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"Recuperare le ore perse" ma i sindacati frenano

18/02/2021
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La Stampa

Niccolò Carratelli

Era una delle poche certezze filtrate dalle consultazioni di Mario Draghi. Confermata ieri nel suo discorso programmatico: la scuola è una priorità. Bisogna garantire un rientro in classe «in sicurezza» e «tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie» . Impresa non facile, visto com'è andata finora e alla luce del pesante impatto delle varianti del virus. Si pensa di usare unità mobili della Protezione civile per intervenire negli istituti in caso di cluster di coronavirus, così da avviare subito una campagna di tamponi per docenti e studenti. Ma non basta, il premier vuole anche «fare il possibile per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori difficoltà». La Dad, ha aggiunto l'ex presidente della Bce, «pur garantendo la continuità del servizio, non può non creare disagi ed evidenziare diseguaglianze».

Nella prima settimana di febbraio, solo il 60% degli studenti delle scuole superiori ha potuto seguire le lezioni a distanza. Insomma, bisogna trovare il modo di ricucire lo strappo, senza escludere nulla: nelle intenzioni di Draghi «allineare il calendario scolastico» significa ragionare sulla possibilità di andare a scuola nel pomeriggio, nei weekend e fino alla fine di giugno. Partendo dal presupposto che toccherà ai singoli istituti scolastici, in collaborazione con le relative Regioni, che definiscono il calendario, adottare eventuali modalità di recupero, in base alle necessità. Una condizione sottolineata anche dai sindacati: «Giusto ragionare sui recuperi delle ore perse, ma le esigenze delle scuole sono diverse – avverte Francesco Sinopoli, segretario Cgil Scuola – bisogna ripartire dal lavoro fatto dal personale scolastico e non si devono dimenticare i salari. Quest'anno c'è il rinnovo del contratto e solleciteremo un adeguamento degli stipendi sia con il ministro Bianchi che con il presidente Draghi». Sulla stessa linea Maddalena Gissi, della Cisl Scuola, che chiede di «aprire un confronto approfondito con il ministero per verificare cosa e quanto ci sia da recuperare, ma devono essere le scuole, nella loro autonomia, a stabilire

il fabbisogno e le modalità più opportune». Del resto, l'appello a non calare le decisioni dall'alto riguarda anche l'eventuale rimodulazione del calendario scolastico, che non può essere affrontata «in modo superficiale e schematico, come un banale dilemma tra ipotesi in cui è ammesso solo un sì o un no» .

Sulla necessità di sostenere gli studenti e colmare le lacune sono d'accordo anche i presidi, con il presidente dell'Anp Lazio, Mario Rusconi, che guarda avanti: «Questo gap di studio e di formazione, provocato dalla pandemia, deve essere assolutamente colmato – spiega – altrimenti le conseguenze le vedremo fra qualche anno, quando i ragazzi avranno difficoltà a superare i test per l'ingresso alle università». Unanime il consenso sul proposito, enunciato da Draghi, di investire in quella del personale docente, per «allineare l'offerta educativa alla domanda delle nuove generazioni», con particolare attenzione agli istituti tecnici, perché «senza innovare l'attuale organizzazione di queste scuole, rischiamo di sprecare le risorse previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza: un miliardo e mezzo, 20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia» . Un passaggio apprezzato dal presidente nazionale dell'Associazione presidi, Antonello Giannelli: «Ci aspettiamo proposte concrete da valutare – dice – sia sulla formazione dei docenti che sul rinnovo degli istituti tecnici, in modo che possano rispondere meglio alle richieste del mercato del lavoro» . —


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