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«Mobilitazione per stringere alleanze per il Paese»

Intervista a Enrico Panini. Oltre gli indignados «Per risolvere i problemi dell’Italia serve riscoprirne la dimensione collettiva. Il pubblico è garante di democrazia »

07/10/2011
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l'Unità

Luigina Venturelli.

La parola d’ordine scelta per la manifestazione recita «Pubblico è futuro». E sullo striscione d’apertura del corteo si legge «Un paese senza memoria è un paese senza futuro». Parole d’ampio respiro politico. Inadatte ad una rivendicazione sindacale in senso stretto.
Enrico Panini, responsabile organizzazione della Cgil, perché la manifestazione di domani non sarà una semplice protesta di categoria? «In piazza scenderanno i lavoratori del pubblico impiego e della conoscenza, i più colpiti dalle manovre di questo governo, che nei loro confronti ha condotto una vera e propria vendetta ideologica per quello che rappresentano: il pubblico come garante bene di tutti, sfera di diritti collettivi, ambito dal quale sono passati negli anni i più importanti avanzamenti sociali di questo paese. Basti pensare alle riforme del sistema sanitario e al loro impatto sulla salute di tutti i cittadini o sui diritti delle donne, basti pensare alla scuola pubblica e alle conquiste dell’istruzione di massa per la crescita sociale e culturale dell’Italia».
 Sembrano passati secoli. «Per questo quella di domani sarà una grande manifestazione di popolo: perché il pubblico, in ultima analisi, è garante della democrazia. In arrivo nella capitale ci sono seicento pullman e due treni speciali, saranno presenti lavoratori di altre categorie, ma anche studenti, famiglie con figli in età scolare, movimenti in difesa dei diritti del malato e molte altre associazioni. Il disegno di questo governo è privatizzare tutto il possibile fino a lasciare solo uno Stato minimo, caritatevole, che si occupi dello stretto bisogno per le fasce più deboli, lasciando che per tutto il resto il censo funzioni come elemento regolatore dei diritti di uomini e donne. Un vero e proprio stravolgimento della nostra Costituzione».
Prima lo sciopero generale del 6 settembre, poi la protesta dei pensionati e la manifestazione per il lavoro a dicembre. Qual è il senso di questa lunga stagione di protesta? E quale la diversità rispetto ai tanti indignados? «L’iniziativa della Cgil vuole essere un presidio di democrazia, fare da collante tra le diverse parti della società, fonte di alleanze nel paese. Per affrontare davvero i problemi dell’Italia bisogna riscoprirne la dimensione collettiva, ritrovare le ragioni per stare insieme, ed uscire dalle rivendicazioni mie o tue che animano tante proteste di questa fase storica».
Si tratta di riparare danni di lungo periodo. «Il liberismo e il berlusconismo hanno cercato in ogni modo di ridurre lo spazio delle forme di intermediazione e rappresentanza sociale per arrivare all’estrema semplificazione che contrappone un leader a un popolo anonimo. E che nulla c’entra con la democrazia ampia ed articolata disegnata dalla nostra Costituzione».
È questo l’obiettivo dell’iniziativa Cgil? Riparare i danni? «L’obiettivo primario è rispondere alle tante domande insolute di un Paese che per buona parte si è impoverito drammaticamente mentre l’altra si arricchiva, anche grazie all’evasione fiscale. Per questo la Cgil ha presentato una serie di rivendicazioni e proposte programmatiche per modificare i rapporti di forza nel Paese ed intraprendere un percorso di crescita su binari completamente diversi da quelli che ci hanno portato a questa crisi».
Nel merito? «Per trovare risorse economiche nel breve periodo proponiamo un intervento sui grandi patrimoni e una stretta contro l’evasione, ma nel medio e lungo periodo servono misure per crescere: un piano straordinario per l’occupazione giovanile, investimenti nel pubblico, nel sapere e nella ricerca oggi ridotta la lumicino. Per ora saranno i precari della conoscenza e dei comparti pubblici a pagare questa crisi con l’espulsione dal lavoro. Quegli stessi giovani su cui invece dovremmo puntare per l’ammodernamento del sistema».
Non vi sentite soli in questa lotta? Quali spazi ci sono per costruire iniziative comuni con Cisl e Uil e,magari, un nuovo patto sociale? «L’intesa del 28 giugno sul modello contrattuale e la scelta di Confindustria di non applicare l’articolo 8 della manovra rappresentano passi importanti. Ma al momento, in questa fase politica, non vedo le condizioni per una condivisione di carattere programmatico».

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