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Repubblica-A colloquio con la Moratti

ministro difende lo sconto per gli iscritti alle paritarie, annuncia possibili modifiche al decreto e rilancia "Più soldi alla scuola pubblica" l'ultimatum della Moratti E per il bonus-private ri...

05/09/2003
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la Repubblica

ministro difende lo sconto per gli iscritti alle paritarie, annuncia possibili modifiche al decreto e rilancia
"Più soldi alla scuola pubblica" l'ultimatum della Moratti
E per il bonus-private rispuntano le fasce di reddito

i valori della stato laico Per molti anni lo Stato ha dovuto difendere la sua laicità dalla scuola privata, in gran parte confessionale: un rischio superato
una scelta non ideologica Non ho fatto una scelta ideologica. Capisco le radici culturali delle critiche, ma era tempo di fare un passo avanti
correttivi in arrivo Abbiamo dato un segnale forte, ma non escludo che gli aiuti possano variare in base alle diverse situazioni economiche
riequilibrio sociale Non è giusto che il peso del mantenimento agli studi dei figli ricada quasi interamente sulle famiglie
GIULIO ANSELMI

ROMA - "Non ho fatto una scelta ideologica. Capisco, però, le radici culturali delle critiche. Per molti anni lo Stato ha dovuto difendere la sua laicità dalla scuola privata, in gran parte confessionale. Ma ora questo rischio non c'è più ed è venuto il momento di fare un passo avanti". Letizia Moratti, ministro dell'Istruzione sotto tiro per il decreto che prevede contributi a favore delle famiglie che iscrivono i figli alle scuole private, ha un'aria tranquilla e determinata. E anche la sede del dicastero dell'Università e della ricerca scientifica all'Eur, dove la gran capa della scuola italiana preferisce lavorare perché è un ufficio moderno, stile aziendale, lontano mille miglia dall'aria trasandato-pomposa-ministeriale del palazzone di Trastevere assegnato alla Pubblica istruzione, non ha l'aspetto della fortezza assediata.
Altrove strepitano i cobas e i sindacalisti della Cgil, l'opposizione attacca, si affrontano i costituzionalisti con diverse interpretazioni. Qui, in apparenza almeno, c'è grande decisione nel perseguire gli obiettivi fissati, senza, si afferma, pregiudiziali: perché, si dice, il decreto Moratti non rappresenta un regalo alle scuole private, nel nome di una scelta di campo che porta tutto ciò che è pubblico, sanità compresa, al sacrificio; è invece un passo concreto nell'attuazione di una strategia che punta alla parità e alla competitività.
Bonus per le private. Il provvedimento nasce dalla convinzione della necessità di correggere il rapporto tra sistemi educativi, famiglie e stato sulla base di una serie di risoluzioni internazionali che, dal 1948 a oggi, sono intervenute sul diritto prioritario dei genitori a scegliere gli istituti scolastici per i figli. E' un principio che si è allargato in tutta Europa, con la sola eccezione della Grecia, fino a raggiungere anche i paesi ex comunisti, Russia inclusa, e che già i governi di centro-sinistra cominciarono ad attuare con la legge sulla parità. L'ipotesi che si tratti di un finanziamento mascherato agli istituti privati, nel complesso oggi in grave crisi, viene respinta con fermezza: perché se i genitori non mandano i figli alle private, le private i soldi non li vedono. "È invece", dice il ministro, "un indispensabile atto di riequilibrio sociale. Quando, nelle politiche sociali, l'intervento dello Stato a favore dei giovani è debole, come accade da noi, il peso del mantenimento agli studi dei figli ricade quasi interamente sulle famiglie. E infatti la quota di reddito destinato dai genitori italiani ai propri figli è la più alta d'Europa: 59 per cento rispetto al 41 per cento della Germania e al 25 per cento di Francia, Irlanda e Austria".
In quest'ottica, sostengono al ministero, andrebbe rivista la polemica sulla costituzionalità, leggendo l'articolo 33 dove si dice che la scuola privata non deve comportare "oneri per lo Stato" assieme agli articoli 29, 30 e 31 che parlano di provvidenze per le famiglie. Inoltre, alcuni padri costituenti, interpretando l'articolo 33, scrissero: "Noi non diciamo che lo Stato non potrà mai intervenire in aiuto degli istituti privati, ma che nessun istituto privato potrà sorgere con il diritto di avere aiuti da parte dello Stato". E infatti, da parecchi decenni, il bilancio statale prevede diversi contributi alle scuole non statali. Che, va ricordato, alleggeriscono di una quota di studenti, e di spese, il sistema.
