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Open Research Europe: un passo ulteriore verso la scienza aperta

Open Research Europe è la piattaforma finanziata dalla Commissione Europea destinata a raccogliere i risultati (in termini di pubblicazioni scientifiche) dei finanziamenti di H2020 e dei futuri Programmi quadro

22/05/2021
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ROARS

Paola Galimberti

Open Research Europe è la piattaforma finanziata dalla Commissione Europea destinata a raccogliere i risultati (in termini di pubblicazioni scientifiche) dei finanziamenti di H2020 e dei futuri Programmi quadro. Pubblicazioni, dati, peer review e commenti saranno accessibili a chiunque, rendendo i processi di pubblicazione chiari, trasparenti e verificabili.

Il 24 marzo è stata ufficialmente lanciata la piattaforma della Commissione europea Open Research Europe, il luogo virtuale in cui verranno sottomessi (alcuni sono già presenti) i lavori esito di finanziamenti europei, in cui questi lavori verranno sottoposti a open peer review e poi, se accettati, pubblicati ad accesso aperto.

Si tratta di un ulteriore passo avanti fatto dalla Commissione nelle sue strategie di sostegno alla scienza aperta avviate durante il 7. Programma quadro (pilota sulle pubblicazioni open accesspost grant FP7) e poi portate avanti in H2020 (obbligo di accesso aperto per le pubblicazioni e dati ‘as open as possible as closed as necessary ‘) e che troveranno compimento in Horizon Europe dove dati e pubblicazioni esito di finanziamenti europei dovranno essere aperti di default. Non solo, la Commissione ha deciso che anche i processi che portano alla validazione delle ricerche (peer review) dovranno essere aperti, verificabili, tracciabili.

Per istituire la propria piattaforma di pubblicazioni scientifiche la Commissione ha fatto un bando che è stato vinto da F1000 (lo stesso fornitore della piattaforma di Wellcome Trust: Wellcome Open Research) e in effetti il modello editoriale è esattamente quello di F1000.

L’autore o gli autori sottomettono la loro ricerca (esito del finanziamento ricevuto dalla EC) rispetto alla quale l’editorial team fa un check formale. Viene verificata la eligibilità dell’articolo, viene fatto un test con un software antiplagio, si verifica che siano presenti i dati necessari per validare e verificare i risultati e che siano stati archiviati in modalità FAIR. Subito dopo l’articolo è pubblicato come pre-print con i nomi dei revisori prescelti.

Gli autori possono suggerire i revisori e l’editorial team verifica la loro eligibilità e li invita a sottomettere al sistema la propria revisione. Se gli autori non sono in grado di indicare dei revisori è l’editorial team a farsi carico della individuazione delle figure più adatte che vengono contattate allo stesso modo dei revisori suggeriti dagli autori.

Il report di revisione (leggibile da chiunque) è composto di una parte narrativa e di una parte di domande a risposta chiusa e si conclude con la accettazione (che implica piccole modifiche minori), con una approvazione con riserva (che richiede interventi più consistenti), o con un respingimento dell’articolo. Ogni report di revisione (a cui l’autore deve ovviamente rispondere) ha un proprio DOI, è citabile, può essere inserito nel proprio cv e ha delle proprie metriche (il numero di “viste”).

Nel corso del processo di revisione e delle interazioni fra autori e revisori gli autori apportano le modifiche richieste e caricano una nuova versione del lavoro che viene sottoposta ai revisori i quali a loro volta verificano il lavoro fatto.

Quando la pubblicazione ha superato tutti gli step della peer review viene mandata ai vari indicizzatori e ai repository.

In 17 punti molto chiari la Commissione definisce le politiche della piattaforma rispetto a tematiche come autorialità, plagio, originalità, etica, costi ecc.

Ciascun articolo presenta una serie di metriche (viste e downloads) e la possibilità per la comunità disciplinare di postare dei commenti (anche questi nominativi e leggibili da tutti).

La Commissione ha finanziato la piattaforma con oltre un milione di euro (considerati necessari per riadattare la piattaforma di F1000 alle esigenze della Commissione), e paga per ciascun articolo pubblicato un importo fisso di 780 euro.

Un modello interessante da seguire quello delle piattaforme, sia per quanto riguarda i costi che risultano essere in maniera considerevole inferiori a quelli previsti dalle riviste scientifiche (gold e ibride) e sembrano indicare un “equo costo” agli editori e alle istituzioni che ora si sono impegnati in costosi contratti trasformativi, sia per la scelta di un sistema totalmente aperto, trasparente e verificabile.

Un sistema che mette in discussione molti dei capisaldi della pubblicazione nelle riviste scientifiche a partire dalla rinuncia al brand e al prestigio del contenitore come elemento significativo e fondamentale per il giudizio sui contenuti. Anche il mito della revisione in doppio cieco viene meno, a favore di un principio di trasparenza e tracciabilità, così come si scombina la sequenza lineare del processo editoriale ormai noto da secoli (registrazione, certificazione, disseminazione e archiviazione).

E’ presto per dire se il modello delle piattaforme sostenute dall’ente finanziatore potranno sostituire le riviste scientifiche o vi si affiancheranno solamente, molto dipenderà anche dagli sforzi che si faranno per modificare i sistemi di valutazione quantitativa e di prestigio costruiti sul marchio editoriale.

Una cosa pare certa, la Commissione ha fatto un passo in una direzione da cui sarà difficile tornare indietro.


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