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Messaggero-Contratti all'inseguimento del carovita

In salita le trattative per il pubblico impiego e per i metalmeccanici. Fondi disponibili per la scuola ma non per Comuni e Sanità Contratti all'inseguimento del carovita In gioco gli aumenti att...

07/01/2003
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Il Messaggero

In salita le trattative per il pubblico impiego e per i metalmeccanici. Fondi disponibili per la scuola ma non per Comuni e Sanità
Contratti all'inseguimento del carovita
In gioco gli aumenti attesi da 8 milioni di lavoratori. Scontro sindacati-governo sull'inflazione
di MARCO SOLDINI

ROMA '#8212; L'estate scorsa si era previsto un 'autunno caldo": la stagione sindacale si preannunciava ad alta temperatura, visto che per quasi duecento categorie di lavoratori il contratto di lavoro era in scadenza o già scaduto. L'autunno è passato, siamo in pieno inverno, ma di quei contratti sono ancora aperti, tutti tranne tre: i lavoratori del vetro, quelli del legno e quelli tessili artigiani. Per tutti gli altri la situazione è ferma, praticamente immobile. A cominciare dai contratti del pubblico impiego, che riguardano tre milioni di persone e che vedono come controparte il governo. E poi tutte le maggiori categorie dell'impresa privata: i metalmeccanici (un milione e 600 mila), gli addetti al turismo (un milione e mezzo), gli edili (un milione e 300 mila), i lavoratori dei trasporti (700 mila), i chimici (100 mila).
Intanto l'inflazione continua a camminare. Il 2002 si è chiuso con una crescita dei prezzi intorno al 2,5%. Un bel problema, se si considera che i contratti scaduti andrebbero rinnovati in base al tasso d'inflazione indicato anticipatamente dal governo, e per il 2002 la previsione era dell'1,7%. Lo stesso problema si ripropone ormai anche per il 2003, dove il governo ha programmato un'inflazione dell'1,5% ma pochi credono davvero che l'obiettivo verrà rispettato. Possono i sindacati siglare contratti palesemente inadeguati all'incremento del carovita?
Ovviamente Cgil, Cisl e Uil non ci stanno. Il potere di acquisto va adeguato alla realtà, dicono. Il governo risponde opponendo un insistito ottimismo sul futuro andamento dei prezzi. "Nel 2003-2004 ci sono tutti i presupposti per stare dentro i parametri dell'inflazione programmata indicata nel Dpef", ha dichiarato l'altro giorno il sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi, invitando anche i sindacati "a una riflessione sul modello contrattuale: va verificata la possibilità di una contrattazione decentrata".
Uno dei fronti più difficili è quello dei metalmeccanici. Che sono tanti e devono affrontare complicazioni di varia natura. Innanzitutto c'è una forte distanza tra le loro richieste e l'offerta dei datori di lavoro. Poi c'è la vistosa divisione dello schieramento sindacale: la Cisl chiede aumenti salariali del 5,5% (circa 86 euro lordi al mese), la Uil del 6% (93 euro), la Cgil dell'8,5% (cioè 135 euro lordi in più al mese). Come se non bastasse, ci si è messa anche la crisi della Fiat. Comunque la trattativa dovrebbe cominciare nelle prossime settimane.
Non appare più semplice il cammino dei contratti pubblici. Che sono scaduti ormai da più di un anno. Sulla carta l'accordo più facile da raggiungere è quello della scuola. Prima di Natale il ministro Moratti ha tranquillizzato i sindacati: i soldi ci sono. Grazie ai risparmi di spesa ottenuti nel 2002 e previsti per il 2003 docenti e non docenti potranno avere aumenti piuttosto consistenti: per l'insegnante medio si tratterebbe di una cifra non lontana dai 200 euro lordi. Resta però da capire se il Tesoro sia disposto a dare il via libera a questa spesa.
Certo, se si chiudesse il contratto della scuola per gli altri comparti del pubblico impiego la resistenza dei sindacati si farebbe più ardua. La distanza tra la disponibilità del governo e la richiesta dei sindacati non è enorme, anzi. Attualmente l'offerta è di un aumento del 5,56%, che significherebbe (facendo la media tra tutti i lavoratori pubblici) circa 101 euro lordi in busta paga: i sindacati si aspettano un altro 0,35%, per arrivare così a 108 euro.
Insomma, una volta chiusa la trattativa della scuola (quasi un milione di persone), anche per il restante personale dello Stato la firma potrebbe non essere lontana. Ma se gli statali firmassero, a rimanere nei guai sarebbero i dipendenti delle amministrazioni decentrate: comuni, province, regioni e sanità. In tutto un milione e 300 mila lavoratori. Per loro il governo non ha stanziato soldi, anzi con il patto di stabilità e con il cosiddetto 'decreto taglia-spese" ha di fatto impedito alle amministrazioni di aumentare le spese per il personale.
In attesa di segnali dai ministri, il segretario confederale della Cisl Nino Sorgi avverte: "Noi saremo decisi nel pretendere che il governo tenga fede agli impegni assunti, compreso lo 0,35% di aumento delle risorse".


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