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Precari e senza stipendio

Circa 50.000 lavoratori tra insegnanti e personale Ata sono stati assunti per un anno come organico covid per rendere possibile lo sdoppiamento delle classi. Ma per colpa di una procedura farraginosa, molti di loro non sono stati ancora pagati

04/02/2021
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Collettiva.it

Di Stefano Iucci

Precari e spesso non pagati. È la vicenda – surreale ma molto italiana – dei circa 50.000 lavoratori tra docenti e personale Ata assunti come “organico covid” grazie al decreto Rilancio del maggio 2020 (che ha stanziato per questo due miliardi) ed entrati in servizio soprattutto tra ottobre e novembre. L’obiettivo è strategico: assunti fino al termine dell’anno scolastico, la loro funzione è quella di “aiutare” le scuole a garantire il necessario distanziamento di ragazze e ragazzi sdoppiando i gruppi classe per ridurre le occasioni di contagio. 

Tuttavia, come ci spiega Manuela Pascarella, della Flc Cgil nazionale, per loro è stata escogitata una modalità di pagamento inedita che sta creando molti problemi: “Il ministero ha dato le risorse direttamente agli uffici scolastici regionali e alle scuole. A differenza del resto del personale, non è stato definito un organico – e cioè una quantificazione dei posti – ma solo un budget in base al quale poi le scuole potevano assumere secondo alcuni parametri, come per esempio la precedenza per le primarie. Qualcosa nel meccanismo si è inceppato, per cui quando vengono immessi i dati affinché il Tesoro provveda al pagamento degli stipendi, l’operazione risulta impossibile perché apparentemente priva di copertura”. Per discutere di questo problema la Flc ha organizzato un’assemblea online per il 5 febbraio a partire dalle 16.30. Qui il dettaglio e le modalità per partecipare.

Se la questione è tecnica (i soldi ci sono), le conseguenze sulle vite di lavoratrici e lavoratori sono pesantissime. “Si tratta di una situazione che abbiamo segnalato da subito e con forza al ministero per avere garanzie sui pagamenti – attacca la sindacalista –. Ma abbiamo ottenuto solo quattro ‘emissioni speciali’, quelle che vengono utilizzate per pagare gli arretrati, e che però a oggi ancora non hanno coperto tutti i buchi. Continuiamo a ricevere segnalazioni da tantissimi territori dove ai lavoratori mancano ancora stipendi: in molti casi è stato pagata solo la mensilità di ottobre”.

Una situazione incresciosa, se si considera, spiega Pascarella, che “molte di queste persone hanno dovuto spostarsi territorialmente e sono state spesso costrette ad affittare una casa e dunque ad anticipare soldi. In tantissimi non hanno avuto un euro di stipendio neanche a Natale: abbiamo persino scritto alla ministra Azzolina per denunciare questa situazione incresciosa, ma lei non si è neanche degnata di risponderci”.

Gli obiettivi che in questa vertenza i sindacati si prefiggono non sono tuttavia solo a breve termine (cioè l’immediato pagamento di tutti gli arretrati). Le organizzazioni dei lavoratori chiedono di agire da subito per risolvere un problema che altrimenti si ripresenterà il prossimo anno, visto che l’emergenza è destinata a durare, e di far in modo che questi posti vengano consolidati nell’organico.

Un’”avventura”, quella degli “insegnanti covid”, sin qui molto tormentata. In una prima istanza era addirittura previsto il loro licenziamento in tronco in caso di cessazione della didattica a distanza. Grazie all’azione sindacale almeno questa ingiustizia palese è stata sanata: con un emendamento al decreto legge 104/2020 è previsto che in tal caso continueranno a lavorare a distanza, in modalità “agile”. Si spera, presto, anche ricevendo lo stipendio, che è rappresenta poi semplicemente il dovuto relativo a un compito così importante in un’epoca di emergenza sanitaria e che vede le scuola in una posizione imprescindibile ma anche particolarmente esposta al rischio dei contagi.


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