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Repubblica (E.Scalfari)-Di quella pira l'orrrendo foco...

Quel duello in musica tra Berlusconi e Cofferati COMINCIAMO dal fatto che in questa settimana più d'ogni altro ha suscitato indignazione, rifiuto e ulteriore caduta di fiducia nella democrazia ...

14/07/2002
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la Repubblica

Quel duello in musica tra Berlusconi e Cofferati

COMINCIAMO dal fatto che in questa settimana più d'ogni altro ha suscitato indignazione, rifiuto e ulteriore caduta di fiducia nella democrazia dei partiti: il finanziamento pubblico di duecentocinquanta miliardi di vecchie lire, votato all'improvviso e quasi clandestinamente in sette minuti, senza alcun dibattito e all'unanimità salvo un voto di astensione, dalla Commissione Affari costituzionali della Camera in sede deliberante. Se si voleva dare uno schiaffo alla pubblica opinione di destra, di centro, di sinistra, non si poteva scegliere modo migliore che questo, che rilancia i sentimenti antipolitici e le pulsioni antiparlamentari già così diffusi e radicati in questo Paese.
Personalmente non sono contrario, anzi sono sempre stato favorevole, al rimborso delle spese elettorali dei singoli candidati ed anche dei partiti, purché contenuto entro limiti equi e documentati. Questo tipo di finanziamento pubblico '#8211; che dovrebbe essere accompagnato dal divieto di maggiori spese per garantire la "par condicio" tra i concorrenti '#8211; rappresenta anzi un modo efficace per diminuire la forza dei candidati ricchi rispetto ai candidati poveri, insomma il privilegio del censo, che un tempo serviva addirittura a delimitare il corpo elettorale ai soli benestanti ed oggi serve altrettanto efficacemente a favorire l'accaparramento degli strumenti di propaganda e di manipolazione del consenso.
Ma ciò che è accaduto alla commissione parlamentare giovedì scorso rappresenta tutt'altra cosa: un colpo di mano avvenuto in semi-clandestinità, senza che nulla trapelasse al di fuori delle quattro mura di quell'aula, senza che un tema così delicato sul quale alcuni anni fa fu votato con schiacciante maggioranza un referendum abolizionista, fosse stato dibattuto, è un fatto che stravolge ed anzi calpesta ogni regola.
Non mi stupisce che la destra abbia partecipato a questo patto scellerato (francamente non trovo altre parole per definirlo): la destra ha sempre puntato sulla poca memoria dei cittadini, sulla loro indifferenza agli affari pubblici, sul loro cinismo.