Politica governativa. Lasciamo perdere il dibattito tra illustri giuristi: grandi costituzionalisti trovarono perfino il modo di dimostrare che l'autopromozione di Mussolini a "primo maresciallo dell'Impero", alla pari con il re, non pregiudicava il ruolo di quest'ultimo come capo supremo delle forze armate. E' indubbio che, col bonus alle private, si sia marcato un segno politico, legittimo ma opinabile, in coerenza con l'atteggiamento (almeno a parole) liberale e liberista della maggioranza. E che lo si sia fatto senza badare troppo alla qualità delle diverse "private" e con una certa fretta, foriera di ripensamenti, per esempio sull'assegno dispensato alle famiglie indipendentemente dal reddito. "Abbiamo voluto dare un segno forte e passare all'applicazione concreta di un principio in cui crediamo", dice Moratti. "Ma non escludo che potremo differenziare la corresponsione in base alle diverse situazioni economiche".
Pubblico e privato. Non è vero, però, come hanno dichiarato esponenti dell'opposizione, che il bonus sia stato il primo atto concreto del ministero. Il primo atto del ministro, sottolineano i suoi collaboratori, è stato invece la firma del contratto con gli insegnanti, che ha portato loro un aumento medio di 150 euro. A dimostrazione che Moratti ha ben chiara la posizione nettamente dominante della scuola pubblica, alla quale va il 93 per cento degli investimenti previsti. E per la quale è necessario incrementare le risorse. Finora il ministro-manager ha ritenuto che la priorità fosse riqualificare la spesa che non era, in complesso, granché diversa dai livelli europei (lontanissima solo per l'università) ma prevedeva troppi insegnanti sottopagati e pochi investimenti tecnologici. Al ministero sostengono che anche qui c'era un buco, come quello evocato in televisione dal responsabile dell'Economia Tremonti, nato dalla "statizzazione" di settantamila bidelli e dall'inserimento in ruolo di 40mila docenti. Ed evocano diciottomila insegnanti pagati per non insegnare, magari perché la loro materia era dattilografia e tale rimaneva anche dopo la sua pratica scomparsa.
Si sa che ogni uomo (o donna) di governo ritiene, spesso in buona fede, di fissare al suo arrivo il punto di partenza per nuove magnifiche stagioni. Ma è indubbio che la Moratti, quale che sia il giudizio sulla sua riforma, ha fatto un gran lavoro preparatorio: quello che nell'industria privata si chiama "risanamento". Il vero cambiamento, dalla formazione degli insegnanti alle tanto strombazzate moltiplicazioni delle "i" (inglese e computer), è però tutto, o quasi, di là da venire. Il ministro insiste molto sulla necessità di una nuova fase, e nuova fase vuol dire soldi, molti soldi. Altrimenti non avrebbe senso restare.
E' un classico della politica italiana minacciare le dimissioni e non darle mai. Ma Moratti, "milady" o la "lady di ferro" come la chiamano nei corridoi e sui giornali, è un personaggio un po' particolare: non prende l'indennità di ministro, usa il suo aereo personale e non i reattori governativi e quando dice "basta", è davvero basta. Anni fa, dopo la presidenza Rai, lavorò con Rupert Murdoch. Ci furono dei problemi e lei mandò un biglietto: "Tank you very much, Rupert. It's over". E se ne andò.
Sono probabilmente molti gli insegnanti che si augurerebbero lo facesse anche oggi. E sono forse altrettanti quelli che temono che l'attuazione della parità tra scuole pubbliche e private scateni processi di concorrenza pericolosi. Ma è difficile negare che il ministro ha ragione quando sostiene che il recupero di competitività dell'Italia passa attraverso il recupero di competitività della scuola nel suo complesso. I tempi scelti per singoli passi, tanta fretta sul bonus per esempio, possono essere discutibili o addirittura sbagliati. Tuttavia al vantato pragmatismo occorre rispondere con concretezza. Mentre molte delle critiche che Moratti ha raccolto sembrano provenire dal profondo del passato, dai recessi dell'ideologia.


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