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«Mio figlio a 21 anni sporco di pipì». L'odissea dei disabili a scuola

Dal Nord al Sud, le famiglie con ragazzi e bambini con difficoltà psichiche o motorie sono alle prese con carenze, disagi e inadempienze: «Dobbiamo lottare per tutto»

20/09/2014
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Corriere della sera

«E’ stato un pessimo inizio di scuola per mio figlio: è tornato tutti i giorni a casa bagnato di pipì. A 21 anni, per lui, una grande umiliazione»: Maria è una delle tante mamme esasperate da quest’inizio di anno scolastico, una delle tante mamme sentite da «Redattore sociale» per indagare sull’odissea disabili a scuola. «Mio figlio, che ha una tetraparesi spastica, frequenta da quattro anni una scuola superiore, qui a Roma. Per tre anni, la sua scuola ha cambiato sede. Ogni volta, si è ripresentato il problema del bagno. Anche questa volta, stessa storia: lunedì, martedì e mercoledì è tornato tutto bagnato. I bidelli non erano riusciti a fargli utilizzare bene la tazza, per lui inadeguata. In una posizione scomoda, a lui si irrigidiscono i muscoli, con tutto ciò che ne consegue nel momento in cui dovrebbe rilassarli». Eppure Maria fin da giugno aveva contattato

«Torna da scuola tutto bagnato: i bagni non sono adeguati e i bidelli non sono formati»

la preside per accertarsi che tutto fosse a posto: e l’avevano rassicurata. «Invece, quel bagno non va bene, la carrozzina non riesce a muoversi come dovrebbe. E a ciò si aggiunga che i bidelli, per quanto riqualificati, non sono minimamente formati». Ad occuparsi dell’igiene dei ragazzi disabili nelle scuole superiori, infatti, provvede il personale Ata cosiddetto «riqualificato», che a fronte di questa mansione aggiuntiva percepisce un’indennità di un centinaio di euro. Lo stesso è accaduto per quanto riguarda il sostegno di Luca: «Fino allo scorso anno, ha avuto solo 9 ore di insegnante di sostegno, mentre il resto del tempo era affidato a operatori che si occupano della sua assistenza, ma non della sua istruzione. Ho protestato con il preside, che mi ha detto chiaramente che la copertura totale viene data in precedenza alle famiglie vincitrici di ricorso. Ho protestato, ho minacciato di denunciarlo per discriminazione e alla fine ho ottenuto, per quest’anno, le 18 ore di sostegno che mi spettano. Ma per ogni diritto, dobbiamo urlare e lottare. E non tutti sono in grado di farlo».

Gli insegnanti di sostegno? «Finiti»

La scuola è iniziata ormai in tutta Italia, ma non tutti i bambini sono entrati in classe. E neanche tutti gli insegnanti. Il grande assente, in questo avvio di anno scolastico, come spesso in quelli passati, si chiama «sostegno». Pochi ne parlano, pochi ne scrivono, ma in rete basta affacciarsi nei numerosi gruppi di «famiglie con disabilità» per rendersi conto che è questo il tema più dibattuto: tanti sono i genitori, soprattutto le mamme, che parlano di ore che non bastano, insegnanti che non ci sono, o che non si conoscono, assistenti educativi che ancora non arrivano. Nonostante il contingente massiccio di immissioni in ruolo di insegnanti di sostegno autorizzata dal Miur (13342, una bella fetta dei circa 28 mila insegnanti assunti a tempo indeterminato a settembre) ci sono decine di studenti disabili che, al suono della prima campanella, non sono stati accolti come avrebbero dovuto: con attenzione, competenza, professionalità. La maggior parte delle famiglie si è trovata, come ogni anno, un insegnante di sostegno nuovo al fianco del proprio figlio. Tanti però non sanno ancora chi sarà a prendersi cura di lui, perché il docente non è stato assegnato. Altri, ancora, quell’insegnante non lo vedranno mai, perché non ci sarà: in alcune province, a quanto pare, sono «finiti«gli insegnanti di sostegno, quindi alcuni studenti con disabilità, anche gravi, saranno affidati a insegnanti «normali», che poco o nulla sanno di disabilità. «Purtroppo il numero di alunni è in costante aumento, ma l’impegno non manca», sottolineano dal ministero dell’Istruzione.