Mi stupisce invece moltissimo che vi abbia partecipato la sinistra, che ha sempre puntato su un concetto alto di cittadinanza e di democrazia partecipata. Le imbarazzate e reticenti reazioni dei vari capi e capetti del centrosinistra, da Rutelli a Bertinotti passando per Fassino e per tutti gli altri nessuno escluso, dimostrano un disprezzo per l'opinione pubblica estremamente rischioso per chi del consenso di quell'opinione ha invece estremo bisogno. E' bene che lo sappiano, a destra e soprattutto a sinistra. Possono rimediare affondando quella legge in Senato. Mi auguro che lo facciano se un briciolo di intelligenza politica ancora li assiste.
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Intanto il potere blindato sta per mettere un altro tassello, anzi un'altra lastra d'acciaio, quella definitiva, all'intangibilità dei suoi uomini ancora sotto processo per reati comuni. Sta infatti per essere presentata, come emendamento ad una legge in corso di esame parlamentare, una norma sospensiva di ogni indagine giudiziaria e di ogni sentenza in qualunque grado di giudizio che abbia come imputati i membri del governo e delle Camere.
Sospesi anche i termini di prescrizione: i processi riprenderanno dal punto in cui erano arrivati solo quando gli imputati non saranno più membri del governo o del Parlamento. E poiché, nella fattispecie dei Berlusconi dei Dell'Utri dei Previti, le loro cariche elettive possono ben considerarsi a vita, il senso della norma sarà quello di impedire che quei processi avvengano e quelle sentenze - quali che siano - siano emesse. Non erano riusciti a bloccare i processi né la riforma delle rogatorie né la derubricazione del reato di falso in bilancio né la reiterata richiesta di ricusazione dei magistrati inquirenti e giudicanti né le indebite interferenze del ministro della Giustizia. Ebbene, ci sarà tra poco la norma regina, quella che non ammette interpretazioni e sancisce l'aureo principio che la legge non è eguale per tutti. Nel 1992 il Parlamento abolì, quasi all'unanimità, l'autorizzazione a procedere contro i membri delle Camere; ora sta per ripristinarla in modo automatico senza neppure bisogno di demandare giudizi omertosi ad una commissione parlamentare: basterà certificare il proprio status parlamentare e il processo si arresterà.
In Spagna fanno così? Sì, in Spagna fanno così. Negli Stati Uniti, no. Ma noi sempre coi peggiori, non è vero?
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E che cosa non ti pensa intanto il buon Tremonti per raggranellare un po' di soldi e portare avanti ancora per un anno o due il suo gioco da illusionista? Pensa ad un condono fiscale. Ancora? Non s'era detto che era anche questa una pratica scellerata? Ebbene sì, si era detto, ma tra il dire e il fare...
L'Europa non vorrebbe che la finanza italiana si salvasse in angolo a colpi di "una tantum"; ma chi se ne infischia dell'Europa? L'Europa ha messo qualche paletto alla cartolarizzazione di immobili ("una tantum" anche quelle, naturalmente) dalle quali Tremonti si aspettava sette miliardi di euro di entrate da portare a diminuzione del disavanzo. Ebbene, quei sette miliardi ce li darà il condono fiscale. Creativo, non c'è che dire.
E quelli che le tasse le hanno sempre pagate fino all'ultima lira, magari non per onestà fiscale ma per la più semplice ragione che essendo lavoratori dipendenti i soldi dovuti al fisco e agli enti previdenziali gli venivano (e gli vengono) trattenuti in busta paga? Queste decine di milioni di contribuenti onesti per forza maggiore si vedranno passare sotto gli occhi una moltitudine di evasori fiscali che se la caveranno versando con anni di arretrati il 20 per cento di quanto dovuto nell'ultimo esercizio controverso.
Marameo, diranno i condonati ai contribuenti onesti. Marameo sembra diventata la parola d'ordine nazionale molto di più dell'inno di Mameli, la parola d'ordine dei furbi che irridono agli ingenui.
Ci vorrebbe una canzone, anzi c'è già da mezzo secolo ed ebbe anche grande fortuna ai suoi tempi: "Marameo perché sei morto? / Pane e vin non ti mancava / l'insalata era nell'orto / e una casa avevi tu" . Andrebbe benissimo, solo che Marameo non è morto affatto anzi è più vivo che mai.
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Un altro obiettivo del coerente programma del governo (e della Confindustria) e cioè lo smantellamento del welfare, è in accelerato corso di attuazione. Riformismo non è vero? Chi può negarlo. Si riformano la scuola pubblica, la sanità pubblica, la previdenza pubblica, l'assistenza pubblica ed anche, ovviamente, i diritti del lavoro.
Ma non c'è intenzione dolosa, non c'è colpa; semplicemente mancano le risorse necessarie e allora è giocoforza rivolgersi altrove: scuola privata, sanità e assistenza privata, previdenza privata e perfino opere pubbliche private, ferrovie private. E naturalmente diritti del lavoro riscritti su misura dei lavori (al plurale, non più al singolare). Non è colpa di D'Amato se i lavori sono diventati numerosi e diversi, è la tecnologia, è il mercato. Perciò i riformisti hanno in mente un nuovo vestito, un nuovo sistema di tutele esteso a tutti, ai padri e soprattutto ai figli.
