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"Misure impossibili" I dubbi dei prof sul piano settembre

Soddisfatte le famiglie: finalmente qualcuno ci ascolta I presidi: sì alle mascherine. Ma restano i nodi su distanze e orari

25/05/2020
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la Repubblica

Ilaria Venturi

«Un primo segnale, finalmente», commentano a caldo i genitori appena scesi in piazza. «Misure impraticabili », bocciano i sindacati. I presidi sono più prudenti, approvano le mascherine, hanno dubbi sulla possibilità di applicare la prescrizione delle distanze tra i banchi di un metro e gli ingressi scaglionati. Il loro è comunque un coro unanime: «Fate in fretta a darci tutte le regole per riaprire le scuola a settembre, siamo già in ritardo ».

Le misure sanitarie per il rientro in classe ora sono pronte: banchi distanti almeno un metro, mascherine obbligatorie dalla primaria alle superiori (che si potranno abbassare se la distanza arriva a oltre due metri), gel igienizzanti, ingressi differenziati. Indicazioni che arriveranno oggi sul tavolo dei ministri dell’Istruzione e della Salute e che martedì saranno discusse coi sindacati. Il primo passaggio, a firma del comitato tecnico scientifico, che servirà alla commissione guidata da Patrizio Bianchi per dare indicazioni su modalità didattiche, spazi, trasporti, quadro normativo. «È evidente che per mantenere la distanza di un metro non si riuscirà a mettere tutti gli studenti nelle aule», osserva Antonello Giannelli dell’Associazione nazionale presidi, dubbioso anche sull’obbligo delle mascherine per i bambini di 6-8 anni alla primaria. «Sono misure comprensibili, ma di difficile attuazione se calate nella realtà scolastica». In tanti prendono già le misure, fanno prove tecniche di rientro. «Le regole di profilassi vanno bene e dovranno essere seguite attentamente, sarà solo un problema mantenere i distanziamenti» osserva Mario Rusconi, voce dei presidi del Lazio. Nel suo liceo, il Pio IX dell’Aventino, i banchi sono stati già messi a distanza di un metro. «Abbiamo già dislocato le classi, nell’edificio in cui siamo gli spazi ci sono ». Ma non è così nella maggior parte degli istituti in Italia. «Dovrebbero decidersi» insiste Agostino Miele, rappresentante dei dirigenti milanesi. Nella sua scuola un protocollo è pronto per regolare ingressi, intervalli, scale di accesso, «ma se non arrivano le indicazioni dal ministero siamo fermi».

Si ricorrerà a spazi da reperire con i sindaci nei comuni, tra musei, parchi, cinema e sale di quartiere. Alessandro Artini, preside dell’Itis Galilei di Arezzo, sta già sperimentando con un’azienda aretina un varco che misura la febbre, un people counter per evitare sovraffollamenti nei bagni e pendagli al collo che suonano se ci si avvicina troppo da provare coi bidelli. Che ci sia voglia di rientro tra i banchi è fuori discussione, anche la ministra Lucia Azzolina lo ha ribadito l’altro ieri in un tweet: «Condivido la necessità, è una priorità del governo». E così la ministra Elena Bonetti: «Le famiglie chiedono certezze e continuità educativa, nella piena tutela della salute di tutti. È una richiesta che condividiamo. Il governo è chiamato ora a predisporre un piano per la riapertura in sicurezza». I genitori premono. «Con le misure sanitarie si muove qualcosa, è già un risultato » commenta Costanza Margiotta, del comitato "Priorità alla sc uola" che ha promosso i flash mob nelle piazze. Angela Nava Mambretti, dei Genitori democratici, parla di misure sanitarie come di un «primo timido e tardivo segnale. Le mascherine non sono che un pezzettino, manca il dove si rientrerà perché le attuali strutture non possono garantire il distanziamento ». I sindacati hanno già fatto i calcoli. «La fattibilità non c’è», taglia corto Lena Gissi della Cisl. «Per dimezzare le classi occorrono almeno 70mila docenti in più» stima Annamaria Santoro della Cgil. Che non ci sono.


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