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Repubblica-Genova: Allarme, l'Università sta fallendo

ALLARME, L'UNIVERSITÀ STA FALLENDO Ma come definireste voi una grande azienda che: non riesce a pagare neppure l'incremento Istat dell'1,35% di stipendio ai suoi dipendenti se no...

06/03/2005
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la Repubblica

ALLARME, L'UNIVERSITÀ STA FALLENDO
Ma come definireste voi una grande azienda che: non riesce a pagare neppure l'incremento Istat dell'1,35% di stipendio ai suoi dipendenti se non con un anno di ritardo e parzialmente; che prevede di assumere i vincitori dei concorsi da essa stessa indetti e regolarmente svolti e terminati non prima che passino uno o due anni; che se si rompe un computer o una fotocopiatrice non ha un euro per ripararli; che, producendo cultura, non finanzia nessuna pubblicazione; che, vivendo di ricerca, non eroga nessun fondo che la sostenga; che, avendo un personale docente di età media ben oltre i 50 anni, programma per il prossimo triennio un turnover annuo forse non superiore all'1%; che è strozzata da un rosso di bilancio di grandi dimensioni e non ha nessuna prospettiva di contenerlo se non chiudendo attività e rinunciando a iniziative importanti eccetera, eccetera, cosa direste di un'azienda così? Non pensereste che è sull'orlo del fallimento?
Certo, bisognerebbe sapere con più chiarezza come e perché a Genova il buco è più grosso e preoccupante che altrove. Chi ne ha la responsabilità. Da che cosa è stato provocato. Perché il consiglio di amministrazione non ha lanciato l'allarme tempestivamente. E ci si potrebbe chiedere se non si dovrebbero fare interventi più efficaci e meno dannosi per ridimensionarlo. Ma il problema resta in tutta la sua gravità e getta sul futuro della città l'ombra di una metropoli con un'università modesta, povera, senza attrattive, vecchia, rattrappita nei suoi debiti e senza futuro per i giovani della regione, né quelli che vorrebbero studiarvi né quelli che potrebbero insegnarvi e farci ricerca.
Ma Genova getta un'occhiata distratta alla sua università in crisi, dimenticando che è una delle sue prime aziende per fatturato e occupati, che vi lavorano (insegnanti, non docenti o studenti) migliaia di liguri, che ha un indotto di grande rilievo. Se ne accorgeranno almeno i candidati alla presidenza della Regione? Claudio Burlando ha parlato col Rettore. Chi sa che cosa si sono detti e che cosa ha in mente il candidato del centrosinistra se dovesse vincere le elezioni. Biasotti, lui col Rettore nemmeno ci parla dopo la rottura sulla Sanità e non è escluso che guardi col solito pragmatico disprezzo a tutto quello che gli sa di cultura e scienza. Eppure la strada delle istituzioni locali è una delle poche che può fornire all'università una via di salvezza. Basterebbe che la Regione Liguria si adeguasse ai parametri di intervento delle altre regioni nelle rispettive università. Basterebbe che la Provincia di Genova, rompendo una brutta tradizione (in cui si distinse purtroppo la Vincenzi), facesse non meno di quello che fanno quelle di Imperia, Savona e La Spezia, impegnate da anni a sostenere poli universitari locali che portano iscritti e tasse nell'Ateneo regionale. Se gli enti locali (anche i grandi comuni dovrebbero essere coinvolti, come già succede nelle società che gestiscono le sedi distaccate del Ponente) guardassero all'università con più coraggio e voglia di occuparsene, più interesse e maggiori ambizioni, esigendo molto ma aprendo crediti e sostegni (ad esempio finanziando una parte della ricerca, che è l'attività primaria e più delicata...), forse l'università della Liguria potrebbe ancora riprendersi. Non è un caso se, in questo momento di miseria assoluta, solo i poli di Imperia e di Savona possono contare sulla certezza di un sia pur modesto investimento, di una piccola, reale speranza di crescita: perché lì le forze politiche locali si sono unite, al di là dei diversi schieramenti, per chiedere e ottenere dal ministero dell'Istruzione risorse aggiuntive e specifiche. Perché i politici liguri non fanno lo stesso per tutte le sedi dell'Ateneo? Perché la città non glielo chiede e non misura anche dalla risposta che daranno la loro affidabilità politica?
Vittorio Coletti


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