La Cisl-Uil l'ha capito perché fa sindacato, la Cgil no perché la butta in politica. Ma una cena per Cofferati a Palazzo Grazioli padron Berlusconi è sempre pronto ad offrirla. Che volete? Cofferati gli è simpatico, spera di acculturarlo nelle canzonette e farlo uscire dalla passione un po' tetra per il melodramma. Vuoi mettere "Di quella pira l'orrendo foco" con "La vie en rose"? Via, non c'è paragone.
Bene. Non è affatto vero che privato è sempre bello, come non è affatto vero che piccolo è sempre bello. Infatti: la sanità (privata) in Usa fa schifo salvo le punte di eccellenza per ricchi; la scuola e l'università Usa sono a livelli di estrema mediocrità, salvo anche qui le punte d'eccellenza a numero rigorosamente chiuso; sanità e ferrovie in Gran Bretagna sono precipitate agli ultimi posti in Europa. Si potrebbe continuare.
Privato è bello è sempre meno vero; il mercato registra una moltitudine di pratiche scorrette e veri e propri furti, le Borse crollano a livelli minimi, Bush si è spazientito e vorrebbe spedire tutti i galera, ma non è così semplice, non vi pare?
Torniamo al nostro welfare, pensato per dare lavoro ai figli senza toccare i diritti dei padri. L'assetto di sanità, previdenza, scuola, fisco, non fa parte del welfare? Certamente sì. La privatizzazione di gran parte di questi servizi va incontro ai ceti sociali rappresentati dai sindacati? Certamente no, è convinzione generale che quelle privatizzazioni creano maggiori diseguaglianze.
Non è dunque normale che quella strategia politica si scontri con l'opposizione sociale e sindacale? Sì, è del tutto normale. Ma dunque si tratta di scelte politiche? Si tratta di scelte globali: chi sceglie no fa opposizione, chi sceglie sì collabora col progetto nella sua globalità.
Infatti Cisl-Uil hanno approvato il Dpef; è una scelta sindacale o politica? Mi piacerebbe avere una risposta dagli interessati ma non arriva e del resto non ce n'è alcun bisogno: il Dpef è un documento politico che delimita la maggioranza dall'opposizione. Dunque chi approva il Dpef sta con la maggioranza e compie una scelta politica.
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Si dice: i lavori sono diventati tanti, bisogna cucirgli addosso un nuovo abito di garanzie e tutele; incaponirsi sulle vecchie non è possibile, non è riformismo. È vero stravero. Però con due qualificazioni a mio parere essenziali. La prima: i nuovi lavori sono tanti; tanti lavori, altrettanti modelli contrattuali. Chi negozia i modelli contrattuali delle varie tipologie? Il singolo lavoratore a tu per tu con il suo padrone? Il sindacato interno dell'azienda? Il sindacato provinciale? Il sindacato nazionale che negozia il quadro normativo? Capite bene che la questione è essenziale. Se il sindacato diventa corporativo e parastatale la sua forza di rappresentanza tenderà a ridursi a zero. Senza forza di rappresentanza è meglio scioglierlo, il sindacato.
La seconda: l'aumento delle tipologie del lavoro presuppone che per costruire un nuovo modello di garanzie e di diritti si spenda di più, parecchio più di prima. E poiché si vuole giustamente ridurre la divaricazione tra salario netto e costo del lavoro, ne segue che il costo del nuovo abito di tutele dovrà essere a carico della fiscalità generale (domando: può un governo impegnato a ridurre la pressione fiscale sostenere un aumento congruo del costo del nuovo welfare?
Cisl-Uil hanno giustamente preteso che la spesa sociale non sia diminuita. In realtà avrebbero dovuto aumentarla, ma pazienza. Erano passate poche ore e già il ministro del Welfare apriva il capitolo pensioni, quello delle attività produttive e il capitolo della deroga "di soglia" dopo la scadenza dei tre anni di sperimentazione, il ministro della Sanità il capitolo delle mutue-polizze di assicurazione.
Leggo che Cisl-Uil trovano troppo basso il tasso dell'inflazione programmata, stabilito nel Dpef all'1,4% contro un'inflazione tendenziale del 2. Ciò vuol dire che i contratti di lavoro in scadenza dovranno stare entro lo sbarramento dell'1,4. Infatti la Confindustria si affanna a ricordare che il patto sociale Ciampi del 1993 continua ad essere in vigore.
Verrebbe voglia di rispondere che Confindustria ha fatto quanto poteva affinché quel patto venisse abbandonato dal principale dei suoi firmatari, ma a che vale discutere tra sordi? Domando solo una cosa: il livello del tasso di inflazione non è stato preliminarmente discusso dal governo con le parti sociali? Oppure Cisl-Uil si sono distratte ed ora si sorprendono? Hanno approvato il Dpef senza nemmeno leggerne le cifre? La risposta non la debbono certo a me ma ai loro organizzati e a tutti i lavoratori. Proporranno di presentare piattaforme contrattuali che se ne infischiano del tasso di inflazione? Sarà un bel vedere, sarà proprio un bel vedere. Una "vie en rose" bella e buona.
Per fortuna che c'è T. e teniamocelo stretto.


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