E poi c’è il problema degli edifici: che, in barba a tutti i proclami sulle scuole belle, nuove e sicure, spesso sono inadeguate ad ospitare bambini e ragazzi che non hanno la consueta mobilità. Quasi in una scuola su due, rivela l’ultimo rapporto di Cittadinanzattiva presentato giovedì, mancano posti auto dedicati adiacenti all’edificio e in una su 4 all’interno dell’area. Nel 29% dei casi le aule hanno barriere architettoniche, l’11% delle mense sono inaccessibili e il 20% delle palestre non può essere utilizzato dai disabili. Anche gli arredi non sono a misura: nel 21% delle scuole le aule non hanno sufficiente spazio per ospitare una carrozzina, nel 4% non ci sono banchi adatti o adattabili, e solo in pochissime scuole si trovano computer , tablet, lavagne multimediali, attrezzi per attività psicomotorie, altri ausili e appositi arredi.

Le storie di esasperazione

Patrizia vive a Bergamo ed è la mamma di Matteo, 12 anni, disturbo dello spettro autistico associato a psicosi. «Una bambino difficile - spiega - che ha bisogno di una persona non solo sensibile e competente, ma specializzata». Quest’anno, per di più, ha iniziato la prima media: «Compagni nuovi, scuola nuova, insegnanti nuovi. Un cambiamento difficile per tutti, figuriamoci per lui», racconta. In virtù della sua condizione di gravità (tecnicamente, articolo 3 comma 3 della legge 104), Matteo avrebbe diritto a una copertura totale delle ore scolastiche, con un rapporto di uno a uno con l’insegnante di sostegno. «Ho chiamato il preside una settimana prima dell’inizio della scuola, per accertarmi che fosse tutto a posto e sapere quale insegnante avrebbe seguito mio figlio. Mi è stato detto che Matteo avrebbe avuto 6 ore di sostegno e 8 di assistenza, a fronte delle 20 ore totali che aveva lo scorso anno». Del tutto insoddisfatta, Patrizia ha minacciato di telefonare al provveditorato. «A quel punto, le ore di sostegno sono diventate 8, come fossimo al mercato. Ma io ho replicato che di ore me ne servono 18. Di lì a poco, il preside mi ha richiamato, dicendo di essere arrivato a 10 ore di assistenza e quindi a 18 complessive». Tutto risolto, ma solo in teoria: «Il giorno prima dell’inizio della scuola, il preside mi chiama nuovamente, per comunicarmi che Matteo non avrebbe avuto, l’indomani, né l’insegnante di sostegno né l’assistente. E che, in verità, l’insegnante di sostegno non l’avrebbe avuto mai, perché erano finiti». Incredula, Patrizia ha chiamato il Provveditorato, che ha confermato la notizia: gli alunni disabili erano più degli insegnanti di sostegno, così a Matteo e ad altri come lui sarebbe stata assegnata un’insegnante normale. Se da Bergamo si scende verso Sud, la situazione non è molto diversa. Lorenzo è un ragazzo con sindrome d Down, che frequenterà quest’anno la prima classe della Scuola secondaria di primo grado «Faa’ di Bruno» di Marotta di Mondolfo (PU). I suoi genitori sono molto preoccupati e insoddisfatti.«Da giorni leggiamo su Internet e giornali della riforma della scuola italiana, dell’ulteriore e decisivo passo in avanti della proposta di legge sull’inclusione scolastica delle persone con disabilità, delle numerose assunzioni di docenti di sostegno che Renzi e la Giannini tanto proclamano». La situazione che si trovano davanti agli occhi è però molto diversa. «A Lorenzo sono state assegnate solo 9 ore di sostegno, contro le 13 dello scorso anno, a fronte di un aumento del tempo scuola e di un passaggio di ordine di scuola da affrontare - raccontano - Così come è stato ridotto al lumicino il monte ore di altri due nuovi alunni disabili che frequenteranno il primo anno, come nostro figlio». Di fronte ad una richiesta di chiarimenti, «abbiamo ricevuto solo una telefonata del funzionario addetto all’organico del sostegno, che ci ha chiesto di essere pazienti- Ma la domanda è: con quale spirito possiamo mandare a scuola il nostro ragazzo?».

Valentina Santarpia


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