutile ANNA GRITTANI Una pagina fitt...

03/04/2002
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la Repubblica

Docenti e psicologi si interrogano anche a Bari Spesso sono troppi e pericolosi: "Rischiano di discriminare i ragazzi più disagiati"
I compiti? Stress inutile

ANNA GRITTANI

Una pagina fitta fitta sul diario romantico di Mariantonietta. Tra i versi di una poesia e l'immagine stampata di una coppia di innamorati, quasi stona. Sono i compiti da portare per oggi, al rientro dalle feste di Pasqua: algebra, inglese, narrativa e storia. Ma la ragazzina che frequenta la terza media alla scuola "Imbriani" di Bari, è assolutamente convinta quando dice: "Non sono tanti, questi compiti". Poi confessa che quest'anno il lavoro a casa è aumentato per via degli esami. E candidamente annuncia che esistono anche i compiti di educazione fisica, perché, delle due ore settimanali, una è pratica, l'altra è teorica. Fortunatamente Mariantonietta è brava e sicuramente con i compiti se la sbriga da sola; per molti suoi compagni delle medie e per tanti bambini delle elementari non è così e il carico di lavoro segnato sul diario può diventare un problema anche per i genitori, impegnati tutti i pomeriggi nel gravoso compito di aiutare i figli.
Il pedagogista francese Philippe Meirieu, direttore dell'Institut National de Recherche Pédagogique, ha dedicato un libro a quest'argomento, uscito da alcune settimane anche in Italia. Si intitola: "I compiti a casa", sottotitolo: "Genitori, figli, insegnanti: a ciascuno il suo ruolo" (Feltrinelli, 120 pagine). Per il pedagogista, attribuire alle famiglie il carico dell'apprendimento vuol dire discriminare gli alunni a seconda del ceto e delle capacità culturali dei genitori. Insomma, i compiti non dovrebbero esistere. Impossibile accontentarlo. Almeno in Italia dove le uniche scuole "senza compiti", quelle a tempo pieno, costituiscono solo il 21 per cento del totale. E in Puglia? Peggio ancora, vista la situazione, pessima, del tempo pieno e le sue infauste sorti. Tuttavia gli insegnanti illuminati non mancano. Isa De Pascale, prof di inglese da 35 anni, oggi alla scuola media Imbriani, la pensa così: "I compiti sono necessari, ma devono essere pochi. Caricare i ragazzini di pagine da studiare e di esercizi, vuol dire mettere i più disagiati in condizione di non farli e i figli dei professionisti in una situazione di stress, vista la quantità di attività extrascolastiche. Io preferisco spiegare e far fare gli esercizi in classe subito dopo, per due motivi: perché sono costretti a stare attenti e perché non sono aiutati come a casa. Facendo così ho ottenuto risultati migliori. Troppi compiti rendono la materia antipatica".
Riaffiorano i ricordi di un tempo nel quale la lingua si insegnava propinando traduzioni e grammatica a memoria. Oggi la didattica è cambiata e si è trascinata dietro i compiti a casa, che sono diversi è vero, ma sopravvivono perché il temposcuola è troppo poco. Anche alle elementari. Elisa Capriati, docente da 23 anni, oggi insegna alla scuola "Balilla" di Bari. "Finché c'era il maestro unico dice ci si regolava agevolmente sulla quantità di compiti. Da quando, nell'85, è stata istituita la presenza di trequattro insegnanti all'interno della classe, la situazione è sfuggita di mano. O si decide di essere moderati o si va incontro a qualche squilibrio. Lo studio deve iniziare a scuola, dove l'insegnante mette il bambino in condizione di comprendere, a casa poi verranno fissati i concetti". Concorda Rosalinda Cassibba, docente all'Università di Bari di Psicologia dello sviluppo: "I compiti a casa alle elementari hanno senso quando non c'è tempo sufficiente a scuola per farli. Ma devono essere di consolidamento delle cose apprese in classe. Non sono affatto d'accordo se si tratta di approfondimenti perché si rischia di chiedere cose mai fatte a scuola e perché il bambino è costretto a farsi aiutare dai genitori che potrebbero avere un metodo diverso. Oltretutto non è giusto che gli spazi di interazione tra genitori e figli ruotino solo attorno allo studio. Proprio il rischio che si corre con un carico eccessivo di compiti a casa. L'altra cosa fondamentale è che l'insegnante li controlli, altrimenti il bambino non si sente motivato a farli". Un parere anche da Giuseppe Fiori, direttore regionale dell'istruzione: "Non tutto si può fare a scuola. Quel momento di studio "da soli con se stessi" è fondamentale. Ma chiaramente non sono un pedagogista".


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