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Repubblica-Cofferati-Il dissenso non è odio

'INTERVISTA Il segretario della Cgil: è inaccettabile questa demonizzazione del diritto di critica Cofferati: "Il dissenso non è odio anche noi nel mirino dei terroristi" Sull'art. 18 sono c...

22/03/2002
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la Repubblica

'INTERVISTA
Il segretario della Cgil: è inaccettabile questa demonizzazione del diritto di critica
Cofferati: "Il dissenso non è odio anche noi nel mirino dei terroristi"

Sull'art. 18 sono convinto che, alla fine, le nostre iniziative faranno cambiare idea a Palazzo Chigi
Biagi era anche collaboratore di Confindustria. Ma il mio era solo un giudizio politico
Convocati dal governo? Non ho ricevuto inviti, ma se arriveranno andremo al confronto come sempre
SEBASTIANO MESSINA

ROMA - "Ma quale campagna d'odio!" sbotta Sergio Cofferati. "Non c'è nulla di più ordinato, di più pacifico della lotta sindacale di questi mesi. Chi parla di odio dice una cosa assolutamente fuori luogo". Alla vigilia della manifestazione nazionale che porterà in piazza tutto il popolo della Cgil, il leader del maggior sindacato italiano deve sentire questa parola - "odio" - che gli rimbalza nella mente. E si vede, mentre lo ascolti parlare, mentre si costringe al silenzio davanti alle domande più dirette, che per lui è un esercizio di disciplina l'evitare di rispondere a chi punta il dito contro di lui, contro il sindacato, contro l'opposizione al governo Berlusconi, come i responsabili indiretti dell'assassinio di un professore che tornava a casa in bicicletta. "E' inaccettabile" dice.
Cos'è inaccettabile, segretario?
"Questa demonizzazione del diritto di critica, questo rifiuto del conflitto sociale come strumento normale di una democrazia moderna. Il conflitto non è odio. Il conflitto, il dissenso, è il motore di una pratica antica che è il negoziato".
Solo che adesso sul terreno c'è il sangue di Marco Biagi. Cosa cambia, per voi, dopo questo delitto?
"Io considero questo barbaro assassinio un attacco mirato a colpire i meccanismi attraverso i quali la dialettica sociale si esercita. Un tentativo esplicito di condizionare le parti. E non posso non vedere un'intenzione negativa contro di noi, contro il sindacato, leggendo quello che c'è scritto nella rivendicazione dei terroristi".
In quella rivendicazione il suo nome compare una volta sola'
"Come sempre. Ma di questo non voglio parlare".
Lei dice: vogliono colpire i meccanismi del confronto. Volevano impedire ogni trattativa tra voi e il governo?
"Non solo. Ma volevano dirci che il confronto non deve avvenire con quelle regole. Perciò bisogna avere oggi l'accortezza di riprendere rapidamente quella forma della dialettica. Non può essere il terrorismo a dettare i tempi, i metodi e le dinamiche del confronto".
Il governo chiede di riaprire il dialogo. La Cgil è stata invitata a riprendere la trattativa?
Cofferati sorride. "Non abbiamo ricevuto alcun invito. Ma se lo riceveremo andremo al confronto, come la Cgil ha sempre fatto".
Il ministro Maroni però avverte: se noi stralciassimo oggi l'articolo 18 dalla delega ci piegheremmo ai terroristi. Dunque la vostra richiesta pregiudiziale non può essere accolta. E allora?
"E' comprensibile che il governo confermi le sue posizioni. Ma è altrettanto indispensabile che il sindacato confermi le sue. Neanche noi vogliamo farci condizionare dai terroristi. Però è importante che il governo capisca finalmente una cosa".
Quale?
"Che nella cornice, nella fisiologia dei rapporti sociali, c'è l'accordo e c'è il conflitto. Non c'è solo la trattativa.
Non si è già rotta, questa cornice?
