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Repubblica-Bossi e il tradimento del federalismo

Bossi e il tradimento del federalismo La riforma non sarebbe a costo zero e inciderebbe su una economia già in crisi Un altro rischio è la polizia locale e anche nel governo ci sono molti contra...

25/11/2002
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la Repubblica

Bossi e il tradimento del federalismo
La riforma non sarebbe a costo zero e inciderebbe su una economia già in crisi
Un altro rischio è la polizia locale e anche nel governo ci sono molti contrari
Succederà che nelle scuole lombarde si studierà solo Manzoni e in Sicilia Pirandello?

GIULIO ANSELMI
LA devolution brandita da Bossi può rappresentare la faccia ripulita delle vecchie velleità leghiste di secessione. O può essere la trovata tattica di un politico che avverte la crescente marginalità della sua posizione e ricatta gli alleati di governo estorcendo loro concessioni "federaliste" da rivendere presso il suo elettorato, poco entusiasta finora del bilancio della maggioranza. Ma, anche se l'obiettivo fosse soltanto questo, come alcuni commentatori minimalisti tendono a far credere, le undici righe destinate a modificare l'articolo 117 della Costituzione trasferendo alle Regioni competenza legislativa esclusiva su sanità, scuola e polizia locale sarebbero esplosive.
Perché mettono in moto un meccanismo che oggi nessuno è in grado di valutare, con un imprevedibile effetto di crisi civile e sociale.
Non contrapponiamo ai proclami sulla devolution una retorica patriottarda: i valori della nostra storia unitaria stanno su un altro piano. E lasciamo stare le dispute ideologiche tra centralizzatori e federalisti (del resto ora è di moda dirsi federalisti, a parte il solito Cossiga che prende partito contrario).
Facciamo un discorso concreto: il federalismo dovrebbe rendere le istituzioni più vicine ai cittadini, meglio funzionante la macchina pubblica, più agile e diretto il rapporto tra amministratori e amministrati. La prima domanda da fare, quando si tratta di redistribuire diversamente i poteri tra Stato, Regioni e Comuni, trasferendo compiti e funzioni, è quindi: a che serve? I tre terreni che Bossi ha scelto per la sua forzatura sono i più delicati per la nostra convivenza: nulla conta più della garanzia di essere curati e di poter avere un'istruzione di base, tutti i sondaggi dimostrano quanto sia acuta la domanda di sicurezza.

Ma cosa succederà domani se il progetto di Bossi verrà approvato? A Milano, a Roma, a Palermo i cittadini staranno meglio o peggio? In un bello studio appena pubblicato Luciano Vandelli, ordinario di diritto amministrativo a Bologna, scrive che il testo bossiano è tanto succinto quanto denso di enigmi: potrebbe contenere tutto e il contrario di tutto. E il relativo dossier dell'ufficio studi del Senato, pur tra mille cautele, non sembra discostarsi da questa valutazione.
In materia di istruzione e di formazione, secondo la riforma approvata dal governo Amato, tocca allo Stato fissare i principi generali. In quel quadro le Regioni hanno una facoltà normativa. Ma ora si realizzerà la boutade di Clemente Mastella e nelle scuole lombarde si studierà solo Manzoni, in quelle siciliane solo Pirandello? E l'autonomia degli istituti scolastici, recente e faticosa conquista, sparirebbe sotto un nuovo centralismo, quello regionale?
L'attuale sistema di cura attuato dal sistema sanitario nazionale consente al malato che vive in un qualsiasi paese del sud di farsi curare all'Istituto tumori di Milano o di portare il proprio bambino al Gaslini di Genova. E in futuro?
E cosa vuol dire polizia locale? Perché sia "più legata al territorio", come auspica il sindaco-sceriffo di Treviso Giancarlo Gentilini, occorre aggiungere una terza forza a pubblica sicurezza e carabinieri, già sufficientemente in concorrenza tra loro? Non arriveremo, immaginiamo, alle ronde leghiste. Ma l'idea di organizzazioni armate, gestite non si sa bene come né da chi, autorizza gravi inquietudini. E non è un caso che autorevoli membri del governo, come il ministro dell'Interno Pisanu, e governatori regionali del centrodestra, come Storace, siano risolutamente contrari all'innovazione.
E' facile immaginare una drammatica confusione, una conflittualità esponenziale tra parlamento, governo , comuni e tra le stesse regioni. Il sistema istituzionale, per sua natura fonte di regolarità, si trasformerebbe in un regime di insicurezza. La separazione tra federalismo istituzionale e federalismo fiscale, che ha reso insufficiente l'istituto regionale, si moltiplicherebbe in mille altre fratture. E l'anarchia potrebbe essere evitata solo grazie ad accordi delle Regioni con lo Stato e con gli altri enti territoriali, svuotando la riforma bossiana.
Ha senso questo sfracello? Ha la sola spiegazione dell'ansia di bottino da parte di Bossi e dell'incapacità di Berlusconi di sottrarsi alle sue pretese. E' stata giustamente sottolineata l'estrema gravità di fare riforme istituzionali che rischiano di scassare gli equilibri del paese solo per un immediato interesse politico, e, per di più, a colpi di fiducia. Ed è sorprendente che lo si faccia senza tenere conto della riforma federale, varata dal centrosinistra ma approvata da un referendum popolare, per la quale il governo in carica ha preparato norme di attuazione.
Ma a questi temi la Casa delle libertà è poco sensibile. Converrà allora ricordarle che il federalismo non è a costo zero, tanto meno un federalismo così radicale: già con la nascita delle Regioni non sono diminuiti né il numero né il costo dei dipendenti, figuriamoci cosa mai capiterebbe se Bossi la spuntasse. Questo aggravio, tanto imponente che non si sa come potrà essere coperto, viene a piombare come un maglio su una situazione di crisi economica, che ha già gravi conseguenze sull'apparato produttivo del Paese.
Qualcuno si consola sostenendo l'inevitabilità del processo federalista, almeno su scala europea. Ma, quando ci paragoniamo alla Francia, non possiamo dimenticare la solidità della sua struttura amministrativa, il peso dei suoi prefetti, il senso dello stato della sua classe politica.
Bossi sta cercando di mettere in moto un processo che, per quanto la Lega abbia ufficialmente rinunciato alla secessione, sancisce nei fatti una separatezza tra il nord e il sud, tra le aree ricche e quelle povere del Paese. Un'Italia a più cittadinanze. Berlusconi, con la sua consueta fiducia in se stesso è certo di poter padroneggiare la situazione. Ma non si accorge di mettere in moto un meccanismo che potrebbe travolgerlo.


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