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Quando l’arte d’arrangiarsi vìola le regole

di Pippo Frisone

07/12/2013
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ScuolaOggi

Che la scuola fosse costretta ad arrangiarsi è oramai risaputo da tempo. A fare da apripista, sono stati i cosiddetti contributi volontari delle famiglie oramai consolidati e in costante crescita. Che quei contributi, diventati sempre più necessari che volontari man mano che i tagli dei finanziamenti statali  crescevano, lo si era capito subito. Non è un caso che più d’un Ministro è dovuto intervenire per sottolineare, a fronte delle pretese sempre più onerose di alcune scuole, la totale volontarietà delle richieste.Tutti sanno che senza quei contributi, più  o meno volontari,  molte attività d’arricchimento dell’offerta formativa non si sarebbero potute realizzare.

Lo stesso funzionamento amministrativo-didattico ne avrebbe sofferto parecchio.

E mentre i Comuni latitano, strozzati dal patto di stabilità, è ancora grazie al volontariato che molte scuole vengono ripulite, sistemate, imbiancate e messe a nuovo.

Se il taglio di 85mila docenti, nel triennio 09/12, congiuntamente alle modifiche degli ordinamenti, hanno inciso negativamente sulla qualità del tempo scuola e dell’insegnamento, i tagli di 45mila non docenti, stanno pregiudicando sempre più la tenuta e l’efficienza  dei servizi ausiliari, tecnici e amministrativi.

Qui l’arte d’arrangiarsi sta spingendo sempre più le scuole, in nome dell’emergenza,  a violare non solo le norme contrattuali ma le stesse norme di legge.

L’emergenza più ricorrente che riguarda i docenti, è la sostituzione per brevi periodi dei colleghi assenti. Qui è la fantasia che sopperisce alla mancanza di risorse e alle difficoltà nel reperimento dei supplenti . Dopo aver riscontrato l’assenza di disponibilità interne alla scuola, accertata la scarsa reperibilità di supplenti esterni, la parola d’ordine sembra diventata, “spezzare” .

E allora, si spezzano le compresenze soprattutto nel tempo pieno, si spezza il sostegno all’alunno dva e alla sua classe, si spezzano le attività integrative e se non bastasse, si spezzano anche le classi del docente assente, per ridistribuire gli alunni, a piccoli gruppi, in altrettante classi.

In nome dell’emergenza e dell’indispensabilità della vigilanza dei minori, spesso e volentieri si violano non poche norme, e quando l’emergenza diventa ordinaria amministrazione è il diritto allo studio degli alunni che è rimesso in discussione.

Ma dove si esercita in forma organica l’arte dello spezzare è con l’orario dei Collaboratori Scolastici. Il cosiddetto orario spezzato non è previsto dal Contratto tra le modalità di prestazione dell’orario di lavoro (art.53).

Le 6 ore giornaliere, invece, sono declinate all’art.51 in modo continuativo, di norma antimeridiane.

Questa pratica illegale di spezzare l’orario si è diffusa sempre più parallelamente all’aumento dei tagli agli organici.

Da straordinaria, questa pratica illegale è divenuta sempre più ordinaria e accettata da una parte del personale come il male minore.

Qualche scuola ha addirittura stipulato intese con le RSU  che riconoscono piena agibilità all’orario spezzato. Il personale che si oppone deve subire ordini di servizio che impongono l’orario spezzato.

Quando l’emergenza diventa ordinario pretesto, si cade nell’illegalità diffusa.

Non si possono legittimare strumenti e modalità d’intervento che stravolgono le regole e fanno della scuola “tagliata”, un contenitore sempre più vuoto e ad alto rischio .

Lo “spezzato” ahimè “ va crescendo: prende forza a poco a poco,scorre già di loco in loco, sembra il tuono, la tempesta che nel sen della foresta, va fischiando, brontolando, e ti fa d’orror gelar”.

Con la speranza che a rimettere un po’ d’ordine sia il prossimo contratto nazionale, altrimenti il povero docente o il povero Ata, come “il meschino” nel Barbiere di Siviglia, “avvilito, calpestato sotto il pubblico flagello per gran sorte va a crepar“.

 


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