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nità_Signor Presidente non sono d'accordo.di N.Tranfaglia

Signor Presidente non Sono d'Accordo di Nicola Tranfaglia Mi dispiace ma questa volta, anzitutto come studioso di Storia (ma anche come cittadino italiano) non riesco ad essere d'accordo con il di...

08/11/2002
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Signor Presidente non Sono d'Accordo
di Nicola Tranfaglia

Mi dispiace ma questa volta, anzitutto come studioso di Storia (ma anche come cittadino italiano) non riesco ad essere d'accordo con il discorso che il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha fatto per ricordare il 4 novembre 1918, data conclusiva della prima guerra mondiale in cui l'Italia uscì vittoriosa.
Il Presidente ha detto che c'è in Italia ormai una memoria condivisa e ha specificato di averlo sentito a Cefalonia come ad El Alamein. A Cefalonia dove migliaia di italiani furono uccisi dai nazisti dopo l'armistizio del settembre 1943 perché non vollero arrendersi e combattere con la Wermacht. A El Alamein dove soldati e ufficiali italiani caddero durante una battaglia decisiva contro le truppe inglesi.
Ora, nessuno discute il rispetto che dobbiamo a tutti i caduti nella seconda guerra mondiale, sia se combattessero dalla parte dell'Asse sia contro i nazisti e i fascisti di Salò.
Ma il rispetto per i morti di ogni bandiera non può tramutarsi nell'accettare che, sul piano storico, non ci sia distinzione tra la causa giusta, di aspirazione alla democrazia e alla libertà, per cui caddero migliaia di partigiani nella lotta contro gli occupanti nazisti e i loro feroci alleati della Repubblica sociale e la causa profondamente sbagliata per cui alcune migliaia di giovani e giovanissimi si arruolarono per difendere il fascismo e l'antisemitismo a fianco di Mussolini e di Hitler.
Di fronte al possibile equivoco dell'espressione di Ciampi sulla memoria ormai condivisa, il ministro degli Italiani all'estero Mirko Tremaglia, un uomo rimasto immobile e coerente nella difesa della Repubblica sociale, ha dichiarato che a questo punto il Colle ha accettato la richiesta di pacificazione avanzata prima dal Movimento Sociale Italiano e ora da Alleanza nazionale e che, dopo le parole del Presidente, sarà necessario riabilitare anche gli italiani che fecero parte nei mesi cupi dell'occupazione nazista delle Ss. Cioè delle truppe che si macchiarono, insieme con le Brigate nere, dei delitti più efferati di quei venti mesi.
Certo, Tremaglia porta acqua al suo mulino e dà alle parole del capo dello Stato un significato probabilmente eccessivo. Ma resta il fatto che nell'Italia di oggi non è possibile, se ci si guarda intorno, parlare di memoria ormai condivisa.
Vorrei spiegare in due parole perché.
Innanzitutto perché basta seguire le televisioni o i giornali per rendersi conto che il revisionismo teso a rivalutare il fascismo e la sua immagine è più che mai all'offensiva con sempre nuove manifestazioni. È dei giorni scorsi la manifestazione di Forza Nuova, un movimento apertamente razzista e filo nazista, a cui hanno partecipato esponenti della Lega e del governo con parole d'ordine contrarie non soltanto alla Costituzione vigente ma anche alla convivenza civile e democratica.
Inoltre, proprio in Emilia Romagna, un quotidiano noto per la sua posizione apertamente di centrodestra, distribuisce da settimane gratuitamente ai suoi lettori grandi fotografie del periodo fascista: ricordo quella della vita gloriosa di Mussolini a Forlì nel 1941.
Se a questa offensiva del revisionismo filo-fascista si aggiunge quella che il governo Berlusconi sta conducendo, da quindici mesi a questa parte, contro i valori e i princìpi della Carta Costituzionale, di cui l'approvazione della legge Cirami costituisce una tappa particolarmente preoccupante seguita come è stato già ribadito dall'asservimento della magistratura al potere esecutivo, come si fa a parlare di memoria condivisa?
Che cosa possiamo condividere con una destra che continua a proporre un passato assai diverso da quello che c'è stato consegnato dalla Storia? È un presente nel quale trovano ascolto, presso uno dei partiti di governo, le parole d'ordine deliranti di Forza Nuova e dell'europarlamentare leghista Borghezio contro i neri, i meridionali, tutti quelli che non sono padani?
Mi rendo conto che questi sono interrogativi fastidiosi ma a me è stato insegnato tanti anni fa che tutto deve essere analizzato nel suo contesto e non in astratto.
Ora il contesto italiano, più ancora di quello europeo, ci dice che le coalizioni di centrodestra oggi al potere in molti Paesi hanno al loro interno un'ala filo fascista e razzista che non è affatto pentita di quello che è successo in Europa negli anni 30 e 40 e ha bisogno proprio per questo di rivedere, nel senso già detto, un passato che generazioni di storici hanno ricostruito e che continuano a studiare analizzando le ragioni profonde della vittoria dei fascismi in larga parte del continente.
Quel che preoccupa gli studiosi di Storia, ma anche una più grande opinione pubblica, è che questo revisionismo che nega i delitti del nazismo tedesco e del fascismo italiano non si fonda su nuove ricerche d'archivio che hanno messo in discussione le precedenti ricostruzioni né hanno portato a clamorose novità ma poggia esclusivamente su reportage giornalistici e ricordi di sopravvissuti senza alcun controllo delle fonti.
È in altri termini una operazione politica assai più che storiografica, che tenta di affermare, attraverso mezzi di comunicazione di massa legate alla destra, una verità che non ha nessun fondamento ma che può far breccia in chi non ha gli strumenti per contestare quel che viene detto o trasmesso sul piccolo schermo.
In una situazione come questa a chi scrive sembra assai difficile, se non impossibile, nell'Italia di oggi, parlare ancora di memoria ormai condivisa.


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