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Maturità 2020, presidi e sindacati: «troppe incertezze, così non si può fare l’esame in classe»

Anche il Cspi dice di no, se non ci saranno regole precise e stringenti per garantire la salute dei docenti e dei ragazzi. L’allarme dei presidi. E non si trovano i presidenti di commissione

14/05/2020
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Corriere della sera

Gianna Fregonara

Cresce la tensione intorno alla Maturità, in attesa che venga approvato il protocollo per permettere ai ragazzi e ai loro professori di tornare in classe dal 17 giugno per la prova orale dell’esame. Anche il Consiglio superiore della pubblica istruzione lo chiede con insistenza come condizione per evitare la prova a distanza: deve essere «stringente, dettagliato e prescrittivo a garanzia della salute di tutto il personale coinvolto». In sua assenza o nell’impossibilità di poterne applicare le prescrizioni è «indispensabile prevedere che gli esami di maturità avvengano a distanza».

Le paure

Il protocollo è in via di definizione e lo sta valutando il Comitato tecnico scientifico. Ma i timori del Cspi sono l’ultima goccia di una vera e propria ondata di paura per il ritorno in classe, a tutela dei ragazzi ma soprattutto dei professori e dei presidi e del personale amministrativo. Le preoccupazioni sembrano essere così tante che in almeno sette regioni non si sono trovati abbastanza candidati a presiedere le commissioni d’esame. Non solo, l’Associazione nazionale presidi ha scritto alla ministra Lucia Azzolina per esprimere forti perplessità sulla scelta di fare la Maturità in classe: «E’ prevedibile che nelle commissioni siano inserite numerose “ persone fragili”», scrive Antonello Giannelli, riferendosi anche all’età dei docenti che potrebbero essere chiamati per la Maturità e che potrebbero avere più di 55 anni, età «che secondo l’Inail sono lavoratori destinatari di particolare attenzione e misure di prevenzione».

Cercasi presidenti

Per quanto riguarda i presidenti da designare per il prossimo 17 giugno si tratta di presidi o docenti delle superiori di lunga data (almeno 10 anni di servizio) che devono guidare le commissioni (composte da 6 membri interni, cioè professori della classe che sostiene l’esame), in una delle scuole della propria provincia. Ebbene in Toscana, Veneto, Lazio, Marche, Puglia, Friuli Venezia Giulia e Piemonte i dirigenti regionali sono stati costretti a fare un secondo appello per cercare disponibilità tra i colleghi. Il termine per presentare le candidature è scaduto il 6 maggio, ma appena si son fatti i conti si è capito che così non va. Mirella Nappa del Usr Veneto dà tempo fino al 15 maggio e sollecita i dirigenti a farsi avanti. Nelle Marche la situazione è allarmante: mancano almeno 65 presidenti perché per 320 commissioni se ne sono presentati 255. Per questo il dirigente Marco Filisetti è molto chiaro: se non arrivano le candidature entro il 14 maggio, sarà lui a procedere come prevede la legge a scegliere chi nominare, pescando tra presidi e professori delle scuole secondarie come prevede la legge del 2019.

Il ruolo di presidente di commissione è ovviamente remunerato, ma quest’anno le incertezze sull’esame, i rischi di difficoltà con le commissioni e con lo svolgimento di questa prova diversa dal solito devono aver scoraggiato i più che forse preferiscono non esporsi a ipotetici rischi di contagio. Al ministero per ora si resta in attesa, ma la preoccupazione è alta. Alla fine i presidenti di commissione si dovranno trovare, ma che cosa succederà con gli insegnanti che magari all’ultimo minuto preferiranno non presentarsi in classe per gli esami? Dovranno portare una giustificazione medica, certamente. Ma nell’ordinanza per la maturità sono già contenute alcune norme per la nomina dei supplenti, da cercare tra gli altri professori della classe, tra gli altri della scuola che insegnino le materie fondamentali. E le difficoltà nel trovare presidenti di commissione non fa ben sperare. Per ora l’allerta è alta.


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