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Nuova Sardegna-Ora bisogna applicare l'autonomia

Ora bisogna applicare l'autonomia I capi di istituto temono la politica dei "passi indietro" I DIRIGENTI Fare i conti con i bilanci SASSARI. Se dal convegno sul diritto all'istruzione è emerso...

10/10/2002
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Nuova Sardegna

Ora bisogna applicare l'autonomia
I capi di istituto temono la politica dei "passi indietro"
I DIRIGENTI Fare i conti con i bilanci

SASSARI. Se dal convegno sul diritto all'istruzione è emerso un quadro di riforma piuttosto catastrofico, con la minaccia di tagli ai finanziamenti e la cancellazione di tutto il lavoro fatto dai governi precedenti, rimane da vedere come i capi di situto stanno accogliendo le novità che la riforma Moratti sta introducendo: cioè chi, insieme ai docenti, vive quotidianamente la scuola, chi materialmente ha a che fare con i problemi di gestione economica e didattica dell'istruzione.
A partire dalla prospettiva di una scuola differenziata, così come i finanziamenti, fra pubblico e privato, continuando con il progetto Bertagna che introduce la scelta a 14 anni tra il percorso liceo-università e l'istruzione professionalizzante ovvero la formazione professionale. Ed ancora, cosa potrebbe significare il ritorno al maestro prevalente?
"La nuova riforma - afferma Elio Piga, dirigente scolastico del secondo circolo didattico- San Giuseppe - potrebbe servire a dare nuovo impulso al sapere. È certo che una riforma che non prevede investimenti parte monca e si concilia male con l'apertura a nuove frontiere del sapere. Dall'altra parte occorre una razionalizzazione delle risorse che però non si può attuare pensando di tagliare personale e finanziamenti rendendo di fatto impossibile la gestione ordinaria e quella dell'autonomia. Quanto al ritorno del maestro unico speriamo che le nostre battaglie per la sperimentazione della collegialità non siano state inutili. I traguardi che avevamo appena raggiunto costituiscono un grandissimo patrimonio per la scuola italiana. Io credo - prosegue Piga - che il punto debole di questa complessa riforma risieda nello scarso approfondimento delle proposte, dei punti nodali che, come nel caso della sperimentazione appena partita, hanno messo paura. Credo inoltre - conclude - che il processo di rafforzamento e di crescita della scuola privata sia irreversibile. D'altra parte è cominciato con il precedente governo. Non credo, tuttavia, che la scuola pubblica debba temere grandi concorrenti, l'importante è che la partita si giochi ad armi pari, che ad ognuno vengano fornite le medesime opportunità".
Su quest'ultimo punto la pensa allo stesso modo anche il preside della scuola media numero 3, Luigi Gallucci: "La scuola pubblica - afferma - nell'ambito della propria autonomia ha anche gli strumenti, legislativi da una parte e culturali dall'altra, per scacciare questo spauracchio della scuola privata". Riguardo alla scelta del percorso di formazione a 14 anni Gallucci manifesta serie perplessità: "La costruzione di un processo decisionale - spiega - avviene in seguito ad una serie di esperienze che difficilmente a quattordici anni si sono fatte. Il limite dei quattordici anni risulta piuttosto anticipato".
"Tutto questo significa entrare nell'ambito dell'orientamento - aggiunge Lidia Massarella, preside del liceo classico "Azuni" -. Aiutare i ragazzi a scoprire i propri talenti significa entrare nel merito del problema e fornire alla scuola gli strumenti di supporto. Investire nella scuola significa dunque affrontare in tempi brevi questi problemi altrimenti si perdono i treni. Per combattere la sfida della globalizzazione l'unico mezzo è la formazione culturale. La mia idea di questa riforma è quella di una riforma ingessata: in questi anni la scuola è arrivata al grosso traguardo dell'autonomia, inattuabile per l'assenza dei quadri nazionali di riferimento. Un'autonomia che dipende da condizionamenti economici è, anch'essa, ingessata, equivale ad avere uno strumento ma non poterlo utilizzare. Le regioni devono perciò riappropriarsi delle competenze loro attribuite dalle leggi dello Stato, ed in questo contesto giocano un grandissimo ruolo i direttori regionali per la pubblica istruzione che dovrebbero esercitare adeguate pressioni affinché questo processo si realizzi". (a.re.)


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