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No alla scuola diminuita

Mezzo milione di alunni (e famiglie) rischiano di restare senza tempo pieno

31/08/2020
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Tuttoscuola

Il vero rischio per l’anno scolastico che sta per iniziare è la scuola diminuita. In assenza di certezze sull’organico, sugli spazi, sui banchi (il commissario straordinario per l’emergenza Arcuri non ha ancora fornito un preciso piano di consegne scuola per scuola: è inaccettabile, ma è il Governo che evidentemente lo consente) molte scuole si stanno adattando a organizzare un tempo scuola ridotto, comprimendo l’offerta formativa come denunciato da tempo da Tuttoscuola. Non ce lo possiamo permettere. Soprattutto non possono permetterselo i nostri studenti, i cui livelli di apprendimento sono stati già gravemente danneggiati dalla chiusura forzata dei mesi scorsi: hanno perso complessivamente 190 milioni di ore di lezione in presenza, 400/500 ore ad alunno, recuperate solo parzialmente in maniera disomogenea attraverso la didattica a distanza, per la quale la scuola italiana non era pronta e che, nonostante l’impegno di tanti docenti, solo in pochi casi è stata di adeguata qualità (e non può più accadere). Sarebbe un ulteriore e irrecuperabile danno per i livelli di apprendimento degli studenti italiani, già in media bassi. Lo spettro della povertà educativa si allunga sulle fasce più deboli.

Ma non possono permetterselo neanche le famiglie, soprattutto quelle con figli piccoli. Il tempo pieno nella scuola primaria, un servizio indispensabile per molte famiglie soprattutto del centro-nord, è a rischio quasi dappertutto: un servizio che dovrebbe diventare universale e che quest’anno potrebbe al contrario essere riservato a pochi privilegiati: come faranno i genitori che lavorano e non possono godere di supporti familiari o a pagamento a gestire il pranzo e la cura dei figli nel pomeriggio?

Approfondiamo i dati del tempo pieno per valutare le probabili conseguenze di quanto sta per succedere.

Nell’ultimo quinquennio la crescita di tempo pieno è stata costante sia per numero di alunni sia per classi, toccando nel 2019-20 il 37,8% degli alunni che se ne sono avvalsi e il 36,2% di classi funzionanti con questo modello organizzativo. Ma nel nord-ovest si arriva a un alunno su due. Addirittura il 94% a Milano, il 71% a Torino. Ormai la regione dove è più diffuso è diventata il Lazio con il 54,7%, che ha superato la Lombardia (50,8%): a Roma il 72% degli alunni della primaria fanno tempo pieno. Fino all’anno scorso…

Più esattamente nel 2019-20, mentre il numero degli alunni che si sono avvalsi del tempo normale (24, 27 o 30 ore settimanali) era diminuito di 69.999 unità rispetto all’anno precedente, il numero di alunni che avevano scelto il tempo pieno (40 ore settimanali) era aumentato di 16.627 unità, arrivando a quota 923.196. Sintomo di un grande apprezzamento da parte delle famiglie, e di un corrispondente sforzo da parte dei Comuni e del Ministero dell’istruzione per garantire il servizio a un numero sempre crescente di alunni.

Il numero delle classi organizzate a tempo pieno, aumentato di 1.459 unità rispetto all’anno precedente, era stato di 46.403 unità.

Anche il numero delle scuole strutturate in locali e servizi per questo modello di organizzazione didattica era aumentato nell’ultimo quinquennio, passando da 6.233 a 6.693 unità.

Quest’anno, invece, si prospetta una drastica inversione di tendenza. Molto probabilmente nel 2020-21 il tempo pieno subirà una brusca frenata a causa della riorganizzazione generale imposta dall’emergenza sanitaria.

Per assicurare nuovi spazi interni a favore delle classi sdoppiate o con capienza non conforme ai parametri di distanziamento, molti dirigenti scolastici sono costretti a utilizzare (oltre alle palestre) i locali adibiti a mensa e anche i laboratori utilizzati per il tempo pieno.

In moltissimi casi la somministrazione dei pasti non potrà avvenire secondo gli standard della refezione ordinaria e si dovrà ricorrere ai lunch box per il consumo dei pasti in aula. Le ditte preposte al servizio di refezione dovranno riconvertire le strutture per il nuovo servizio, ma ad oggi molte non hanno ancora ricevuto indicazioni su come procedere. Ovviamente occorreranno più inservienti per distribuire, pulire, ecc.

Un numero imprecisato di classi potrebbe, inoltre, subire lo sdoppiamento senza avere la certezza dell’assegnazione di docenti in organico aggiuntivo, costringendo i dirigenti scolastici ad utilizzare eccezionalmente il doppio organico docenti a disposizione per il tempo pieno.

Tempo pieno a rischio, anche se è difficile sapere per quanti, in assenza di rilevazioni da parte del MI.

Un’ipotesi pessimistica ma purtroppo fondata è che mezzo milione di alunni che nel 2019-20 si avvaleva del tempo pieno potrebbe essere costretto a rinunciarvi, determinando sulle loro famiglie una difficoltà di organizzazione familiare e lavorativa non da poco, perché, come si sa, il tempo pieno non ha soltanto una valenza formativa per gli alunni che se ne avvalgono, ma rappresenta anche una risorsa sociale per i genitori impegnati nel lavoro o alla ricerca di un’occupazione.

Un tempo scuola ridotto da 40 a 27-30 ore di funzionamento settimanale nella metà (ipotesi estrema) delle 46.400 classi già funzionanti a tempo pieno determinerebbe, nelle 33 settimane dell’anno scolastico, una perdita complessiva di ore (di lezione o tempo mensa) per l’intero a.s. 2020-21 stimabile tra i 7,7 e i 10 milioni di unità.

Se le classi declassate (provvisoriamente) da tempo pieno (TP) a tempo normale fossero soltanto un quarto del totale, ovviamente le ore perdute nel corso dell’intero anno oscillerebbero tra i 3,8 e i 5 milioni.

Cosa succederebbe, in particolare, nelle grandi città?

A Milano, dove nel 2019-20 gli alunni in classi a tempo pieno sono stati 122.130 (il 94% del totale), nell’ipotesi peggiore (metà classi TP declassate), vi sarebbero 61mila alunni privati del tempo scuola con conseguenti disagi per altrettante famiglie. Se classi declassate fossero un quarto, vi sarebbero oltre 30 mila alunni milanesi orfani di TP.

A Roma, dove gli alunni che si avvalgono del tempo pieno sono 124.819 (72% del totale), nella peggior ipotesi si dovrebbero accontentare del tempo normale in quasi 62.500; se fosse declassato un quarto, vi sarebbero oltre 31 mila alunni romani senza TP.

A Torino, con 63.197 alunni in tempo pieno, sarebbero costretti a utilizzare il tempo normale in 31.600 (ipotesi peggiore) oppure quasi 16 mila (declassamento di un quarto delle classi).


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