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Pagheranno l’Imu le scuole paritarie orientate al profitto

Presto una legge interpretativa per superare l’incertezza dopo le sentenze della Cassazione. Ma non sarà un decreto

28/07/2015
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Il Messaggero

ROMA Nessun decreto ma una norma di interpretazione autentica per indicare in maniera più chiara cosa si intende con esattezza per ente commerciale. Il governo, alle prese con la patata bollente della sentenza della Corte di Cassazione sull’obbligo di pagamento dell’Imu a carico due scuole paritarie di Livorno, cerca una via d’uscita per evitare una valanga di ricorsi simili da parte di altri sindaci. Una eventualità che metterebbe in ginocchio una rete di 13 mila istituti (oltre un milione gli studenti interessati) che Palazzo Chigi vuole tutelare. Ma senza ricorrere alla decretazione d’urgenza. Bensì con una legge interpretativa in grado di limitare l’eccessiva discrezionalità dei giudici di merito sulla tassabilità delle scuole. Nella sostanza, il governo ha in mente di costruire una norma che, per il futuro, imponga il versamento dell’imposta sugli immobili unicamente agli istituti che puntano dichiaratamente sugli utili distribuendo dividendi ai propri azionisti. E dunque non sarà sufficiente produrre ricavi al fine di far quadrare il bilancio per essere sottoposti al prelievo. A patto, beninteso, che quei ricavi vengano reinvestiti per migliorare la qualità complessiva dell’istituto. E cioè, ad esempio, per premiare gli insegnanti più capaci o per migliorare strutture e programmi scolastici.
L’ALTERNATIVATuttavia, in area governativa, c’è chi suggerisce un’altra strada. «Nel giugno del 2014 - ha spiegato Gabriele Toccafondi, sottosegretario al Miur - è stato quantificato il costo medio sostenuto dallo Stato per uno studente nelle proprie scuole. Queste cifre costituivano un riferimento per le paritarie non profit per capire se erano esentate o meno dal pagamento dell’Imu per la parte della struttura destinata all’attività didattica». Nel dettaglio un calcolo basato sui dati dell’Ocse stabilisce che per un alunno di scuola dell’infanzia lo Stato spende ogni anno una media di 5.739 euro, Intanto ieri la stessa Cassazione, per replicare alla valanga di proteste piovute dal mondo politico e religioso («comunque la si guardi, la sentenza è una spallata alla libertà di educazione» ha protestato il Servizio informazione religiosa della Cei ), è intervenuta per chiarire alcuni punti della vicenda. Il primo presidente della Corte Giorgio Santacroce, oltre a ricordare che la sentenza non fa giurisprudenza e che spetterà al giudice naturale, di volta in volta, decidere sui casi concreti, ha precisato che «quanto stabilito è in linea di continuità con l’orientamento circa l’interpretazione dell’esenzione prevista», per cui «si tratta di polemiche in larga parte fuor d’opera e che sembrano dimenticare come la questione sia stata oggetto di un’indagine comunitaria per sospetti aiuti di Stato agli enti della Chiesa, che sarebbero potuti derivare da un’interpretazione della esenzione non rigorosa e in possibile contraddizione con i principi della concorrenza». Come a dire, in pratica, che la Cassazione non ha fatto altro che seguire le indicazioni di Bruxelles. L’interpretazione, dunque, ha proseguito Santacroce «è che l’esenzione spetti laddove l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle astrattamente previste dalla norma come suscettibili di andare esenti, non sia svolta in concreto con le modalità di un’attività commerciale». E la Corte chiarisce che «l’onere di provare tale circostanza spetta al contribuente».
LE POLEMICHEUn chiarimento che non ha placato le polemiche. Per il deputato di Area popolare Alessandro Pagano «va salvaguardata la parità scolastica» mentre Movimento 5 Stelle afferma che le scuole paritarie «usufruiscono di privilegi di cui godono solo attraverso l’aggiramento della Costituzione». In tanti confidano nel tavolo di confronto annunciato dal Governo (una prima riunione forse venerdì). Perché, sostiene l’Agesc (Associazione Genitori Scuole Cattoliche), la sentenza della Cassazione «soffoca la libertà di scelta educativa dei genitori».
Michele Di Branco


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