"No, non si è rotta. I terroristi hanno cercato di romperla, assassinando Marco Biagi. Ma siamo ancora in tempo a evitare che si rompa. E tutti coloro che, più o meno consapevolmente, assecondano il disegno dei terroristi commettono un errore grave".
Il sindacato è accusato di voler impedire al governo di attuare il suo programma. E' un'accusa pesante, alla vigilia di una grande manifestazione nazionale.
"Ed è un'accusa sbagliata. Io ho sempre riconosciuto il diritto del governo a provare a realizzare i suoi obiettivi. Ma il governo deve sapere che quando la sua controparte non è d'accordo, c'è una reazione. C'è il conflitto. Io non metto in discussione il loro diritto a governare. Ma loro non possono mettere in discussione la nostra legittimità a opporci con tutti gli strumenti che la democrazia ci dà".
C'è però anche un'accusa che viene dal centro-destra e che la riguarda personalmente, segretario: quella di essere, oggi, un cattivo maestro...
"Questa la considero un'accusa non solo infondata ma offensiva. Non solo per la mia persona, perché sono in grado di passare oltre, ma per la Cgil e per la sua storia. Il sindacato italiano è da sempre nemico dei brigatisti, e infatti è considerato da loro come un obiettivo da colpire".
Le è stato rimproverato, dopo il delitto, di aver indicato pubblicamente proprio Marco Biagi come un intellettuale a cavallo tra il governo e la Confindustria. Si è pentito di quelle parole?
"Io ero, e sono convinto, che esista un collateralismo tra Confindustria e governo. E' un giudizio politico che non ha nulla a che spartire con i giudizi sulle persone, e men che meno con quello sul professor Biagi".
Lei però aveva fatto proprio il suo nome, come esempio di questo collateralismo'
"Ho detto una cosa oggettiva. Lui era il coordinatore del gruppo che ha steso il "libro bianco" del governo, e contemporaneamente era un collaboratore della Confindustria, l'uomo al quale l'Unione Industriali di Torino affidò il compito di aprire il suo convegno".
Cos'ha pensato, quando ha saputo che era stato assassinato proprio lui?
"La sua morte mi ha molto colpito. Non mi colpiscono invece accuse prive di qualsiasi fondamento".
Andrà ai funerali del professor Biagi?
"Abbiamo deciso mercoledì che i segretari delle tre confederazioni vadano al funerale. Naturalmente, se saranno celebrati in forma privata noi rispetteremo la volontà della famiglia".
Come risponde a chi la accusa di aver indetto uno sciopero generale contro le idee di Marco Biagi?
"Chi lo dice mi offende".
Sabato lei concluderà la manifestazione nazionale organizzata dalla Cgil. Cosa dirà, al governo?
"Innanzitutto che il sindacato farà argine alla follia del terrorismo. La risposta di massa è necessaria perché i terroristi capiscano che non ci sono sono interstizi nei quali infilarsi per alterare le normali dinamiche democratiche".
E poi?
"Che bisogna tornare alla normalità della dialettica e delle relazioni sindacali".
Poco fa al Senato è stato presentato un emendamento della maggioranza per congelare l'articolo 18 nelle imprese che superano la soglia dei 15 dipendenti. Vi ha letto una sfida?
"Un atto grave. Prima ci si chiede di abbassare i toni della polemica e poi si tenta un colpo di mano su uno dei punti più controversi della trattativa".
Considera un gesto distensivo, la decisione del governo di sconfessare quell'emendamento?
"La considero un atto dovuto".
La manifestazione di sabato, poi lo sciopero generale. Ma il governo avverte: non faremo marcia indietro sull'articolo 18. Come finirà, segretario?
"Credo che sia inevitabile che il governo dica questo. Poi dovrà essere l'effetto della nostra iniziativa, nel paese e anche all'interno della stessa maggioranza, a mutare le condizioni. Io sono convinto che alla fine noi faremo cambiare opinione al governo".


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