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Messaggero-In nome d'Italia si disfa la storia

In nome d'Italia si disfa la storia di MARIO AJELLO ROMA '#8212; Sono tutti diventati storiografi. Non si tratta solo di Silvio Berlusconi, il quale da Praga cita Carlo V, lo confonde con Carlo I...

30/11/2002
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Il Messaggero

In nome d'Italia si disfa la storia
di MARIO AJELLO

ROMA '#8212; Sono tutti diventati storiografi. Non si tratta solo di Silvio Berlusconi, il quale da Praga cita Carlo V, lo confonde con Carlo IV e ieri due parlamentari della Margherita (Egidio Banti e Giovanni Bianchi) glielo fanno notare: "Presidente, si rilegga almeno il Bignami, visto che non conosce il Braudel", che era un sommo storico francese. E' soprattutto sulle ali della devolution, che la smania di ricostruzione del passato s'è impadronita degli inquilini del Palazzo. Facendolo somigliare a un'aula ginnasiale ("Tornando alle mie reminiscenze scolastiche", racconta per esempio il ministro Gasparri, "debbo dire che i piemontesi fecero l'unità d'Italia..."), nella quale gli alunni compongono i loro temini, affrontando argomenti da "piccolo mondo antico" o da libro "Cuore" di De Amicis e insomma molto risorgimentali ma di totale inattualità. Così l'ultimo peone leghista, il quale a suo tempo con fatica superò l'esame di "primina" (come si dice negro? "Negher!", bravo, promosso, ma poi il diploma di licenza elementare si sarebbe rivelato insuperabile), adagiato sui divani di Palazzo Madama sdottoreggia ora di storia patria come fosse Benedetto Croce (senatore e storico di fama a sua volta, ma purtroppo terrone) o magari (magari!) Giovanni Spadolini o semplicemente il Bossi dell'altro giorno travestito da ripetente: "L'unità d'Italia nel Risorgimento? L'hanno fatta i bergamaschi e non i sudisti", "Francesco Crispi? Un anti-padano che voleva imbrigliare Milano". Ed ecco Ettore Bucciero, senatore di An. Si è andato a spulciare agilmente le ultime ricerche scientifiche sulla vicenda di questi millenni (più o meno un milione di pagine) e ne espone il succo per la goia dei compagni di classe che però sono distratti dal sudista Manzione che si accapiglia fra i banchi con il nordista Calderoli. "Il revival storiografico sui Borboni, e anche quello riguardante Murat, i normanni e gli arabi, è segno - avverte Bucciero - del radicato bisogno di federalismo che anima i cittadini del nostro Mezzogiorno". Alcune rivelazioni storiografiche sono ancora più esplosive: "Garibaldi era genovese. Nino Bixio era lombardo. Cavour, grande tessitore, era piemontese". Sensazionale! Prima tutti pensavano che don Camillo (Benso conte di Cavour) fosse un pastore jonico, il quale tesseva la sua tela in una caverna dalle parti di Catanzaro Marina e non negli eleganti caffè di via Po a Torino. Risuona così, come un grido carducciano, l'"Ode" al Piemonte di Gasparri e non è poco. La prossima settimana, quando riprenderà in Senato la discussione sulla devolution, magari ci si dividerà sugli antichi meriti o demeriti della "piccola vedetta lombarda" o se aveva ragione o torto il patriota Amatore Sciesa. Il quale, agli austriaci che lo stavano portando al patibolo, urlò sprezzante del martirio: "Tiremm' innanz!". Non sembrerebbe un grido di devolution alla Bossi, ma chissà.


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